Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30425 del 19/12/2017


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Civile Sent. Sez. L Num. 30425 Anno 2017
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: DE FELICE ALFONSINA

SENTENZA

sul ricorso 19865-2016 proposto da:
SANSONE PIETRO, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR
presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
DOMENICO CAROZZA, giusta delega in atti;
– ricorrente 2017
3413

contro

COMUNE DI ALIFE, in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, CIRCONVALLAZIONE
CLODIA, 120, presso lo studio dell’avvocato FABIO
VETRELLA, rappresentato e difeso dall’avvocato ENEA

Data pubblicazione: 19/12/2017

PIGRINI, giusta delega in atti;
– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 4630/2016 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 05/07/2016 R.G.N.
2543/2015;

udienza del 12/09/2017 dal Consigliere Dott.
ALFONSINA DE FELICE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per inammissibilità del ricorso, in subordine
rigetto;
udito l’Avvocato DOMENICO CAROZZA;
udito l’Avvocato ENEA PIGRINI.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

R.G. 19865/2016

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza in data 5/07/2016, in riforma della
decisione del Tribunale di S. Maria Capua Vetere n.2459/2015, ha dichiarato

confronti di Pietro Sansone, responsabile dell’Ufficio Finanziario dello stesso
Comune, per la sistematica attività di appropriazione di somme di denaro, da
parte di questi, per una cifra superiore ai 300.000 euro.
La sentenza d’Appello ha accertato l’esistenza in capo all’Ente del potere di
riaprire un procedimento disciplinare già in essere, sospeso in attesa della
pronuncia in sede penale, al verificarsi di nuovi comprovati fatti. La Corte ha
ritenuto che qualora emergano nuovi elementi, l’Amministrazione ben può
portare a termine l’azione disciplinare ‘senza dover attendere la completa
definizione del processo penale, stante la completa autonomia dei due giudizi
affermata dalla I. n.165/2001, così come modificata dal d.lgs. n.150/2009, che
ha introdotto l’art. 55 ter, rubricato: “Rapporti fra procedimento disciplinare e
procedimento penale”. Ha rilevato la Corte territoriale, che la norma pone in
capo all’amministrazione, nei casi di maggiore gravità di cui all’art. 55

bis,

co.1, due possibilità: proseguire autonomamente l’azione disciplinare a
prescindere dall’esito di quella penale, o sospendere il suo giudizio in attesa
dell’esito del giudizio penale. La decisione dà per acquisito, dunque, in una con
la pronuncia del giudice di prime cure, che “quella controversa (17/2/2012),
non sia una nuova contestazione rispetto all’originaria (14/10/2010), bensì una
riattivazione della prima, per il sopraggiungere di nuovi elementi di prova,
sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione più grave del licenziamento.
La conclusione del procedimento si giustifica per la. perdurante esigenza del
Comune di Alife di porre fine a un rapporto di lavoro il cui nesso fiduciario era
venuto definitivamente meno per i rilevanti danni che il Sansone aveva causato
negli anni. La motivazione della Corte d’Appello regge pertanto sulla
valorizzazione del carattere autonomo dei due procedimenti – penale e
disciplinare – introdotto con l’art. 55 ter, citato.

legittimo il licenziamento disciplinare inflitto dal Comune di Alife (Ce) nei

Avverso tale decisione interpone ricorso in Cassazione Pietro Sansone con tre
censure, cui resiste con tempestivo controricorso il Comune di Alife, che
propone altresì ricorso incidentale condizionato.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il PG ha concluso per l’inammissibilità o in subordine per il rigetto del ricorso

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Nella prima censura la parte ricorrente deduce violazione e falsa
applicazione degli artt. 434 e 112 cod. proc. civ., là dove la Corte d’Appello,
rigettando l’eccezione d’inammissibilità del ricorso formulata dall’appellato al
solo scopo di giungere a conclusioni opposte a quelle cui era giunto il
Tribunale, ha fondato la sua decisione su argomenti e fatti nuovi rispetto a
quelli presi in esame dal primo giudice, formulando il proprio diverso
convincimento in base ad argomenti non sollevati dall’appellante.
La sentenza, pertanto, si sarebbe pronunciata su una causa petendi del
tutto diversa da quella oggetto di contraddittorio in appello, e, pertanto,
sarebbe affetta da vizio di ultrapetizione.

2. Nella seconda censura si contesta violazione e falsa applicazione dell’art.
55 ter, d.lgs. n.165/2001, e dell’art.12 delle disposizioni sulla legge in
generale.
La Corte d’Appello avrebbe acceduto a un’interpretazione erronea dell’art.

principale, e per l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

55 ter del d.lgs. n.165/2001, attribuendo valore interruttivo della sospensione
non già a elementi emersi dal giudicato penale, come prevede la norma, ma al
sopravvenire di prove ultronee, scaturite da accertamenti estranei all’esito del
processo

penale.

4, 1

3. Nella terza censura la parte ricorrente prospetta una violazione e falsa
applicazione degli artt. 2119 cod. civ.; 5 I. n.66/604; 115 e 116 cod. proc.
civ.; 2016 cod. civ. e 55, co.2, d.lgs. n.165/2001, con riferimento all’art. 3,

2

‘5\

co.6, lett. c, d, i, co.7, lett. e, i, j, co.8, lett. f, del c.c.n.l. comparto Regione e
autonomie locali dell’11/04/2008.
Il focus della doglianza è posto sull’assenza di proporzionalità tra addebiti e
sanzione irrogata, ai sensi delle disposizioni in materia contenute nel contratto
collettivo nazionale di comparto. In particolare, secondo il ricorrente, nel
verificare l’adeguatezza della sanzione espulsiva sotto il profilo della

pagamento richiamati nella contestazione abbiano realizzato solo mere
irregolarità o veri e propri illeciti disciplinari.

4. Quanto al Ricorso incidentale condizionato, il Comune di Alife deduce la
totale diversità degli addebiti contenuti nelle due contestazioni: la prima del
2010, sospesa nell’attea dell’esito del giudizio penale non ancora conclusosi, e
la seconda del 2012, non sospesa per una diversa valutazione dell’U.D.P.
concernente la sussistenza di fatti gravissimi, più che sufficienti per condurre
legittimamente a termine il procedimento disciplinare con l’irrogazione della
sanzione espulsiva. Il Comune resistente domanda che sia dichiarata erronea
la statuizione della Corte territoriale per la quale la seconda contestazione
costituiva una riapertura del vecchio procedimento, sospeso per il
sopraggiungere di nuove prove a carico di Pietro Sansone, in violazione del
disposto dell’art. 55 ter. Il Comune avrebbe agito legittimamente, attivando un
nuovo procedimento disciplinare, in seguito all’accertamento della commissione
di nuove infrazioni in capo al dipendente, diverse da quelle oggetto della prima
contestazione, sebbene integranti la medesima fattispecie illecita penalmente
rilevante.

Il ricorso principale è inammissibile per violazione dell’art. 366, co.1, n.3
cod. proc. civ.

Esso si sostanzia essenzialmente nelle allegazioni degli atti del primo grado
del giudizio di merito, e contiene una confusa e rapsodica esposizione dei fatti,
rappresentata da chiose ad atti e documenti processuali integralmente

3

proporzionalità, il Giudice dell’appello non avrebbe chiarito se i mandati di

riprodotti, secondo la pratica dell’assemblaggio censurata da un costante e
radicato orientamento di questa Corte (Cass. Sez Un. n.16228/2009; Cass. Sez
Un. n.5698/2012).
Il ripudio dei ricorsi tramite “spillatura” o, in ogni caso, assemblati, trova il
suo fondamento nell’art. 366, co.1, cod. proc. civ., il quale, trattando dei
requisiti di forma e di sostanza del ricorso prevede al n.3 che lo stesso debba

causa”, così come riferiti sia alle reciproche pretese delle parti (fatto
sostanziale) che a quanto accaduto nel corso del giudizio (fatto processuale), e
che l’esposizione sommaria debba rispondere ai requisiti di chiarezza e
completezza. Questa ha la funzione di rendere alla Corte di Cassazione il fatto
sostanziale “nella sua immediatezza”, e di fare acquisire al giudice di legittimità
l’indispensabile conoscenza, pur sommaria, del processo per poter esaminare
in motivi di ricorso avendo avuto un senso compiuto del suo svolgimento nei
gradi di merito.
Ora, la prescrizione di cui all’art. 366, co.1, n.3 cod. proc. civ., secondo la
quale il ricorso per cassazione deve contenere a pena d’inammissibilità
l’esposizione sommaria dei fatti di causa “…non può ritenersi osservata quando
il ricorrente non riproduca alcuna narrativa della vicenda processuale, né
accenni all’oggetto della pretesa, limitandosi ad allegare mediante “spillatura”
o assemblaggio, l’intero ricorso di primo grado ed il testo- integrale di tutti gli
atti successivi, rendendo particolarmente indaginosa l’individuazione della
materia del contendere e contravvenendo allo scopo della disposizione,
preordinata ad agevolare la comprensione dell’oggetto della pretesa e del
tenore della sentenza impugnata in immediato coordinamento con i motivi di
censura” (Cass. n.16628/2009, e, da ultimo Cass. n. 18962/2017).

Non vi è dubbio che una “tecnica espositiva” quale quella prescelta
dall’attuale ricorrente, che impropriamente investe questa Corte della ricerca e
della selezione dei fatti (anche processuali) rilevanti ai fini della decisione,
contravviene ai dichiarati intenti dell’art. 366, co.1, n.3, del codice di rito.

4

contenere, a pena d’inammissibilità, “l’esposizione sommaria dei fatti di

Il ricorso principale, pertanto, è rigettato. Il ricorso incidentale condizionato
è assorbito. Le spese seguono la soccombenza.
In relazione alla data di proposizione del ricorso per cassazione (successiva
al 30/1/2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, co. 1 quater d.P.R.
n.115/2002 (nel testo introdotto dall’art. 1, co.17, I. n.228/2012).

ir; 9,‘Cel”(< a d' ovee'c -t 31 a Corte rigetta il ricorsOVe condanna il ricorrente/al pagamen o /2tí., p confronti del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi, in Euro 4.000 per competenze professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge. Dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n.115/2002 (nel testo introdotto dall'art. 1, co.17, I. n.228/2012), dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. Così deciso nell'Udienza del 12/9/2017 P.Q.M.

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