Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30426 del 19/12/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 19/12/2017, (ud. 13/09/2017, dep.19/12/2017),  n. 30426

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Firenze, con sentenza del 7 marzo 2012, in accoglimento del gravame svolto da C.S. avverso la sentenza di primo grado, ha ritenuto computabile, ai fini del requisito contributivo di un anno per l’indennità di disoccupazione, le settimane di astensione obbligatoria per maternità al di fuori del rapporto di lavoro, negata, invece, dall’INPS sul presupposto dell’inutilizzabilità della contribuzione figurativa per maternità, maturata a rapporto di lavoro cessato.

2. La Corte territoriale, premesso che C. è stata parte di un rapporto di lavoro a tempo determinato dal 3 marzo al 31 maggio 2008 e che il 30 maggio aveva avuto inizio il congedo (anticipato) per maternità, con erogazione dal 1 giugno del relativo trattamento, ha valorizzato la circostanza che il rapporto di lavoro si fosse interrotto il 30 maggio, quando il contratto di lavoro non era ancora scaduto, e ha ritenuto sussistente il presupposto del requisito contributivo annuale ai fini della tutela contro la disoccupazione pretesa dalla lavoratrice, riconoscendo a tal fine utile la contribuzione figurativa per maternità.

3. Avverso tale sentenza ricorre l’INPS, con ricorso affidato ad un motivo; resiste con controricorso, C.S..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. L’INPS, deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, artt. 12 e 37 e del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 56 in riferimento al R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, art. 19 si duole che la Corte territoriale, ai fini della maturazione del diritto all’indennità di disoccupazione, abbia ritenuto perfezionato il requisito contributivo annuale sulla scorta del rilievo che il periodo di maternità, poi coperto da contribuzione figurativa, aveva interrotto un rapporto di lavoro in atto, sia pure, come nella specie, a tempo determinato e destinato a cessare due giorni dopo, trascurando di rilevare, invece, che il periodo di maternità si era protratto non in costanza di un rapporto di lavoro.

5. Assume l’Istituto pubblico di previdenza che il legislatore ha preso espressamente in considerazione, e disciplinato, l’incidenza dell’astensione obbligatoria dal lavoro, per maternità, ai fini del raggiungimento del requisito di un anno di contribuzione per conseguire l’indennità di disoccupazione, con disposizione inequivoca quanto alla necessità che l’interruzione sia racchiusa nell’ambito di un rapporto di lavoro in atto e che la contribuzione figurativa, correlata ai periodi di maternità, sia collocata all’interno di un rapporto di lavoro in atto e versata in costanza di rapporto di lavoro, proprio in considerazione della tassatività delle ipotesi di rilevanza della contribuzione figurativa medesima, in quanto espressione della partecipazione finanziaria dello Stato al sistema di sicurezza sociale.

6. Il ricorso è fondato.

7. Il thema decidendum concerne la computabilità, ai fini del raggiungimento del requisito di un anno di contribuzione (R.D.L. n. 636 del 1939, art. 19) necessario per conseguire l’indennità ordinaria di disoccupazione, dei contributi figurativi correlati all’astensione obbligatoria per maternità iniziata a due giorni dallo scadere di un rapporto di lavoro a tempo determinato e protrattasi, per il restante arco temporale, al di fuori di un rapporto di lavoro.

8. Ebbene, il Legislatore ha espressamente disciplinato l’incidenza dell’astensione obbligatoria dal lavoro per maternità ai fini del raggiungimento del requisito di un anno di contribuzione per la tutela contro la disoccupazione.

9. Nel caso in cui il periodo di astensione obbligatoria interrompa un rapporto di lavoro in atto, il R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 56, comma 1, lett. a) stabilisce che: “Dopo l’inizio dell’assicurazione sono computati utili a richiesta dell’assicurato i periodi di interruzione obbligatoria e facoltativa dal lavoro durante lo stato di gravidanza e di puerperio…” così richiamando espressamente “i periodi di interruzione dal lavoro” ed equiparando contribuzione figurativa ed effettiva ai fini non solo pensionistici ma anche della tutela contro la disoccupazione.

10. I periodi di astensione obbligatoria verificatisi al di fuori di un rapporto di lavoro in atto, e l’espressa non computabilità, ai fini della tutela contro la disoccupazione, sono stati disciplinati dal D.P.R. 26 aprile 1957, n. 818, art. 12 che posta la premessa secondo cui: “I periodi di interruzione obbligatoria del lavoro durante lo stato di gravidanza e puerperio…sono riconosciuti utili… agli effetti del diritto…alle indennità di disoccupazione”, al comma 3 pone la seguente condizione: “Il periodo di interruzione obbligatoria dal lavoro deve in ogni caso verificarsi nel corso di prestazione d’opera determinante l’obbligo dell’assicurazione per la quale il periodo stesso è riconosciuto ai sensi dei due precedenti commi”.

11. Il principio da trarre dal senso letterale delle riportate disposizioni, nel senso che i periodi corrispondenti a quelli per i quali sia prevista l’astensione obbligatoria dal lavoro in relazione all’evento maternità, ma che si collochino al di fuori del rapporto di lavoro, seppure riconosciuti come periodi contributivi attraverso la contribuzione figurativa (come previsto, nel tempo, dal D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 14, comma 3; poi, dal D.Lgs. n. 564 del 1996, art. 2, comma 4; infine, dal D.Lgs. n. 151 del 2001, art. 25, comma 2), non sono utili ai fini del riconoscimento del diritto all’indennità di disoccupazione, è in continuità con quanto già affermato da questa Corte, con la sentenza 29 agosto 2011, n.17757, la cui premessa generale, sulla tassatività della contribuzione figurativa, si reputa opportuno ribadire.

12. “I contributi figurativi sono espressione della partecipazione finanziaria dello Stato al sistema di sicurezza sociale: in presenza di particolari eventi che possono pregiudicare, per il lavoratore, il futuro godimento delle prestazioni previdenziali e che la legge, di volta in volta, qualifica come meritevoli di tutela attraverso l’intervento della solidarietà generale, il finanziamento pubblico si sostituisce (sotto forma, appunto, di contribuzione fittizia) alla contribuzione dei datori e dei prestatori di lavoro.

13. Peraltro, proprio perchè si tratta di interventi che vanno ad incidere sull’intera collettività, la legge stabilisce, in modo particolareggiato, le prestazioni che ne costituiscono oggetto e quali ne sono le modalità e i limiti.

14. Si tratta quindi, per ogni situazione regolamentata, di una disciplina speciale che non può essere “esportata” ad altre e diverse situazioni in nome di un “principio generale” di sistema che, per le considerazioni appena esposte, non ha ragion d’essere quando si tratti di sostituire all’apporto finanziario da parte delle categorie interessate quello dello Stato” (così Cass. 17757/2011 cit.).

15. Del pari va riaffermato, con il citato precedente del 2011, che l’ordinamento tutela, attraverso la contribuzione figurativa, i periodi di maternità verificatisi al di fuori del rapporto di lavoro, ma unicamente agli effetti dell’acquisizione del diritto a pensione e non ai (diversi) effetti della tutela contro la disoccupazione: il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503 (recante “Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici) che, appresta, per la prima volta, tale tutela, prevede, infatti, nell’art. 14 (comma 1) la facoltà di riscattare, a domanda, i “periodi corrispondenti a quelli di assenza facoltativa dal lavoro per gravidanza e puerperio” e l’art. 14 (comma 3), considera coperti da contribuzione figurativa i periodi per i quali sia prevista l’astensione obbligatoria dal lavoro per gravidanza e puerperio “ancorchè intervenuti al di fuori del rapporto di lavoro” e le successive disposizioni sostanzialmente recepite nel D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, art. 25, comma 2 che stabilisce, ancora una volta, che i periodi corrispondenti al congedo di maternità “…verificatisi al di fuori del rapporto di lavoro sono considerati utili ai fini pensionistici…”.

16. Il dato testuale delle richiamate disposizioni normative non lascia adito a dubbi quanto al riconoscimento, come contribuzione utile, dei periodi corrispondenti a quelli di astensione obbligatoria per maternità verificatisi al di fuori del rapporto di lavoro, unicamente a fini pensionistici e agli effetti del diritto a pensione.

17. La tassatività delle ipotesi di rilevanza della contribuzione figurativa implica, agli effetti della tutela contro la disoccupazione, che la contribuzione figurativa correlata a periodi di maternità attenga ad un rapporto di lavoro in atto e sia versata in costanza di rapporto di lavoro.

18. Non rileva, in senso contrario, che l’interruzione obbligatoria del rapporto di lavoro abbia avuto inizio due giorni prima della scadenza naturale del rapporto di lavoro a termine, perchè ciò che assume rilievo, ai fini del raggiungimento del requisito di un anno di contribuzione occorrente per il diritto all’indennità di disoccupazione, è che il periodo di interruzione sia racchiuso in un rapporto di lavoro in atto, come richiesto dal R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 56 che evoca “i periodi di interruzione obbligatoria e facoltativa dal lavoro durante lo stato di gravidanza e puerperio”.

19. In conclusione, all’accoglimento del ricorso segue la cassazione della sentenza impugnata e la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, è decisa direttamente nel merito da questa Corte (ai sensi dell’art. 384 c.p.c.) con il rigetto della domanda di C.S..

20. La particolarità della questione, sulla quale non constano numerosi precedenti di questa Corte, consiglia la compensazione tra le parti delle spese dell’intero processo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda; spese compensate fra le parti dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2017

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