Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30427 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 30/12/2011, (ud. 12/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30427

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 28099/2010 proposto da:

A.B.G. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA ANAPO 20, presso lo studio dell’avvocato

RIZZO CARLA, rappresentata e difesa dall’avvocato CATALDO Biancamaria

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPDAP – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI

DELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA (OMISSIS), in persona del suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA S. CROCE IN GERUSALEMME 55, presso lo studio

dell’avvocato CIPRIANI Giuseppe, che lo rappresenta e difende giusta

procura ad litem a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

B.O.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 139/2010 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA del

4/03/2010, depositata il 06/04/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito l’Avvocato Rizzo Carla (delega avvocato Cataldo Biancamaria)

difensore della ricorrente che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del erale Dott. CARLO DESTRO che nulla

osserva.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., regolarmente comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti, relativa al ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Perugia n. 139/10, pubbl. il 6.4.10: “1. – A.B.G. ricorre, con atto spedito per la notifica il 25.11.10, per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale – per quel che qui interessa – è stata condannata, in accoglimento dell’appello incidentale dell’INPDAP avverso la sentenza del Tribunale di Perugia resa anche nei confronti del suo coniuge separato B.O., al pagamento, in favore dell’INPDAP, della somma di Euro 11.054,21 a titolo di canoni dall’aprile 2000 all’aprile 2002 per la locazione di un immobile, nella quale era subentrato il B.. Degli intimati produce controricorso il solo INPDAP. 2. – Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio – ai sensi degli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., essendo oltretutto soggetto alla disciplina dell’art. 360-bis cod. proc. civ. (inserito dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. a) – per essere ivi rigettato per manifesta infondatezza, per quanto appresso indicato.

3. – La ricorrente sviluppa tre motivi: col primo (di violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 112, 414, 426, 447-bis, 658, 664 e 667 cod. proc. civ. e con riferimento all’art. 360 cod. proc. civ., n. 4), ella lungamente argomenta per l’erroneità della tesi della ritenuta proposizione di domanda di condanna al pagamento dei canoni fin dalla richiesta di ingiunzione ai sensi dell’art. 664 cod. proc. civ., attesa l’inammissibilità di quest’ultima per la mancata pronuncia della convalida; col secondo (di violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 345, 434, 436 e 437, e con riferimento all’art. 360 cod. proc. civ., n. 4), si duole dell’extrapetizione consistente nell’avere la corte territoriale automaticamente convertito la domanda di ingiunzione in domanda di condanna al pagamento dei canoni e della conseguente novità di quest’ultima in quanto esplicitata solo con l’appello; col terzo (di insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo, con riferimento all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5), lamenta un vizio motivazionale nella ritenuta automatica conversione della domanda e così l’ingiustizia della condanna al pagamento dei canoni.

4. – I tre motivi possono essere congiuntamente esaminati, in quanto intimamente connessi, per essere disattesi:

4.1. la ratio decidendi della corte territoriale correttamente si identifica nell’equivalenza – al di là del testuale richiamo ad una conversione, automatica o meno – ovvero nell’interpretazione della domanda di ingiunzione per i canoni scaduti quale domanda di condanna al pagamento degli stessi; e tale ratio è manifestamente conforme alla consolidata interpretazione di ogni istanza di ingiunzione come ordinaria domanda di condanna della controparte al pagamento della somma richiesta (per il decreto ingiuntivo in ipotesi di opposizione, l’orientamento si ascrive – tra le più remote – a Cass. 13 luglio 1972, n. 2377, via via fino a Cass. 30 aprile 2005, n. 9021);

4.2. un tale indirizzo può generalizzarsi avendo riguardo al petitum sostanziale e non a quello meramente formale, con totale equivalenza di una richiesta di un provvedimento sommario ad un provvedimento giudiziale, nello stesso processo e nelle fasi successive (come accade in quello per convalida di sfratto in caso di transito all’ordinario giudizio di cognizione ai sensi dell’art. 667 cod. proc. civ.), avente il medesimo contenuto condannatorio;

4.3. ciò che viene impedito dalla non concessione dell’ordinanza di convalida dello sfratto è invero soltanto lo speciale provvedimento monitorio di cui all’art. 664 cod. proc. civ. (riferito, secondo il testuale tenore della norma, anche ai canoni non ancora scaduti e così integrante un’ipotesi eccezionale di condanna in futuro: Cass. 31 maggio 2005, n. 11603), ma la volontà di chi propone una tale richiesta e manifestamente ed inequivocabilmente orientata ad ottenere – a prescindere dalla qualificazione formale – un provvedimento giudiziale di condanna, nei confronti di coloro cui l’intimazione di sfratto (o di licenza) è rivolta, di pari contenuto;

4.4. infine, nessuna contraddizione vi è tra una tale domanda di adempimento dell’obbligazione tipica del conduttore, cioè quella del pagamento del canone, riferita a periodi in cui conduttore era ancora la A.B., con quella di risoluzione ex nunc del contratto, naturalmente riferibile al solo conduttore attuale, cioè il B..

5. – In conclusione, si propone il rigetto del ricorso”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. Non sono state presentate conclusioni scritte, nè memorie, anche se la ricorrente ha chiesto di essere ascoltata in camera di consiglio.

3. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella sopra trascritta relazione, il cui contenuto fa quindi proprio, del resto nessuna valida obiezione avendo alla stessa mosso le parti.

4. Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ., il ricorso va rigettato e la soccombente ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità del solo controricorrente INPDAP, non avendo l’altro intimato qui svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna A.B.G. al pagamento, in favore dell’INPDAP, in pers. del leg. rappr.nte p.t., delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 12 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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