Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30438 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 30/12/2011, (ud. 12/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30438

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 25108/2010 proposto da:

S.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA VITTORIO VENETO 7, presso lo studio dell’avvocato

MARTINO DOMENICO, rappresentato e difeso dall’avvocato MARTINO

GIUSEPPE giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati CALIULO Luigi, MARITATO LELIO, SGROI ANTONINO giusta mandato

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 556/2010 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA del

5/05/2010, depositata il 22/07/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato D’Aloisio Carla (delega avvocato Sesta Maritato

Lelio), difensore del controricorrente che si riporta agli scritti;

è presente il P.G in persona del Dott. CARLO DESTRO che nulla

osserva.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“con la decisione ora impugnata per cassazione la Corte d’Appello di L’Aquila ha rigettato l’appello proposto da S.G. avverso la sentenza del Tribunale di Chieti, con la quale era stata rigettata l’opposizione all’esecuzione forzata per espropriazione immobiliare proposta dallo stesso S., quale debitore esecutato, nei confronti del creditore procedente INPS;

la ricorrente impugna la sentenza soltanto relativamente alla statuizione con la quale la Corte d’Appello avrebbe ritenuto che la raccomandata del 4 ottobre 1999, la cui idoneità ad interrompere il decorso del termine di prescrizione dei tre crediti, oggetto di esecuzione, era in contestazione, fosse riferita ad uno di tali crediti ed avrebbe invece concluso per l’idoneità dell’atto ad interrompere la prescrizione relativamente a tutti;

il ricorrente censura la sentenza impugnata con due motivi, che vanno esaminati congiuntamente perchè connessi, con i quali denuncia vizio di motivazione e violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 cod. civ., relativamente alla parte della motivazione in cui è detto che il credito del quale l’Istituto aveva chiesto il pagamento con la raccomandata del 4 ottobre 1999 fosse uno di quelli per i quali il medesimo Istituto aveva ottenuto l’emissione dei decreti ingiuntivi azionati in via esecutiva; il ricorrente sostiene che la Corte d’Appello avrebbe dovuto precisare a quale credito si riferiva e, quindi, dichiarare prescritti gli altri ex art. 2946 cod. civ.;

entrambi i motivi sono inammissibili per violazione dell’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 6, non avendo il ricorrente riportato in ricorso, nemmeno sinteticamente, il contenuto dell’atto della cui efficacia interruttiva si tratta; a ciò si aggiunga che nemmeno ha indicato in ricorso la sede processuale nella quale il documento risulta prodotto (cfr. Cass. S.U. 25 marzo 2010, n. 7161, secondo cui: “in tema di ricorso per cassazione, l’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 6, novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, oltre a richiedere l’ indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto;

tale prescrizione va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4, per cui deve ritenersi, in particolare, soddisfatta: a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purchè nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile;

b) qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4, per il caso in cui la controparte non si costituisca in sede di legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo o lo produca senza documento;

c) qualora si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della sentenza od all’ammissibilità del ricorso (art. 312 p.c.) oppure di documento attinente alla fondatezza del ricorso e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l’esaurimento della possibilità di produrlo, mediante la produzione del documento, previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell’ambito del ricorso)”.

La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.

Non sono state presentate conclusioni scritte. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.

Le ragioni esposte nella memoria depositata dal ricorrente non consentono di superare la valutazione di inammissibilità di cui sopra, dal momento che vi si fa riferimento ad “un atto prestampato di interruzione della prescrizione”, del quale tuttavia manca in ricorso l’indicazione del contenuto essenziale ai fini della decisione.

Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida complessivamente in Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 12 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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