Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30437 del 23/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 23/11/2018, (ud. 25/09/2018, dep. 23/11/2018), n.30437

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15651-2014 proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE, C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO

presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI

PORTOGHESI, 12;

– ricorrente –

contro

V.S., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA

DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MANUELA LO PRESTI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 663/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 24/06/2013 R.G.N. 1163/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/09/2018 dal Consigliere Dott. ALFONSINA DE FELICE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Manuela Lo Presti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Catania, in riforma della sentenza del locale Tribunale, ha riconosciuto il diritto di V.S. a percepire l’indennizzo previsto dalla L. n. 210 del 1992, art. 1 in relazione al danno irreversibile da epatite cronica attiva da virus C, subito a seguito di trasfusione praticatagli in occasione di un intervento chirurgico effettuato presso la struttura sanitaria (OMISSIS), previo rilascio dell’autorizzazione da parte della competente Usl n. (OMISSIS) di Giarre.

La Corte territoriale ha ritenuto che la L. n. 210, art. 1, comma 3, non abbia inteso limitare la corresponsione dell’indennizzo da parte del Ministero della Salute ai soli contagi verificatisi sul territorio e nelle strutture ospedaliere italiane, ma che abbia subordinato il diritto del cittadino ai soli fattori oggettivi della irreversibilità del danno e della sua causazione da epatite post trasfusionale, senza riferimento alcuno al dato territoriale.

Ha altresì affermato che la protezione del bene della salute (art. 32 Cost.) non può non trovare applicazione nei confronti di cittadini che si trovano nella necessità di doversi curare all’estero, comprovata dall’autorizzazione rilasciata dall’autorità sanitaria competente per territorio, e che in tali casi, l’esigenza di tutela assistenziale e solidaristica, assicurata dalla L. n. 210, permane invariata.

La cassazione della sentenza è domandata dal Ministero della Salute, sulla base di un unico motivo di ricorso. V.S. resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente contesta la “Violazione e falsa applicazione della L. n. 210 del 1992, art. 1”. Ai fini del riconoscimento dell’indennizzo, ritiene che il fatto che il danno alla salute sia stato contratto all’estero assuma una decisiva rilevanza. Che la L. n. 210 abbia inteso offrire “copertura” assistenziale ai soli danni irreversibili derivanti da epatiti contratte a seguito di trasfusioni di emoderivati effettuate in strutture sanitarie italiane e non anche estere, ancorchè l’accesso alle stesse sia stato autorizzato dalle competenti autorità sanitarie italiane.

Il motivo è infondato.

Questa Corte ha avuto già modo di pronunciarsi in fattispecie sovrapponibile, affermando il seguente principio di diritto, al quale in questa sede s’intende dare continuità: “L’intervento terapeutico effettuato all’estero, a causa della necessità di sopperire a deficienze del Servizio Sanitario Nazionale, e da questo preventivamente autorizzato nella verificata sussistenza dei presupposti di legge, rientra nell’ambito della copertura predisposta dalla legge per la tutela della salute del cittadino italiano e ciò anche ai fini dell’erogazione dell’indennizzo di cui alla L. n. 210 del 1992.” (Cass. n. 11018 del 2016).

Alla luce del principio di diritto affermato da questa Corte, va in questa sede rilevato che la censura del Ministero non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale, in conformità con l’orientamento sopra richiamato, ha ritenuto di dover riconoscere il diritto al beneficio in ogni caso in cui il ricorso a prestazioni estere sia stato preventivamente autorizzato dal Servizio Sanitario Nazionale, atteso che “Tale autorizzazione, infatti, riconduce esplicitamente dette prestazioni nell’ambito del sistema di assistenza sanitaria pubblica garantita ai cittadini; sicchè in tale ottica non può rilevare, il luogo di materiale effettuazione delle prestazioni generatrici del danno indennizzabile.” (p. 5 sent.).

I rilievi del Ministero valorizzano aspetti della L. n. 210 che appaiono inconferenti ai fini della decisione della fattispecie in esame: come ad esempio a p. 10 del ricorso, dove, richiamando l’art. 3, comma 6 in materia di vaccinazioni obbligatorie, la parte prospetta la presunta incompatibilità tra gli obblighi posti a carico degli operatori della sanità pubblica (di informazione dei dati relativi alla somministrazione e di valutazione del nesso causale) e l’effettuazione di trasfusioni o la somministrazione di emoderivati all’estero; oppure ove si richiama al principio dell’estensione dei benefici agli operatori sanitari per danni riportati in occasione o durante il servizio assumendo che questo si riferisca soltanto al caso in cui l’infezione sia stata contratta nelle strutture nazionali.

Di contro, il ricorso non contesta, come sarebbe stato necessario, l’esistenza dell’autorizzazione da parte dell’Usi territorialmente competente, oggetto di accertamento da parte del Giudice di merito.

In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Si dà atto che, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente Ministero della Salute, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 3500 per compensi professionali, oltre spese forfetarie al 15 per cento e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente Ministero della Salute, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Pubblica Udienza, il 25 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2018

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