Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3043 del 01/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 01/02/2022, (ud. 16/11/2021, dep. 01/02/2022), n.3043

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6802-2021 proposto da:

P.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 6,

presso lo studio dell’Avvocato STEFANO TERRA, rappresentato e difeso

dall’Avvocato PIERA SANELLI;

– ricorrente –

contro

REGIONE ABRUZZO (OMISSIS), PROVINCIA di PESCARA;

– intimate –

avverso la sentenza n. 368/2020 del TRIBUNALE de L’AQUILA, depositata

il 18/08/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. GIAIME

GUIZZI STEFANO.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

– che P.R. ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 368/20, del 18 agosto 2020, del Tribunale de L’Aquila, che – accogliendo il gravame della Regione Abruzzo avverso la sentenza n. 847/17, del 21 luglio 2017, del Giudice di pace di Pescara – ha rigettato la domanda di risarcimento danni proposta dal P., in relazione ai danni cagionati da un cinghiale alla propria autovettura, sul rilievo che la pretesa risarcitoria avrebbe dovuto essere indirizzata contro il Parco Nazionale della Maiella;

– che, in punto di fatto, l’odierno ricorrente riferisce di aver adito l’autorità giudiziaria sul presupposto che, il 3 agosto 2014, mentre percorreva la strada regionale 487, in direzione San Valentino, la vettura di sua proprietà (e da lui condotta) subiva l’impatto di un cinghiale;

– che convenute in giudizio, per conseguire il ristoro dei danni materiali subiti, sia la Regione Abruzzo che la Provincia di Pescara, la prima eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva, dovendo la domanda risarcitoria essere proposta contro il Parco Nazionale della Maiella;

– che accolta dal primo giudice la domanda risarcitoria verso la Regione Abruzzo, il giudice di appello – in accoglimento del gravame principale della stessa (essendo stato, invece, dichiarato inammissibile quello incidentale della Provincia, quanto alla disposta compensazione delle spese del primo grado di giudizio) – lo accoglieva, provvedendo nei termini sopra illustrati, ritenendo applicabile alla presente fattispecie l’art. 2043 c.c., e non l’art. 2052 c.c., sicché la domanda avrebbe dovuto proporsi avverso il Parco Nazionale della Maiella;

– che contro la sentenza del Tribunale aquilano ricorre per cassazione il P., sulla base – come detto – di due motivi;

– che primo il motivo denuncia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 346 c.p.c., essendo il giudice di appello incorso in un’ipotesi di extrapetizione o ultrapetizione;

– che è lamentato, in particolare, che la Regione non ha più riproposto in appello la questione relativa alla legittimazione del Parco Nazionale della Maiella, da intendersi, dunque, rinunciata;

– che il secondo motivo denuncia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione e falsa applicazione dell’art. 2052 c.c., per avere la sentenza impugnata ritenuto applicabile alla presente fattispecie art. 2043 c.c., disattendendo il più recente indirizzo di questa Corte che riconduce, invece, alla prima di tali norme l’ipotesi di danni da fauna selvatica, imputando, così, alle Regioni la responsabilità per tale tipologia di danno;

– che sono rimaste solo intimate la Regione Abruzzo e la Provincia di Pescara;

– che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata alla ricorrente, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio per il 16 novembre 9091.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va rigettato, ritenendo questo collegio di doversi discostare dalla proposta formulata dal consigliere relatore;

– che il primo motivo non e’, infatti, fondato;

– che non ricorre alcuna violazione degli artt. 112 e 346 c.p.c., in ragione della decisione di affermare in capo al Parco Nazionale della Maiella, e non alla Regione Abruzzo, la responsabilità per i danni lamentati dal P., ritenendo che ai primo, e non alla seconda, vada ascritta la titolarità passiva del rapporto controverso;

– che, difatti, la contestazione, da parte del convenuto, della titolarità dei rapporto controverso dedotta dall’attore ha natura non di eccezione, ma di mera difesa (Cass. Sez. 6-3, ord. 12 febbraio 2021, n. 3765, Rv. 660420-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 20 dicembre 2017, n. 30545, Rv. 647184-01), sicché la carenza di detta titolarità è rilevabile di ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa (Cass. Sez. Un, sent. 16 febbraio 2016, n. 2951 Rv. 638373-01), a prescindere da una eccezione La parte, e quindi, a maggior ragione, dalla riproposizione della stessa;

– che anche il secondo motivo non è fondato;

– che è incontestato che il sinistro oggetto del presente giudizio sia avvenuto all’interno del Parco Nazionale della Maiella;

– che i Parchi Nazionali sono enti di diritto pubblico, sottratti al controllo delle Regioni e sottoposti al controllo del Ministero dell’Ambiente (L. 6 dicembre 1991, n. 394, art. 8, comma 1);

– che la legge riserva all’ente parco qualsiasi decisione ed iniziativa in tema di controllo della fauna selvatica e prevenzione della sua proliferazione, posto che la L. 6 dicembre 1991, n. 394, art. 11, comma 4, stabilisce che “prelievi e abbattimenti (della fauna selvatica) devono avvenire per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell’Ente parco ed essere attuati dal personale dell’Ente parco o da persone all’uopo espressamente autorizzate dall’Ente parco stesso”;

– che correttamente, dunque, il Tribunale ha escluso che competesse alla Regione il controllo della fauna selvatica esistente all’interno del Parco Nazionale, così come la prevenzione dei danni da essa causati;

– che, in senso contrario, non vale richiamare quanto affermato – a più riprese – dalla recente giurisprudenza di questa Corte, ovvero che “nell’azione di risarcimento del danno cagionato da animali selvatici a norma dell’art. 2052 c.c. la legittimazione passiva spetta in via esclusiva alla Regione, in quanto titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico, nonché delle funzioni amministrative di programmazione, di coordinamento e di controllo delle attività di tutela e gestione della fauna selvatica, anche se eventualmente svolte -per delega o in base a poteri di cui sono direttamente titolari – da altri enti”, fermo restando, peraltro, che “la Regione può rivalersi (anche mediante chiamata in causa nello Stesso giudizio promosso dal danneggiato) nei confronti degli enti ai quali sarebbe in concreto spettata, nell’esercizio di funzioni proprie o delegate, l’adozione delle misure che avrebbero dovuto impedire il danno” (Cass. Sez. 3, sent. 20 aprile 2020, n. 7969, Rv. 657572-03; in senso conforme, Cass. Sez. 3, sent. 22 giugno 2020, n. 12113, Rv. 658165-03; Cass. Sez. 3, sent. 6 luglio 2020, n. 13848, Rv. 658298 03;

– che né la sentenza impugnata, né lo stesso ricorso, attestano che il P. ebbe ad agire a norma dell’art. 2052 c.c., leggendosi, anzi, nel secondo che l’odierno ricorrente – nel costituirsi nel giudizio di appello, per contraddire in ordine al gravame esperito dalla Regione avverso la sentenza che la condannava a risarcire il danno – aveva sostenuto che dalla sentenza impugnata “erano stati idoneamente dimostrati tutti gli elementi integranti la responsabilità ex art. 2043 c.c.”

– che ciò che rende, quindi, persino di dubbia ammissibilità la censura basata sulla violazione di tale norma, ovvero sulla posizione della Regione quale proprietaria della fauna selvatica (fondamento dell’applicazione dell’art. 2052 c.c., come di recente puntualizzato da Cass. Sez. 6-3, ord. 24 marzo 2021, n. 8206), atteso che, quando il ricorso evochi una “quaestio iuris” che “non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa” (Cass. Sez. 2, ord. 24 gennaio 2019, n. 2038, Rv. 652251-02);

– che il presente ricorso e’, dunque, rigettato;

– che essendo rimasta solo intimate la Regione Abruzzo e la Provincia di Pescara nulla va disposto quanto alle spese del presente giudizio di legittimità;

– che in ragione del rigetto del ricorso, va dato atto – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrente, dell’ulteriore importo, se dovuto, a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2022

 

 

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