Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30425 del 21/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 21/11/2019, (ud. 26/09/2019, dep. 21/11/2019), n.30425

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29646-2014 proposto da:

R.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ORAZIO 3, presso

lo studio dell’avvocato ROBERTO FACCINI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato CARLA ARDOINO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI

PORTOGHESI N. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 468/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 12/06/2014 R.G.N. 1003/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza;

del 26/09/2019 dal Consigliere Dott. TORRICE AMELIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO ALESSANDRO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ROBERTO FACCINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. R.G., con ricorso proposto in data 15.5.2012 ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2006, art. 38, aveva convenuto in giudizio l’Agenzia delle Entrate per l’accertamento della sussistenza in suo danno di una discriminazione indiretta di genere Il D.Lgs. n. 198 del 2006, ex art. 25. Tanto sull’assunto che, nell’ambito della procedura concorsuale di sviluppo economico alla quale aveva partecipato, l’esperienza di servizio era stata valutata in modo deteriore per i lavoratori che, come lei, lavoravano in regime di tempo parziale rispetto ai lavoratori a tempo pieno.

2. La lavoratrice aveva, inoltre, domandato: che si ordinasse all’Agenzia di cessare immediatamente il comportamento discriminatorio, di riconoscerle il superiore punteggio (37,76) che le sarebbe spettato, di dichiararla vincitrice della procedura selettiva per la progressione economica da F2 a F3 e di pagare le differenze retributive correlate alla posizione economica superiore; che fosse adottata “ogni ulteriore statuizione ritenuta opportuna per la rimozione della denunciata condotta”; che fosse disposta la pubblicazione integrale del provvedimento giudiziale.

3. Il Tribunale accertò la discriminazione di genere, ordinò alla Agenzia delle Entrate di cessare immediatamente la condotta discriminatoria e di riconoscere alla R. il punteggio per l’esperienza di servizio che sarebbe spettato senza l’abbattimento di punti percentuale parametrato al part-time e ordinò pubblicazione della sentenza.

4. Adita dall’Agenzia delle Entrate, la Corte di Appello di Torino ha rimesso le parti davanti al Tribunale di Torino per l’integrazione del contraddittorio nei confronti del concorrente C.M. ed ha condannato la R. al pagamento delle spese del giudizio di primo e di secondo grado.

5. La Corte territoriale ha ritenuto che pur non essendo stato richiesto l’annullamento della graduatoria nondimeno la domanda volta al riconoscimento del maggiore punteggio richiesto comportava nei fatti la modifica della graduatoria, con scorrimento verso l’alto della posizione della R. e verso il basso dei concorrenti che la precedevano. Ha aggiunto che tanto incideva inevitabilmente e decisivamente sulla posizione del concorrente C. che, ultimo dei vincitori, per effetto del riposizionamento della R. sarebbe stato escluso dal novero dei vincitori, e che, pertanto, doveva considerarsi litisconsorte necessario.

6. Avverso questa sentenza R.G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi al quale ha resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Sintesi dei motivi.

7. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 102 c.p.c..

8. Precisa che la controversia non ha ad oggetto l’impugnazione del bando di concorso o della graduatoria con “conseguente emersione di soggetti controinteressati” ma in via esclusiva ed immediata la richiesta di accertamento di una condotta datoriale discriminatoria della quale è stata pretesa la cessazione e la rimozione degli effetti.

9. Assume che la P.A. bene avrebbe potuto non “scalzare” dalla graduatoria i lavoratori già ammessi ma modificare quest’ultima con inserimenti “a pettine” incrementando la lista degli ammessi ovvero porre in essere qualsiasi altra condotta volta alla eliminazione della discriminazione, salvo imputare i maggiori costi derivanti dall’esecuzione della sentenza ai dirigenti che avevano adottato i provvedimenti illegittimi.

10. Richiamato il contenuto delle disposizioni contente nel D.Lgs. n. 198 del 2006, artt. 37 e 38, sostiene che nell’ambito della speciale procedura a tutela del diritto a non subire discriminazioni di genere non trova applicazione l’art. 102 c.p.c., in quanto “risulta impossibile citare ipotetici terzi soggetti controinteressati in una procedura che non identifica neanche i legittimati attivi”.

11. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c.. Asserisce che la Corte territoriale nel rimettere la causa innanzi al giudice di primo grado non avrebbe potuto condannare essa appellata al pagamento delle spese del giudizio di primo grado.

Esame dei motivi.

12. Il primo motivo è infondato.

13. L’esame delle disposizioni di natura processuale contenute nel D.Lgs. n. 11 aprile 2006, n. 198 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna), nella formulazione applicabile “ratione temporis”, ha rilievo centrale nella soluzione della questione della applicabilità dell’4rt. 102 c.p.c. nei giudizi promossi ai sensi dell’art. 38 del Codice, applicabilità affermata dalla sentenza impugnata e contestata dalla ricorrente.

14. E’ innegabile che le disposizioni in tema “di giustiziabilità contenute nel Codice mirano ad assicurare l’efficace e concreta attuazione del principio di parità di trattamento e di opportunità tra donne ed uomini in campo politico, economico, sociale, culturale e civile o in ogni altro campo, compresi quelli dell’occupazione, del lavoro e della retribuzione (art. 1).

15. In questa prospettiva il Codice, nei giudizi relativi alle discriminazioni commesse nell’accesso al lavoro, nella promozione e nella formazione professionale, nelle condizioni di lavoro compresa la retribuzione, nonchè in relazione alle forme pensionistiche complementari collettive di cui al D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, nella avvertita esigenza di rassicurare la parte sulla volontà di proporre l’azione, ha riconosciuto la legittimazione ad agire in giudizio, in nome e per conto o a sostegno (art. 36 comma 2) del soggetto passivo della discriminazione alla consigliera o al consigliere di parità provinciale o regionale territorialmente, alle organizzazioni sindacali, alle associazioni e alle organizzazioni rappresentative del diritto o dell’interesse leso (art. 38 comma 1).

16. Il Codice ha, inoltre, attribuito agli enti di “rappresentanza” la legittimazione ad agire in proprio nei casi di azioni collettive anche “quando non siano individuabili in modo immediato e diretto le lavoratrici o i lavoratori lesi dalle discriminazioni” (art. 37).

17. La medesima “ratio” di effettività della tutela ispira le disposizioni che impongono tempi particolarmente stringenti per l’intervento del giudice e per l’adozione dei provvedimenti mirati alla cessazione del comportamento discriminatorio e alla rimozione dei suoi effetti (art. 38, commi 1 e 3), che attribuiscono carattere irrevocabile ai provvedimenti adottati sino alla sentenza con cui il giudice definisce il giudizio instaurato (art. 38, comma 2), che onerano il convenuto dell’onere di provare l’insussistenza della discriminazione nei casi in cui il ricorrente abbia fornito elementi di fatto” desunti anche da dati di carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi retributivi, all’assegnazione di mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera ed ai licenziamenti, idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell’esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso” (art. 40).

18. Tanto precisato, deve escludersi che le esigenze di tutela effettiva del diritto di parità di trattamento e di pari opportunità tra uomo e donna nel campo dell’occupazione, del lavoro, della retribuzione e previdenziale possano avere influenza sulle regole generali del processo e, in particolare, sulla regola della integrità del contraddittorio.

19. L’art. 102 c.p.c. dispone che “Se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo” (comma 1) e prevede che “Se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio in un termine perentorio (comma 2). Diversamente da quanto prospetta la ricorrente l’applicazione dell’art. 112 c.p.c. non può considerarsi una inutile complicazione ed un ostacolo alla “celerità” della definizione del giudizio promosso ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2006, art. 38 ove si consideri che il processo oltrechè che essere definito in tempi ragionevoli e idonei ad assicurare la effettività dei diritti azionati (art. 111 Cost., comma 2) deve essere anche “giusto” (art. 111 Cost., comma 1) e per questo vi devono partecipare tutti i soggetti interessati alla decisione.

20. Nella fattispecie in esame l’invocata attribuzione alla ricorrente di un punteggio superiore a quello attribuito e la nomina della medesima quale vincitrice della prova concorsuale incidono inevitabilmente e direttamente, in concreto, sulla posizione degli altri lavoratori che hanno partecipato alla medesima procedura concorsuale, ai quali non poteva e non può essere negato il diritto di partecipare al giudizio instaurato dalla ricorrente.

21. Va considerato che il litisconsorzio e correlativamente l’ampiezza del contraddittorio si misurano nel concreto con riguardo alle domande proposte e agli effetti che l’eventuale accoglimento delle domande produce nella sfera di altri soggetti coinvolti, con la conseguenza che questi dovranno necessariamente partecipare al processo ogni volta che la pronuncia domandata abbia effetti sulla posizione giuridica di questi ultimi e ciò anche nell’interesse della parte attrice ad ottenere una pronuncia utiliter data, ovverosia tale da poter essere efficacemente opposta a tutti coloro cui la vicenda giuridica è inscindibilmente comune.

22. Su tali basilari presupposti di qualunque processo civile questa Corte ha affermato, in materia di selezioni concorsuali, che allorquando, come nella fattispecie, l’attore chieda la riformulazione della graduatoria al fine di conseguire una determinata utilità (promozioni, livelli retributivi, trasferimenti, assegnazioni di sede ecc.), il giudizio deve svolgersi in contraddittorio degli altri partecipanti al concorso coinvolti dai necessari raffronti, e, pertanto, il giudice deve ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i controinteressati, che va esclusa solo qualora la domanda sia limitata al risarcimento del danno o a pretese compatibili con i risultati della selezione (Cass. 28766/2018, 988/2017, 15981/2016, 13968/2010, 15912/2009, 14914/2008).

23. La domanda della odierna ricorrente, come evidenziato nei punti nn. 1 e 2 di questa sentenza, era finanziata ad ottenere il riconoscimento di un maggiore punteggio in virtù della rivalutazione dell’esperienza lavorativa prestata in regime di lavoro a tempo parziale e la conseguente nomina quale vincitrice della procedura concorsuale.

24. Non può pertanto essere negata la configurabilità di un rapporto sostanziale plurisoggettivo, comportando l’accoglimento della domanda la produzione di effetti, in via diretta e immediata, nella sfera giuridica di soggetti diversi, dalla Corte territoriale individuato nel concorrente C., perchè per effetto del riposizionamento più favorevole della odierna ricorrente potrebbero essere superati da questa ultima nella posizione in graduatoria.

25. Infine, deve osservarsi che la necessaria partecipazione al giudizio di altri concorrenti non può ritenersi esclusa in ragione della possibilità di incremento del numero delle posizioni economiche messe a concorso, dovendo aversi riguardo alla procedura selettiva oggetto del giudizio, frutto di scelte della datrice di lavoro a monte della sua attivazione in relazione alle esigenze organizzative e a vincoli di spesa e di bilancio.

26. Il secondo motivo è infondato.

27. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa S.C. il giudice di appello, nell’ipotesi che annulli – come nella fattispecie – la sentenza impugnata per difetto di contraddittorio ai sensi dell’art. 354 c.p.c., non può non sottrarsi l’obbligo di provvedere in ordine alle spese del processo di appello, costituente un punto specifico della domanda. Peraltro, lo stesso giudice, qualora ritenga di avere sufficienti elementi per stabilire a quali delle parti debba essere attribuita l’irregolarità che ha dato luogo alla rimessione della causa al primo giudice, può provvedere anche sulle spese del giudizio di primo grado, senza necessità di rimettere la relativa decisione al giudice nuovamente investito della causa (Cass. 2555/2014, 14442/2012, 28935/2011, 16765/2010, 6762/2003, 11168/2000, 11441/1998).

28. Sulla scorta delle considerazioni svolte il ricorso va rigettato.

29. Le spese del giudizio di legittimità vanno compensate avuto riguardo all’esito alterno dei giudizi di merito.

30. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte:

Rigetta il ricorso.

Dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2019

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