Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30434 del 23/11/2018

Cassazione civile sez. lav., 23/11/2018, (ud. 20/09/2018, dep. 23/11/2018), n.30434

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19637-2014 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

EUROPA 190, presso l’avvocato DORA DE ROSE, rappresentata e difesa

dall’avvocato NIVES MURA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.C.P.G., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato SERGIO GALLEANO,

che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 64/2014 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI SEZ.

DIST. DI SASSARI, depositata il 19/02/2014 R.G.N. 154/2013.

Fatto

RILEVATO

1. che con sentenza n. 64/2014 la Corte di appello di Cagliari ha confermato la sentenza di primo grado la quale, in accoglimento della domanda di B.G.P.C., aveva dichiarato la illegittimità del trasferimento della detta lavoratrice – riassunta da Poste Italiane s.p.a. in esito a provvedimento giudiziale di conversione del rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo indeterminato – presso l’Ufficio postale del Comune di Serramanna;

1.1. che la statuizione di conferma è stata fondata sulla circostanza che il provvedimento di trasferimento era stato adottato senza il rispetto del termine di preavviso di quarantacinque giorni previsto dal contratto collettivo richiamato sul punto dall’accordo sindacale 29.7.2004 destinato a disciplinare gli effetti delle eccedenze di personale verificatesi presso Poste Italiane s.p.a. in conseguenza di numerosi provvedimenti di riammissione in servizio connessi al notorio contenzioso in tema di nullità delle clausole del termine apposte ai contratti stipulati dalla società;

1.2. che, in particolare, il giudice di appello ha ritenuto che, in assenza di specifica esplicitazione a riguardo nel provvedimento di trasferimento, non potevano ritenersi sussistenti quelle “particolari esigenze di servizio” che a mente del contratto collettivo avrebbero giustificato un termine di preavviso ridotto, restando ininfluente ai fini della legittimità del trasferimento la previsione di indennità contrattuali;

2. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso Poste Italiane s.p.a. sulla base di undici motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso illustrato con memoria depositata ai sensi dell’art. 380 -bis.1.;

Diritto

CONSIDERATO

1. che con il primo ed il secondo motivo di ricorso, illustrati congiuntamente, parte ricorrente deduce rispettivamente violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 414 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, e omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’accordo sindacale 2004;

1.1. che le censure articolate investono la interpretazione da parte del giudice di appello dell’accordo sindacale del 2004, interpretazione che si assume non coerente con il tenore letterale del medesimo e slegata dalla considerazione della complessità della situazione concreta nella quale si era venuta a trovare Poste nell’operare le riammissioni degli ex contrattisti a termine; in questa prospettiva si sostiene che la riduzione del periodo di preavviso risultava ampiamente giustificata;

2. che con il terzo e il quarto motivo di ricorso, illustrati congiuntamente, parte ricorrente deduce rispettivamente violazione e falsa applicazione dell’art. 414 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio. Le censure investono il rilievo della asserita mancata esposizione nel provvedimento di trasferimento delle carenze del posto di destinazione ed evidenziano, in sintesi, che non poteva ignorarsi la particolare situazione nella quale si era venuta a trovare la società con riferimento alle numerosissime sentenze di riammissione da mettere in esecuzione e alle connesse esigenze organizzative che giustificavano tempi tecnici abbreviati.

3. che con il quinto e il sesto motivo di ricorso, illustrati congiuntamente, parte ricorrente deduce rispettivamente violazione e falsa applicazione dell’art. 414 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’adempimento dell’onere probatorio connesso alla riduzione del preavviso. Censura la sentenza di appello osservando che, contrariamente a quanto sostenuto da Poste Italiane, la ragione di riduzione del periodo di preavviso si rilevava dalle carenze di organico nella località di destinazione e dalla conseguente necessità di copertura del medesimo, come individuato dalla procedura informatica, nel più breve tempo possibile;

4. che con il settimo e ottavo motivo, illustrati congiuntamente, deduce rispettivamente violazione e falsa applicazione dell’art. 414 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla mancata tempestiva impugnativa del trasferimento. Censura la sentenza impugnata per non avere considerato l’acquiescenza al provvedimento di trasferimento prestata dalla B. la quale, all’atto della riammissione, non aveva contestato il trasferimento e lo aveva impugnato solo decorso il termine di cinque giorni contrattualmente previsto;

5. che con il nono motivo di ricorso deduce violazione dell’art. 2103 c.c., dell’art. 21 c.c.n.l. e dell’art. 116 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto la nullità del provvedimento laddove – sostiene – la inosservanza del termine di preavviso avrebbe determinato esclusivamente il diritto della dipendente alla monetizzazione in relazione all’inferiore periodo di preavviso fruito;

6. che con il decimo ed undicesimo motivo, illustrati congiuntamente, deduce rispettivamente violazione e falsa applicazione dell’art. 414 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio rappresentato dal mancato pagamento del periodo di preavviso non osservato, censurando, in sintesi, la sentenza impugnata sul rilievo che la riduzione del periodo di preavviso avrebbe, al più, potuto determinare il diritto alla monetizzazione ma non comportare la illegittimità del provvedimento;

7. che il primo motivo di ricorso presenta plurimi profili di inammissibilità desumibili: a) dalla non pertinenza delle norme delle quale si assume la violazione (art. 414 c.p.c.) con la relativa illustrazione che prospetta l’errore di interpretazione del giudice di merito dell’Accordo sindacale del 2004; b) dall’inosservanza, in violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, dell’onere di indicazione di dati idonei a consentire, con riferimento alla fase di merito, la reperibilità del documento contrattuale del quale si assume la errata valutazione e dell’onere di trascrizione del relativo contenuto, indispensabile a consentire al giudice di legittimità la verifica, sulla base del solo ricorso per cassazione, dell’errore ascritto al giudice di merito (v. tra le altre, Cass. 12/12/2014 n.. 26174; Cass 07/06/2017 n. 14107); c) dalla prospettazione, con riferimento all’Accordo del 2004, di un errore interpretativo non corredato dalla puntuale indicazione dei criteri legali di interpretazione asseritamente violati e delle ragioni per le quali la interpretazione propugnata doveva ritenersi l’unica plausibile (Cass. 03/09/2010 n. 19044; Cass. 12/07/2007 n. 15604, in motivazione; Cass. 22/02/2007 n. 4178) dovendosi escludere che la semplice contrapposizione dell’interpretazione proposta a quella accolta nella sentenza impugnata possa rilevare ai fini dell’annullamento di quest’ultima (Cass. 06/06/2013 n. 14318; Cass. 22/11/2010 n. 23635);

8. che il secondo motivo, con il quale si deduce vizio di motivazione, è inammissibile per il dirimente rilievo della non conformità delle censure articolate all’attuale configurazione del mezzo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nel testo attualmente vigente, applicabile ratione temporis per essere la sentenza impugnata stata pubblicata in epoca successiva al 10 settembre 2012 (D.L. 22 giugno 2012, art. 54, comma 3, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134); in base al testo novellato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il vizio motivazionale può essere dedotto solo sub specie di omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, richiedendosi la specifica indicazione di tale fatto, del dato, testuale (emergente dalla sentenza) o extratestuale (emergente dagli atti processuali), da cui ne risulti l’esistenza, del come e del quando (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, la decisività del fatto stesso (Cass. Sez. Un. 7/4/ 2014 n. 8053), oneri questi non assolti dalla odierna ricorrente;

9. che il terzo motivo di ricorso è inammissibile in quanto, come già accaduto in relazione al primo motivo di ricorso, la norma della quale si denunzia in rubrica la violazione (art. 414 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) non appare conferente con le censure articolate; tali censure, in ogni caso, non consentono di individuare lo specifico errore di diritto ascritto alla sentenza impugnata, sostanziandosi le stesse nella generica doglianza di mancata considerazione della situazione oggettiva nella quale si era venuta a trovare la società per effetto delle sentenze di riammissione da mettere in esecuzione:

10. che il quarto motivo di ricorso è inammissibile in quanto non articolato con modalità coerenti con l’attuale configurazione del vizio di motivazione per cui valgono le considerazioni già espresse nell’esame del secondo motivo;

11. che il quinto motivo di ricorso è inammissibile per una pluralità di profili; infatti, anche a prescindere dalla non pertinenza delle censure articolate con la violazione della norma formalmente denunziata (art. 414 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), il motivo non è sorretto dalla esposizione dei fatti di causa in termini idonei a rendere comprensibili le doglianze formulate in relazione al dedotto assolvimento da parte di Poste dell’onere probatorio connesso alla sussistenza delle ragioni giustificative della riduzione del periodo di preavviso; in ogni caso, esso non investe specificamente l’affermazione del giudice di merito, costituente autonoma ratio decidendi, in ordine alla necessità che le eventuali esigenze di servizio, giustificative di una riduzione del termine di preavviso, avrebbero dovuto essere necessariamente indicate nel provvedimento di trasferimento;

12. che in relazione al sesto motivo di ricorso si riscontrano le medesime ragioni di inammissibilità evidenziate nell’esame dei motivi secondo e quarto, alle quali si rinvia;

13. che il settimo motivo di ricorso è inammissibile in quanto, anche a prescindere dalla non pertinenza delle censure articolate con la violazione della norma formalmente denunziata (art. 414 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) il motivo non è sorretto dalla esposizione dei fatti di causa in termini idonei a rendere comprensibili le doglianze sviluppate; la questione dell’acquiescenza della lavoratrice per decorso del prescritto termine di cinque giorni per l’impugnazione del provvedimento di trasferimento, questione giuridica implicante accertamento di fatto, non è stata, infatti, specificamente affrontata dal giudice di merito, di talchè, ai fini della valida censura della decisione sul punto occorreva che parte ricorrente non solo allegasse l’avvenuta rituale deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, indicasse in quale atto del giudizio precedente lo aveva fatto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.” ((v. tra le altre, Cass. 28/01/2013 n. 1435; Cass. 28/07/2008 n. 20518; Cass. 20/10/2006 n. 22540);

14. che il nono motivo è inammissibile; parte ricorrente, pur denunziando formalmente violazione di norme di diritto, incentra le proprie doglianze sulla non corretta valutazione delle prove offerte da Poste, prove evocate in termini del tutto generici posto che delle stesse non è indicato, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, il contenuto e le modalità di acquisizione nel giudizio di merito;

15. che il decimo e l’undicesimo motivo sono inammissibili perchè presentano una mescolanza e sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, (Cass. 23/09/2011 n. 19443), che non consentono la individuazione dell’errore di diritto in tesi ascritto al giudice di appello e del vizio motivazionale che avrebbe inficiato il ragionamento decisorio; parte ricorrente si limita, infatti, a prospettare, in termini del tutto assertivi, che la riduzione del periodo di preavviso avrebbe potuto dare luogo solo al diritto alla monetizzazione ma non incidere sulla validità del provvedimento, senza confrontarsi con l’articolata motivazione del giudice di appello fondata sulla puntuale ricostruzione delle previsioni collettive di riferimento;

16. che all’inammissibilità del ricorso consegue il regolamento delle spese di lite secondo soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2018

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