Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30433 del 19/12/2017


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Civile Sent. Sez. L Num. 30433 Anno 2017
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: CINQUE GUGLIELMO

SENTENZA

sul ricorso 7932-2015 proposto da:
SERVIER

ITALIA

S.P.A.,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA ANTONIO BARTOLONI 31, presso lo studio
degli avvocati RAFFAELLA RAPONE e FABIO PULSONI, che
la rappresentano e difendono giusta delega in atti;
– ricorrente –

2017
3522

contro

DEL GIUDICE ORESTE, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA CHIANA 48, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO
PILEGGI, che lo rappresenta e difende giusta delega;

Data pubblicazione: 19/12/2017

- controricorrente

avverso la sentenza n. 5417/2014 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 27/09/2014 r.g.n. 5819/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/09/2017 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.
udito l’Avvocato RAFFAELLA RAPONE;
udito l’Avvocato RAFFAELE RICCARDI per delega verbale
Avvocato ANTONIO PILEGGI ANTONIO.

CINQUE;

RG 7932/2015

Fatti di causa
1. Con la sentenza non definitiva n. 5417/2014 la Corte di
appello di Roma, in riforma della pronuncia n. 9799/2010 emessa dal
Tribunale

della

stessa

sede,

ha

dichiarato

l’illegittimità

dell’assegnazione della nuova zona operata con atto del 13.7.2007 e

Servier Italia spa di reintegrare il dipendente Oreste Del Giudice,
informatore medico-scientifico,

nelle funzioni e nella zona

precedentemente assegnatagli nell’ambito della Regione Calabria; ha
dichiarato, altresì, la illegittimità del licenziamento intimato al
suddetto Del Giudice sempre con ordine alla società di reintegrare il
lavoratore nelle funzioni

nella zona come sopra individuata; ha

condannato, inoltre, la Servier Italia spa al risarcimento del danno
pari alle retribuzioni globali di fatto maturate dalla data del
licenziamento a quella di effettiva reintegrazione, oltre accessori e
relativi contributi previdenziali; ha disposto, infine, con separata
ordinanza la rimessione della causa sul ruolo per l’esame delle
ulteriori domande risarcitorie.
2. A fondamento della decisione la Corte distrettuale ha rilevato
che: 1) l’eccezione di improcedibilità dell’appello, fondata sull’assunto
che il decreto di fissazione dell’udienza sarebbe stato comunicato (da
cui l’irritualità della concessione del nuovo termine per la notifica di
cui all’udienza del 5.7.2012) in considerazione che le copie conformi
del decreto predetto erano state rilasciate già in data 2.8.2011, era
infondata in quanto: a) il decreto di fissazione dell’udienza non era
stato comunicato; b) la presenza del timbro, con data 2.8.2011,
stessa data del decreto presidenziale di fissazione, costituiva
unicamente predisposizione, da parte della Cancelleria, della copia
conforme per la notifica dell’atto mancando, nel caso in esame, una
apposita richiesta (di massima vergata a mano o anche con altra
modalità) di rilascio copie; 2) il trasferimento del Del Giudice,
1

comunicata il 17.7.2007 e, per l’effetto, ha ordinato alla società

RG 7932/2015

determinato dall’intervenuta soppressione della zona di Cosenza e
provincia, in quella di Enna, Caltanissetta, Ragusa, Siracusa,
Agrigento, si poneva in contrasto con i principi di correttezza e buona
fede essendo emersi sia un atteggiamento ostile della società nei
confronti del Del Giudice sia la volontà di rendergli particolarmente

la estromissione dalla compagine aziendale; 3) il successivo
licenziamento, pur facendo seguito ad una pluralità di contestazioni,
ruotava essenzialmente intorno all’ipotesi che il Del Giudice fosse
guarito dalla malattia ed in condizioni di riprendere servizio e che,
pertanto, nel dichiararsi malato all’atto della richiesta delle ferie
avesse dichiarato il falso; 4) la revoca delle ferie già concesse al
dipendente, con cui era stato mutato il titolo delle assenze dal
servizio, si appalesava illegittima in quanto sorretta da motivazioni
che prescindevano da sopravvenute ed indifferibili esigenze aziendali;
5) per il tempo successivo a quello delle ferie, era stato richiesto dal
Del Giudice un periodo di aspettativa non retribuita che era
assolutamente svincolato dallo stato di malattia; 6) circa la
contestazione riguardante l’uso dell’auto aziendale durante il periodo
di malattia, vi era stato un mutamento della contestazione
disciplinare perché nella lettera di licenziamento era stato precisato, a
differenza di quanto evidenziato nella lettera di addebito, che “lo
stato morboso che aveva inibito lo svolgimento della sua prestazione
non aveva potuto trovare alcun giovamento in termini di rapida
guarigione, da detta sua frequente ed intensa mobilità”.
3. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la
Servier Italia spa affidato a quattro motivi.
4.

Ha resistito Oreste Del Giudice con controricorso.
Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa
applicazione dell’art. 12 delle preleggi al codice civile in relazione al
2

gravosa la prosecuzione della sua attività onde disporne o provocarne

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combinato disposto degli artt. 291 1° comma, 435, 2° e 3° comma
cpc, e dell’art. 111 Cost.: in particolare, ripropone, deducendo il vizio
ex art. 360 n. 3 cpc, la questione della improcedibilità dell’appello per
omessa/inesistente notifica perché l’appellante, per la prima udienza
del 5 luglio 2012, non aveva depositato né esibito l’atto notificato o la

stata illegittima la concessione dei giudici di seconde cure di un
termine per la rinotifica dell’atto di gravame e, conseguentemente,
vertendosi in ipotesi di inesistenza dell’atto, improcedibile il gravame.
2.

Con il secondo motivo la società censura, ai sensi dell’art. 360

n. 3 e n. 5 cpc, la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 delle
preleggi al codice civile in relazione agli artt. 116 e 132 cpc e al
combinato disposto degli artt. 2103, 2697 cc e 41 Cost., nonché
l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio per avere la Corte
distrettuale, sulla base di un riepilogo del tutto parziale ed impreciso
della fattispecie, erroneamente ritenuto illegittimo il provvedimento di
nuova assegnazione di zona.
3.

Con il terzo motivo la Servier Italia spa si duole, ai sensi

dell’art. 360 n. 3 cpc, della violazione e falsa applicazione dell’art. 12
delle preleggi al codice civile in relazione al combinato disposto degli
artt. 2700, 2109 II c e 2110 cc nonché dell’art. 1362 cc, in relazione
agli artt. 40 e 51 CCNL; assume, poi, ai sensi dell’art. 360 n. 5 cpc,
l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. La società
sostiene, in pratica, che essa, a norma dell’art. 2109 cc e 40 e 41
CCNL di settore, ben avrebbe potuto, per qualsiasi propria
insindacabile esigenza, revocare il periodo di ferie già concesse al
lavoratore e che la concessione dell’aspettativa era comunque
subordinata al protrarsi dello stato di malattia e che la Corte
territoriale, pur a fronte di circostanze fattuali incontestabili, aveva
stravolto i fatti causa ritenendo, invece, illegittimo il licenziamento.

3

relata di notifica sottoscritta dall’Ufficiale Giudiziario di talché era

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4.

Con il quarto motivo la società lamenta la violazione dell’art.

12 delle preleggi al codice civile, in relazione agli artt. 7 legge n.
300/1970 e 2106 cc, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cpc, per avere
erroneamente rilevato la Corte di appello una violazione del principio
di corrispondenza tra la contestazione ed i motivi posti a base del

allegate al ricorso, perché tale principio può ritenersi violato solo
qualora vi fosse stata una sostanziale immutazione della condotta
addebitata e, quindi, solo quando il quadro di riferimento fosse
talmente diverso da quello posto a fondamento della sanzione da
menomare concretamente il diritto di difesa.
5.

Il primo motivo è destituito di pregio.

6.

L’assunto sotteso alla critica formulata dal ricorrente in ordine

alla impossibilità, da parte dei giudici di secondo grado, di potere
fissare una nuova udienza rimettendo in termini l’appellante per la
notifica del gravame rispetto alla prima udienza del 5.7.2012, in
relazione alla quale si deduce che non era stata effettuata alcuna
notifica dell’atto di appello, non coglie il senso della decisione
impugnata che ha rilevato, come dato obiettivo, da un lato,
l’inesistenza della mancata comunicazione da parte della cancelleria
del decreto di fissazione della prima udienza e, dall’altro, la mancata
idonea conoscenza di tale data attraverso un mezzo equipollente
(richiesta di rilascio delle copie).
7.

La Corte territoriale, pertanto, si è attenuta al principio di

legittimità (Cass. 27.10.2010 n. 21978; Cass. 29.12.2016 n. 27375)
secondo cui, in caso di mancanza della comunicazione all’appellante
dell’avvenuto deposito del decreto di fissazione dell’udienza di
discussione, quando sopravvenga a causa di ciò l’impossibilità di
eseguire la notificazione nel rispetto dei termini di cui ai commi
secondo e terzo dell’art. 435 cpc, deve essere disposta, di ufficio o ad
istanza dell’appellante medesima, la fissazione di altra udienza di
4

licenziamento, come era evincibile dall’esame delle relative lettere

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discussione in data idonea a consentire il rispetto di detti termini,
potendo, peraltro, il contraddittorio ritenersi validamente costituito
anche quando il Collegio, senza emettere un formale provvedimento
di rinnovo, si sia limitato, all’udienza di discussione originariamente
fissata, a disporre il rinvio della medesima e l’appellante,

copia del ricorso in appello e del decreto del Presidente del Tribunale
nonché del verbale della prima udienza nel quale è stato disposto il
rinvio.
8.

Nel rito del lavoro, infatti, a seguito della sentenza della Corte

Costituzionale n.

15 del

1977, all’appellante deve essere

necessariamente comunicato l’avviso di deposito del decreto
presidenziale di fissazione, salvo che vi sia stata una equipollente
conoscenza “aliunde” esclusa, però, nel caso di specie.
9.

Alcuna violazione di legge è, pertanto, ravvisabile nell’operato

della Corte di merito.
10. Il secondo motivo è infondato.
11. La gravata sentenza è corretta, da un punto di vista giuridico
in relazione alle denunziate violazioni di legge, perché conforme
all’indirizzo

giurisprudenziale

secondo

cui

la

legittimità

del

provvedimento di trasferimento del dipendente deve essere valutata
anche alla luce dei principi generali di correttezza e buona fede di cui
agli artt. 1375 e 1175 cc e, pertanto, non deve determinare oneri
ingiustificati a carico del lavoratore trasferito essendo necessario
tenere conto anche della situazione logistica in cui verrà a trovarsi il
lavoratore stesso e le sue ragioni familiari (in termini Cass. 22.8.2013
n. 19425; Cass. 28.7.2003 n. 11597) senza che ciò comporti un
controllo della scelta operata dall’imprenditore.
12. Non sono, poi, ammissibili le doglianze circa il cattivo dedotto
esercizio del potere di apprezzamento delle prove da parte del giudice
di merito che non è sindacabile in sede di legittimità ai sensi del
5

nell’osservanza dei ripetuti termini, abbia notificato alla controparte

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novellato art. 360 n. 5 cpc, in mancanza dell’indicazione dell’omesso
esame di fatti decisivi che abbiano costituito oggetto di discussione
tra le parti (in termini, tra le altre, Cass. n. 21257/2014).
13. Né sono, infine, ravvisabili i denunciati vizi motivazionali della
sentenza gravata che, dopo la modifica del citato art. 360 n. 5 cpc,

affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su
espressioni

od

argomenti

tra

loro

manifestamente

ed

immediatamente inconciliabili, oppure perplessi ed obiettivamente
incomprensibili (Cass. Sez. Un. n. 8053/2014).
14. Nel caso in esame, con argomentazioni da cui è agevole
comprendere il percorso argomentativo seguito, i giudici di secondo
grado hanno ritenuto che dall’istruttoria erano emersi indici dai quali
si rilevava un atteggiamento ostile della società nei confronti del Del
Giudice e la volontà di rendere a quest’ultimo particolarmente
gravosa la prosecuzione della sua attività onde disporne o provocarne
la estromissione dalla compagine aziendale.
15. Il terzo motivo è improcedibile, nella parte in cui si deduce la
violazione delle norme del contratto collettivo (art. 40 e 51 CCNL),
per mancata produzione integrale dello stesso: tale adempimento,
infatti, risponde alla funzione nomofilattica della Corte di Cassazione e
si rende necessario per l’applicazione del canone ermeneutico
previsto dall’art. 1363 cc. (Cass. 4.3.2015 n. 4350; Cass. 7.11.2013
n. 25038). Nella fattispecie concreta, come si evince anche dall’indice
dei documenti allegati al ricorso per cassazione, è stato prodotto solo
un estratto e non l’intero contratto collettivo per cui al Collegio è
precluso il corretto esame delle disposizioni e la interpretazione delle
une attraverso le altre (cfr. Cass. 16.4.2002 n. 5472).
16. E’ inoltre inammissibile con riguardo alle censure ex art. 360

n. 5 cpc, risolvendosi esse nel sollecitare una rivisitazione del
materiale probatorio, con un nuovo apprezzamento nel merito,
6

sussistono solo quando la motivazione manchi del tutto ovvero sia

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attraverso il controllo della motivazione ormai, come sopra già detto,
precluso dalla nuova formulazione dell’art. 360 n. 5 citato, modificato
dal DL n. 83/2012 convertito nella legge n. 134/2012, applicabile nel
caso di specie

ratione temporis,

che ha ridotto al “minimo

costituzionale” il sindacato di legittimità, prevedendo la denuncia in
cassazione solo dell’anomalia riguardante l’omesso esame circa un

fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le
parti; se, invece, il fatto è stato esaminato, il vizio non è sindacabile
in sede di legittimità (cfr. Cass. Sez. Un. n. 8053/2014).
17. Nella fattispecie in esame, i fatti controversi da indagare, da
non confondersi con la valutazione delle relative prove, ai fini della
indagine

sulla

illegittimità

del

licenziamento

sono

stati

manifestamente presi in esame dalla Corte capitolina sicché non di
omesso esame si tratta, ma di accoglimento di una tesi diversa
sostenuta dalla odierna parte ricorrente.
18. Parimenti sempre il terzo motivo non è meritevole di pregio,
relativamente alla dedotta violazione di legge di cui all’art. 2109 cc,
perché la Corte territoriale, in ossequio al principio di legittimità
secondo cui il datore di lavoro può modificare il periodo di godimento
delle ferie dei propri dipendenti in base, però, ad una riconsiderazione
delle esigenze aziendali (cfr. Cass. 11.2.2000 n. 1557) ha escluso,
con argomentazioni logiche e corrette, che nella fattispecie in esame
si fosse realizzata tale ipotesi. Infatti, nella lettera con cui al
dipendente fu imposto di riprendere servizio, è stato evidenziato che
si fece riferimento alla falsità dello stato di malattia e non ad esigenze
aziendali che avrebbero potuto appunto giustificare la revoca del
provvedimento di concessione delle ferie.
19. Infine, anche il quarto motivo è infondato.
20. In primo luogo, osserva il Collegio che l’interpretazione
dell’atto di licenziamento, ai fini della determinazione della
contestazione mossa al lavoratore, integra un accertamento di fatto,
7

,y,-

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riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità
se sostenuto da adeguata e corretta motivazione (in termini Cass.
13.6.1984 n. 3522).
21. In secondo luogo, va sottolineato che, nel caso di specie, i
giudici di seconde cure -con motivazione congrua e logica- hanno in

rispetto all’atto di licenziamento, in ordine all’uso dell’autovettura
privata da parte del lavoratore, costituito dalla prospettazione di una
circostanza nuova, tale da implicare una diversa valutazione
dell’infrazione, rappresentata dal fatto che l’uso frequente ed intenso
dell’auto aziendale avesse pregiudicato una rapida guarigione dello
stato morboso, mentre in precedenza era stato addebitato l’uso
dell’auto stessa per motivi esclusivamente personali, in relazione al
quale era stato esercitato il diritto di difesa da parte del lavoratore.
22. La Corte distrettuale si è attenuta, pertanto, al principio, più
volte affermato in sede di legittimità (cfr. Cass. 28.8.2000 n. 11265;
Cass. 22.3.2011 n. 6499) secondo cui l’immutabilità della
contestazione preclude al datore di lavoro di fare valere, a sostegno
delle sue determinazioni disciplinari, circostanze nuove rispetto a
quelle contestate, tali da implicare una diversa valutazione
dell’infrazione disciplinare anche diversamente tipizzata dal codice
disciplinare apprestato dalla contrattazione collettiva, dovendosi
garantire l’effettivo diritto di difesa che la normativa sul procedimento
disciplinare di cui all’art. 7 della legge n. 300/1970 assicura al
lavoratore incolpato.
23. E, nel caso di specie, è senza dubbio da qualificare come
circostanza nuova la contestazione sull’uso dell’autovettura aziendale
non più per motivi esclusivamente personali (come in precedenza
assunto) ma quale strumento di pregiudizio per la rapida guarigione
dello stato morboso del dipendente.

8

pratica rilevato un mutamento sostanziale della contestazione,

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24. In conclusione, alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve
essere rigettato.
25. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si
liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater,

deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento,
in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità
che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie
nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed
agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR
n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, la Corte
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato,
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello
stesso art. 13.
Così deciso in Roma il 20 settembre 2017
Il Presidente
Dr. Giovanni Moroso
\-)

del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228,

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