Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30439 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 30/12/2011, (ud. 12/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30439

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 25123/2010 proposto da:

MEDEV – MEDICAL DEVICES 91 SRL (OMISSIS), in persona

dell’Amministratore Unico, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.

PISANELLI 4, presso lo studio dell’avvocato GIGLI Giuseppe, che la

rappresenta e difende giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE DI VITERBO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1643/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

30/03/2010, depositata il 19/04/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato Gigli Giuseppa difensore della ricorrente che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO che nulla

osserva.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“con la decisione ora impugnata per cassazione la Corte d’Appello di Roma ha rigettato l’appello proposto dalla Medical Devices s.r.l.

avverso l’ordinanza di assegnazione ex art. 553 cod. proc. civ., del giudice dell’esecuzione del Tribunale di Romania ricorrente impugna la sentenza soltanto relativamente alla statuizione con la quale si è rigettato il primo motivo d’appello, che la Corte di merito ha qualificato come attinente alla erronea ed immotivata riduzione dell’importo del precetto da Euro 2,115,61 ad Euro 2.400,00, escludendo che fosse stato proposto uno specifico motivo di gravame concernente il diverso vizio del provvedimento dovuto ad erronea individuazione dello scaglione tariffario in concreto applicabile;

logicamente preliminare appare l’esame del terzo motivo di ricorso con cui è denunciato il difetto di motivazione in punto di interpretazione dei motivi d’appello;

al riguardo vanno richiamati i principi più volte espressi da questa Corte per i quali l’interpretazione della domanda, in base alla quale il giudice del merito ritenga in essa compresi o meno alcuni aspetti della controversia, spetta allo stesso giudice, ed attiene al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte (così, anche nel senso che un eventuale errore al riguardo può concretizzare solo una carenza nella interpretazione di un atto processuale, ossia un vizio sindacabile in sede di legittimità unicamente sub specie di vizio di motivazione ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5, Cass. n. 24495/06) ed il giudizio da parte del giudice di merito, risolvendosi in un accertamento di fatto, non è censurabile in sede di legittimità quando sia motivato in maniera congrua ed adeguata avuto riguardo all’intero contesto dell’atto e senza che ne risulti alterato il senso letterale, tenuto conto, in tale operazione, della formulazione testuale dell’atto nonchè del contenuto sostanziale della pretesa in relazione alle finalità che la parte intende perseguire (cfr., tra le tante, Cass. n. 22893/08);

nel caso di specie, la Corte d’Appello ha ritenuto che la censura fosse attinente ad una riduzione immotivata, da parte del G.E., dell’importo totale della somma precettata e, con riferimento a tale censura, ha affermato l’infondatezza del primo motivo d’appello, poichè, invece, ha ritenuto trattarsi di riduzione motivata; e, per di più, motivata, non con riferimento generico alle somme precettate, bensì specificamente con riferimento alle spese di precetto che il primo giudice aveva rideterminato in base alla Tariffa;

l’interpretazione che la Corte territoriale ha dato è del tutto coerente col tenore del motivo d’appello – così come riportato alle pagg. 6-7 del ricorso – sia quanto alla portata letterale che quanto al senso complessivo della doglianza, risultando questa appunto genericamente riferita alla riduzione operata dal giudice dell’esecuzione, – come se tale riduzione fosse stata arbitraria; non vi è alcun riferimento, nello stesso motivo d’appello, ad una doglianza concernente la violazione delle tariffe forensi con riferimento allo scaglione applicabile, malgrado il provvedimento appellato avesse avuto riguardo proprio a tali tariffe;

non può certo sostenersi, come sembra fare la ricorrente, che nel più è compreso il meno, poichè il gravame avrebbe investito tutta la rideterminazione: se pure si può convenire con la considerazione che fosse questa l’oggetto della censura, da ciò non può certo desumersi che fossero stati dedotti con l’appello tutti i possibili motivi di errore della rideterminazione; la Corte d’Appello, con motivazione congrua e logica, e coerente ai principi sopra richiamati, ha ritenuto che non vi fosse ricompreso proprio quello che avrebbe consentito al giudice del gravame di occuparsi della determinazione dello scaglione applicabile.

Segue a quanto fin qui detto l’inammissibilità del primo e del secondo motivo di ricorso:

– quanto al primo – con cui è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 480 c.p.c., nonchè del D.M. n. 127 del 2004, di determinazione delle tariffe forensi – perchè, per le ragioni anzidette, la Corte di merito non è mai addivenuta a pronuncia alcuna su tali tariffe;

– quanto al secondo – con cui è denunciato un vizio di motivazione sull’erronea determinazione della somma liquidata dal G.E. anche se fossero state applicate le tariffe relative allo scaglione inferiore – perchè la decisione della Corte d’Appello non è fondata soltanto sull’importo complessivamente infine rideterminato dal G.E. ma soprattutto sulla motivazione da questo posta a base di siffatta rideterminazione (essendo contenuta nell’ordinanza di assegnazione l’espressione essendosi rideterminate le spese di precetto in base alla Tariffa): rispetto a tale valutazione compiuta dal giudice d’appello non si rinviene nè vizio logico nè contraddittorietà della relativa motivazione”.

La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata al difensore della parte.

Non sono state presentate conclusioni scritte. La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.

Le ragioni esposte nella memoria depositata dalla ricorrente non consentono di superare le valutazioni di infondatezza ed inammissibilità dei motivi di ricorso, di cui sopra, dal momento che esse presuppongono tutte che il provvedimento impugnato con l’appello fosse “immotivato” e quindi non contestabile specificamente; invece, la Corte d’Appello ha rilevato come il primo giudice avesse motivato con riferimento alle Tariffe forensi ed ha ritenuto – con motivazione incensurabile in questa sede, per le ragioni esposte nella relazione – che non vi fosse alcun motivo d’appello avente ad oggetto specifico l’applicazione di dette tariffe da parte del giudice dell’esecuzione.

Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato.

Non sussistono i presupposti per la regolamentazione delle spese di cassazione, non essendosi difesa l’intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 12 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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