Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3043 del 09/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 09/02/2021, (ud. 04/12/2020, dep. 09/02/2021), n.3043

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26453-2019 proposto da:

NEPTUNIA HOTELS SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI

144 B, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE COLETTA, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO

BIANCHI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 863/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 07/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/12/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Neptunia Hotels s.r.l. ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza 7 febbraio 2019, n. 863/2019, resa dalla Corte d’appello di Roma.

Resiste con controricorso il Condominio (OMISSIS), (OMISSIS).

La Corte d’appello di Roma, rigettando l’appello formulato dalla Neptunia Hotels s.r.l. avverso la sentenza pronunciata in primo grado dal Tribunale di Velletri, sezione distaccata di (OMISSIS), ha respinto l’impugnazione delle deliberazioni assembleari del Condominio (OMISSIS) che avevano approvato i preventivi ed i consuntivi 2009/2010 e 2010/2011, come anche le opposizioni ai correlati decreti ingiuntivi n. 239/11 e 279/11. La materia del contendere è data dalla ripartizione dei proventi delle locazioni del lastrico di copertura del grattacielo condominiale, concesso in uso a diverse compagnie telefoniche per ubicarvi impianti ripetitori dei segnali audio. Le deliberazioni dell’assemblea hanno suddiviso le rendite derivanti dai canoni di locazione in compensazione degli importi dovuti a titolo di contributi da ciascun condomino in ragione dei millesimi di proprietà. Essendo le entrate pari al 55,61% delle spese, ogni spesa è stata così abbattuta in misura di tale percentuale. Essendo la condomina Neptunia Hotels s.r.l. proprietaria di circa 308 millesimi, questa si è perciò lamentata di essersi vista attribuire le rendite provenienti dalla locazione delle parti comuni solo in relazione a quanto detratto per far fronte alle spese, con violazione dei criteri legali di riparto. Da tale arbitraria imputazione delle rendite sarebbe perciò derivato il debito intimato in sede monitoria alla Neptunia Hotels s.r.l., altrimenti insussistente.

La Corte d’appello di Roma, condividendo la decisione di primo grado, ha ritenuto non specifiche le critiche dell’appellante, in quanto le delibere impugnate, dalle quali era poi derivato il credito azionato dal Condominio con decreto ingiuntivo, si erano attenute alla deliberazione del 6 luglio 1997 (con cui all’unanimità era stato deciso di “imputare i canoni di locazione delle antenne telefoniche a parziale copertura dei costi di gestione condominiale”), nonchè al regolamento contrattuale, art. 23, lett. d), secondo cui “l’assemblea ordinaria delibera sulla erogazione dei sopravanzi della gestione e delle eventuali rendite dei beni comuni”.

Il primo motivo del ricorso di Neptunia Hotels s.r.l. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1102,1117 e 1123 c.c., nonchè l’omesso esame di fatto decisivo, ribadendo la necessità di ripartire i proventi secondo i criteri di cui all’art. 1123 c.c., ed ipotizzando che le entrate derivanti dalle locazioni dei lastrici alle compagnie telefoniche potessero essere state utilizzate per il pagamento di spese condominiali alle quali la Neptunia Hotels s.r.l. non era tenuta.

Il secondo motivo del ricorso di Neptunia Hotels s.r.l. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1106,1136 e 1138 c.c., nonchè l’omesso esame di fatto decisivo, evidenziando come la ricorrente non intenda contestare il diritto del Condominio (OMISSIS) ad utilizzare le entrate a copertura parziale delle spese, quanto lamentare l’illegittimità di una delibera che senza l’unanimità dei condomini ripartisce le entrate condominiali in misura non proporzionale ai millesimi.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

La ricorrente ha presentato memoria, in cui ha ribadito che oggetto delle proprie doglianze è “il nuovo metodo di riparto” delle entrate ricevute dal lastrico solare, giacchè svantaggia la medesima Neptunia Hotels s.r.l..

Il Collegio osserva che l’impugnata decisione è conforme alla giurisprudenza di questa Corte e i motivi di ricorso non offrono argomenti per mutare orientamento, sicchè le censure sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1.

I due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, giacchè connessi.

Circa il riferimento al parametro dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’interpretazione di questa Corte ha chiarito come la riformulazione di tale norma, operata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, abbia introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Pertanto, l’omesso esame di una questione riguardante l’interpretazione del contenuto di deliberazioni dell’assemblea di condominio o di clausole del regolamento condominiale (peraltro comunque prese in considerazione dalla Corte d’appello) non è riconducibile al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, atteso che rientrano in tale nozione gli elementi fattuali e non quelli meramente interpretativi.

Per quanto, poi, della portata delle delibere di approvazione dei consuntivi e dei preventivi 2009/2010 e 2010/2011, oggetto di impugnazione ex art. 1137 c.c., sia stato indicato specificamente in ricorso a sostegno delle censure esposte (secondo quanto prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), l’art. 1135 c.c., comma 1, n. 3), attribuisce all’assemblea la competenza non solo all’approvazione del rendiconto, ma anche all’impiego del residuo attivo della gestione. Di tale eventuale saldo attivo, pur riferibile ai singoli condomini, l’assemblea può perciò disporre a maggioranza per finalità condominiali, non potendosi ammettere il sindacato di legittimità dell’autorità giudiziaria sul merito delle delibere assembleari inerenti all’impiego dell’attivo di gestione. Ove, come nella specie, la rendita provenga dai canoni di locazione di parti comuni, insorge in capo a ciascun condomino un credito corrispondente alla rispettiva quota millesimale.

Non è comunque causa di invalidità della deliberazione assembleare di approvazione del rendiconto la circostanza che in essa si provveda all’impiego degli eventuali attivi di gestione, costituiti dai proventi che il condominio trae dalla locazione a terzi di parti comuni, al fine di ridurre, per parziale compensazione, l’importo totale delle spese da ripartire tra i singoli condomini, con conseguente proporzionale incidenza sui conti individuali di questi ultimi e sulle quote dovute dagli stessi (arg. da Cass. Sez. 2, 07/07/1999, n. 7067; Cass. Sez. 2, 28/08/1997, n. 8167; Cass. Sez. 2, 25/11/1975, n. 3936). Per esemplificare, a fronte di spese generali di gestione pari a Euro 1.000,00 da ripartire ex art. 1123 c.c., comma 1, e di proventi attivi pari a Euro 500,00, nulla cambia per il condomino titolare di quota di proprietà pari a 308 millesimi se allo stesso siano dapprima corrisposti Euro 154,00 come quota dei proventi e poi richiesti contributi pari ad Euro 308,00, oppure se, ridotta dapprima la spesa da ripartire ad Euro 500,00 (Euro 1.000,00 di voci di uscita – Euro 500,00 di voci di entrata), gli venga direttamente intimato di contribuire per l’importo di Euro 154,00.

Non è, altrimenti, specificamente dedotto nè comunque provato che il Condominio (OMISSIS) abbia utilizzato i proventi della locazione dei lastrici, spettanti a tutti i condomini pro quota, per ridurre l’importo di spese dovute, invece, dai singoli in misura diversa proporzionata all’uso delle cose, ovvero di spese da porre a carico soltanto di un più ristretto gruppo di condomini.

Deve dunque affermarsi il seguente principio di diritto:

In tema di condominio negli edifici, non è causa di invalidità della deliberazione assembleare di approvazione del rendiconto presentato dall’amministratore la circostanza che in essa si provveda all’impiego degli attivi di gestione, costituiti dai proventi che il condominio trae dalla locazione a terzi di parti comuni, al fine di ridurre, per parziale compensazione, l’importo totale delle spese da ripartire tra i singoli condomini, con conseguente proporzionale incidenza sui conti individuali di questi ultimi e sulle quote dovute dagli stessi, non pregiudicando tale decisione, espressione del potere discrezionale dell’assemblea, nè l’interesse dei condomini alla corretta gestione del condominio, nè il loro diritto patrimoniale all’accredito della proporzionale somma, perchè compensata dal corrispondente minor addebito degli oneri di contribuzione alle spese.

Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile e la ricorrente va condannata a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 4 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2021

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