Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30443 del 21/11/2019

Cassazione civile sez. I, 21/11/2019, (ud. 09/07/2019, dep. 21/11/2019), n.30443

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 249/2016 proposto da:

Ecologic Group s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, F.A. e Fu.Al., domiciliati in Roma, Piazza

Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentati e difesi dall’avvocato Giuseppe Gallenca, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Città Metropolitana di Torino, già provincia di Torino, in persona

del Sindaco Metropolitano pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, viale Bruno Buozzi, 87, presso lo studio dell’avvocato Masismo

Colarizi, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente incidentale –

e contro

Ecologic Group s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, F.A., e Fu.Al., domiciliati in Roma,

Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di

Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato Giuseppe Gallenca,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 820/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 04/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/07/2019 dal Dott. DE MARZO GIUSEPPE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per il rigetto del primo motivo del

ricorso principale e per l’accoglimento del secondo motivo; per

l’accoglimento del ricorso incidentale;

udito l’Avvocato Giuseppe Gallenca per il ricorrente, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito l’Avvocato Massimo Colarizi per il controricorrente

incidentale, che ha chiesto il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza depositata il 4 maggio 2015 la Corte d’appello di Torino ha respinto l’appello principale, proposto da Ecologic Group s.r.l. e da Fu.Al., e quello incidentale, proposto dalla Provincia di Torino, nei confronti della sentenza di primo grado, che aveva rigettato la domanda dei primi, intesa ad ottenere la declaratoria di inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità di cui alla Delib. Giunta Provincia di Torino11 maggio 2004, n. 20, con conseguente restituzione dei beni e risarcimento dei danni, e dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale della seconda, avente ad oggetto il risarcimento per i costi sopportati in relazione alle attività di sgombero e i costi relativi all’accesso coattivo.

2. Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale ha osservato: a) che dalle conclusioni rassegnate da Ecologic Group s.r.l. in primo grado emergeva che le domande proposte erano fondate sull’inutile decorso del termine quinquennale per l’emanazione del decreto di esproprio, calcolato avendo riguardo alla menzionata Delib. del 2004 o, al più, alla data di adozione della variante generale della regione Piemonte (21 febbraio 2005); b) che anche in appello si era insistito nella decadenza della dichiarazione di pubblica utilità, senza indicare nelle conclusioni il provvedimento amministrativo al quale si intendeva far riferimento; c) che la Delib. del 2004 era limitata alla approvazione in linea tecnica del progetto, ma non comportava, nè avrebbe potuto comportare dichiarazione di pubblica utilità, in quanto, a tale data, l’opera non era conforme ai piani regolatori dei Comuni interessati; d) che tale rilievo era reso esplicito nella Delib. del 2004, la quale dava atto che l’opera non era definitivamente conforme agli strumenti urbanistici dei comuni territorialmente interessati, prevedeva che sarebbe stata richiesta ai Comuni interessati l’adozione delle varianti ai piani regolatori generali e, infine, sottolineava che la dichiarazione di pubblica utilità sarebbe divenuta efficace solo dopo l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio; e) che, pertanto, la dichiarazione di pubblica utilità era divenuta efficace con la Delib. 20 febbraio 2006, come confermato dal fatto che solo successivamente a quest’ultima erano state poste in essere le attività, materiali e amministrative, che avevano condotto all’emanazione del decreto di esproprio; f) che, in conseguenza, erano infondate tanto la domanda intesa ad ottenere l’accertamento della attuale titolarità della proprietà dei beni, quanto la domanda di risarcimento dei danni da occupazione abusiva.

La Corte d’appello, con riferimento all’appello incidentale della Provincia di Torino, ha ribadito le conclusioni del Tribunale, quanto alla assenza di comunanza giuridica della domanda riconvenzionale, avente a presupposto la Delib. sopra ricordata del 20 febbraio 2006, rispetto a quella formulata dalle controparti.

3. Avverso tale sentenza la Ecologic Group s.r.l. e Fu.Al. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, al quale ha resistito con controricorso la Città metropolitana di Torino, già Provincia di Torino, che propone, altresì, ricorso incidentale affidato ad un motivo. La Ecologic Group s.r.l. e Fu.Al. hanno resistito con controricorso. Sia questi ultimi che la Città metropolitana di Torino hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamenta violazione del D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 9,10,12,13, anche in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 4, rilevando che la Delib. del 2004, in quanto avente ad oggetto l’approvazione di un elaborato tecnico, ossia un progetto, doveva essere qualificata come dichiarazione di pubblica utilità, i cui effetti, a tutto voler concedere, dovevano ritenersi differiti al momento (21 febbraio 2005), nel quale era intervenuta l’approvazione della variante di piano regolatore per il Comune di Borgaro, nel quale sono situati i beni che gli appellanti intendevano recuperare.

Si conclude, sul punto, osservando: a) che, pertanto, la dichiarazione di pubblica utilità era diventata inefficace ben prima dei cinque anni antecedenti alla notifica dell’atto di citazione dinanzi al Tribunale (7 luglio 2010); b) che, ammesso che l’efficacia della Delib. del 2004 fosse condizionata all’approvazione delle varianti dei piani regolatori generali di altri comuni, la Corte d’appello, dopo avere considerato le previsioni procedimentali di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, avrebbe dovuto indicare in motivazione le date di approvazione di tali varianti; c) che del tutto irrilevante era il momento nel quale era iniziata in concreto l’attività espropriativa.

La doglianza è, nel suo complesso, infondata.

Va premesso che, con sentenza del 31 dicembre 2018, n. 33685, le Sezioni Unite di questa Corte hanno dichiarato inammissibile il ricorso ex art. 362 c.p.c., comma 2, n. 1 e in ogni caso ex art. 362 c.p.c., comma 1 e art. 111 Cost., con il quale la Ecologic Group s.r.l. e il F., prospettando il conflitto positivo di giurisdizione tra la sentenza resa dal Consiglio di Stato, della quale si dirà subito infra, e la sentenza della Corte d’appello di Torino n. 820/2015 (oggetto del presente ricorso R.G. n. 249/2016), avevano chiesto che la Corte, previa riunione col ricorso 249/2016, risolvesse il conflitto dichiarando la giurisdizione dei Giudice ordinario, annullando conseguentemente la sentenza del Consiglio di Stato n. 3618/2016 e accogliendo il ricorso R.G. n. 249/2016.

Ne discende che è divenuta irrevocabile la decisione con la quale il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso proposto dagli odierni ricorrenti e avente ad oggetto la deliberazione provinciale del 20 febbraio 2006 di approvazione definitiva dell’opera, comportante la dichiarazione di pubblica utilità e, con motivi aggiunti, le ulteriori determinazioni del procedimento espropriativo.

Ora, anche a volere ritenere che il giudicato inter partes sulla legittimità del decreto di esproprio non precluda in astratto la possibilità di far valere la declaratoria di inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità e la conseguente emanazione del decreto in totale carenza di potere (v. i principi desumibili da Cass., 22 dicembre 2016, n. 26763, sia pure in controversia con diverso oggetto), resta da considerare che sono del tutto generiche le critiche con le quali i ricorrenti contestano l’interpretazione sopra ricordata del provvedimento amministrativo del 2004 fornita dalla Corte d’appello. Va premesso che l’interpretazione degli atti amministrativi soggiace alle stesse regole dettate dagli artt. 1362 c.c. e segg. – tra le quali ha carattere preminente quella collegata all’elemento letterale -, in quanto compatibili con il provvedimento amministrativo, dovendo il giudice anche ricostruire l’intento dell’Amministrazione ed il potere che ha inteso in concreto esercitare, tenendo altresì conto del complesso dell’atto e del comportamento dell’Autorità amministrativa, oltre che di quanto può razionalmente intendere, secondo buona fede, il destinatario (v., ad es., Cass. 12 novembre 1998, n. 11409; Cass. 7 maggio 2002, n. 6535; Cass. 2 settembre 2005, n. 17697).

Nella specie, i ricorrenti non indicano quali norme interpretative sarebbero state violate e neppure riproducono il contenuto del provvedimento del quale si discute.

Nè essi possono limitarsi a rimproverare alla Corte d’appello la mancata indicazione del momento in cui gli altri Comuni avrebbero approvato le varianti idonee a determinare, in tesi, la produzione degli effetti di dichiarazione di pubblica utilità del provvedimento del 2004, dovendosi essere, al contrario, essi a dedurre il realizzarsi dei presupposti della loro pretesa.

E ciò senza dire che la stessa esistenza dell’approvazione di un progetto, anzi del progetto dell’opera realizzata è una mera asserzione dei ricorrenti, non riscontrata, per quanto detto, dalla riproduzione del contenuto del provvedimento.

2. Con il secondo motivo si lamenta violazione di legge in relazione all’art. 112 c.p.p., rilevando: a) che i danni dei quali era stato chiesto il ristoro non erano soltanto quelli derivati al compendio immobiliare, ma anche quelli conseguenti a distruzione, dispersione o danneggiamento di una notevole quantità di beni mobili, di ingente valore, che si trovavano all’interno dei beni immobili appresi dalla Provincia; b) che la sentenza impugnata aveva fatto riferimento ai soli danni da occupazione abusiva, mentre quelli relativi ai beni mobili erano stati causati in occasione della occupazione abusiva e non ne rappresentavano la necessaria conseguenza.

La doglianza è inammissibile.

La deduzione con il ricorso per cassazione di errores in procedendo, in relazione ai quali la Corte è anche giudice del fatto, potendo accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito, non esclude che preliminare ad ogni altro esame sia quello concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo quando ne sia stata positivamente accertata l’ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione, la Corte di cassazione può e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali (v., ad es., Cass. 13 marzo 2018, n. 6014).

Ora, la denunciata omessa pronuncia non è accompagnata dall’assolvimento dell’onere di indicare quando e in che termini la domanda sarebbe stata ritualmente proposta in primo grado. I quanto i ricorrenti si limitano a far riferimento a quanto chiesto in appello, con la conseguenza che la critica non riesce ad attingere il fondamento della decisione della Corte territoriale, secondo la quale l’atto di citazione in primo grado fondava la richiesta risarcitoria solo sull’illegittimità dell’occupazione.

3. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, si lamenta violazione dell’art. 36 c.p.c., per l’ipotesi che, in sede di esame del ricorso principale, si dovesse accedere alla prospettazione secondo la quale i danni ai beni mobili dispersi sarebbero indipendenti dalla natura abusiva dell’occupazione.

Il rigetto del secondo motivo del ricorso principale, comporta l’assorbimento della doglianza, trattandosi di mezzo di impugnazione esplicitamente subordinato all’accoglimento della prospettazione di causa petendi fatta valere con quel motivo.

4. In conclusione il ricorso principale va rigettato, con assorbimento del ricorso incidentate e i ricorrenti vanno condannati, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso principale. Dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2019

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