Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30420 del 21/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 21/11/2019, (ud. 18/09/2019, dep. 21/11/2019), n.30420

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11989-2014 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VIGLIENA 10,

presso lo studio dell’avvocato SIMONETTA SCALISE, rappresentato e

difeso dall’avvocato PAOLA VALZANO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, ESTER ADA SCIPLINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1148/2013 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 06/05/2013 R.G.N. 3618/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/09/2019 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO PAOLA, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato LELIO MARITATO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Lecce ha confermato la sentenza del Tribunale di rigetto dell’opposizione di F.A. avverso il verbale ispettivo con il quale gli era stato contestato di aver esercitato attività di procacciatore di affari dal novembre 2001 in favore di diverse aziende senza aver versato al fondo commercianti i contributi pari ad Euro 12.766,00.

La Corte ha ritenuto in primo luogo infondata la dedotta nullità della sentenza di primo grado in quanto asseritamente depositata il giorno dopo. A riguardo la Corte ha riferito che la sentenza, emessa ex art. 281 sexies c.p.c., era allegata al verbale di udienza e per tale ragione non recava alcuna data di deposito e che la circostanza del deposito il giorno dopo avrebbe dovuto essere oggetto di querela di falso.

Quanto alla mancata iscrizione del F. nell’elenco degli esercenti attività commerciale ha rilevato che tale iscrizione non aveva valore costitutivo, costituendo solo fonte di una presunzione di esplicazione di attività continuativa.

Ha affermato, inoltre, che la qualificazione di rapporto di agenzia operata dal primo giudice, sebbene il verbale ispettivo qualificasse il rapporto di procacciatore d’affari, non costituiva mutamento d’ufficio della causa petendi.

Ha rilevato, infatti,che l’attività lavorativa,di promozione degli affari oggetto di imposizione contributiva era la stessa nell’agenzia e nell’attività di procacciatore ed era tale attività a costituire presupposto di insorgenza dell’obbligazione contributiva mentre le modalità di espletamento dell’incarico, quale agente o procacciatore, erano irrilevanti ai fini dell’obbligo di iscrizione al fondo commercianti, allorchè detta attività venga svolta con continuità e sia fonte di reddito. Infine ha rilevato che la pretesa contributiva rimaneva identica sia che si trattasse di agenzia sia di procacciatore d’affari.

2. Avverso la sentenza ricorre il F.. Resiste l’Inps.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 281 bis c.p.c. nella parte in cui la Corte aveva escluso la nullità della sentenza per omessa attestazione del cancelliere della data di deposito della sentenza e nella parte in cui la Corte ritiene che il verbale d’udienza cui è allegata la sentenza attesti il deposito della sentenza alla data di redazione del verbale.

Rileva che la data di deposito è diversa da quella di pubblicazione che la cancelleria deve apporre, dando notizia alle parti costituite (in quanto la presunzione di conoscenza era applicabile alle sole ordinanze e non alle sentenze).

4. Con il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 1742 e 2222 c.c., del D.Lgs. n. 124 del 2004, della L. n. 683 del 1983, art. 13 di conv. D.L. n. 463 del 1983, L. n. 683 del 1983, art. 3, lett. B), comma 10, della L. n. 689 del 1981, art. 14 del combinato disposto della L. n. 1397 del 1960, art. 1 e della L. n. 613 del 1966, art. 1, della L. n. 160 del 1975 e succ. modifiche, art. 29, dell’art. 112 c.p.c..

Osserva che l’accertamento di un’attività lavorativa come agente di commercio invece che come procacciatore costituiva mutamento della causa petendi; che il giudice non avrebbe potuto sostituirsi agli ispettori dell’Inps e discostarsi da quanto accertato dagli stessi, con la conseguenza che avrebbe dovuto dichiarare illegittimo l’accertamento ispettivo. Deduce che il F. non era iscritto in alcun elenco nominativo degli esercenti attività commerciali e, pertanto, non era tenuto ad alcun pagamento dei contributi relativi.

5. Il ricorso è infondato.

Per quanto attiene al primo motivo,va esclusa la sussistenza di un’ipotesi di nullità che avrebbe imposto alla Corte d’appello la rimessione al primo giudice, in quanto gli artt. 353 e 354 c.p.c. individuano tali ipotesi di rimessione al primo giudice e tra queste non vi è la mancata indicazione della data di deposito della sentenza. Va rilevato, inoltre, che la sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., integralmente letta in udienza e sottoscritta dal giudice con la sottoscrizione del verbale che la contiene, deve ritenersi pubblicata e non può essere dichiarata nulla nel caso in cui il cancelliere non abbia dato atto del deposito in cancelleria e non vi abbia apposto la data e la firma immediatamente dopo l’udienza. Questa Corte ha precisato, infatti, a riguardo (cfr Cass. 22519/2018) che “la previsione normativa dell’immediato deposito in cancelleria del provvedimento è finalizzata a consentire, da un lato, al cancelliere il suo inserimento nell’elenco cronologico delle sentenze, con l’attribuzione del relativo numero identificativo, e, dall’altro, alle parti di chiederne il rilascio di copia, eventualmente, in forma esecutiva”.

6. Quanto agli altri motivi di censura va rilevato che ciò di cui si discute, nella fattispecie, è l’obbligo del ricorrente di iscriversi alla gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali e pagare i relativi contributi pretesi dall’Istituto in quanto,come affermato dalla Corte d’appello, il procacciatore d’affari,come l’agente, ben può assumere la qualifica di imprenditore commerciale quando detta attività venga svolta in via continuativa e sia fonte di reddito, vi sia cioè l’esercizio continuativo, prevalente ed abituale di attività commerciale. Nella specie, come accertato dagli ispettori con il verbale ispettivo del 11/12/2006, il F. esercita attività commerciale con occupazione prevalente e abituale e tale circostanza neppure viene contestata dal ricorrente, che formula censure relativi alla natura di agente o di procacciatore d’affari, senza invece proporre censure circa lo svolgimento di attività commerciale o la sussistenza delle caratteristiche perchè sussista l’obbligo di iscrizione al fondo esercenti attività commerciale presso l’Inps ed a pagare i relativi contributi.

7. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna a pagare le spese processuali. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge nonchè Euro 200,00 per esborsi. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2019

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