Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3042 del 11/02/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 3042 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BANDINI GIANFRANCO

SENTENZA

sul ricorso 26420-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante

21.2

tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILL LUIGI,chu ln
rappresenta e difende gíuta delega in atti;
– ricorrente –

2014
contro

70

CATANIA

MARIA

C.F.

CTNMRA56B46D960D,

PICARAZZI

FILIPPO, LO PRESTI GIOVANNA C.E. LPRGNN54E49H163H,
COSENTINO PATRIZIA C.F. CSNPRZ66C46F206F, SCUDERI

Data pubblicazione: 11/02/2014

AGATA C.F. SCDGTA69M49C351S, GRASSO CARMELO, VINDIGNI
MARIA;
– intimati –

Nonché da:
CATANIA MARIA C.F.

CTNMRA56B46D960D,

LO PRESTI

C.F. CSNPRZ66C46F206F, SCUDERI AGATA C.F.
SCDGTA69M49C351S, tutti elettivamente domiciliate in
ROMA, VIA PANAMA 74, presso lo studio dell’avvocato
IACOBELLI GIANNI EMILIO, che le rappresenta e difende,
giusta delega in atti;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali contro

POSTE

ITALIANE

S.P.A.

C.F.

97103880585,

GRASSO

CARMELO, VINDIGNI MARIA, PICARAllI FILIPPO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 5210/2007 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 08/11/2007 R.G.N. 8603/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

09/01/2014

dal

Consigliere

Dott.

GIANFRANCO BANDINI;
udito l’Avvocato MICELI MARIO per delega FIORILLO
LUIGI;
udito l’Avvocato IACOBELLI GIANNI EMILIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SERE, che ha concluso per

GIOVANNA C.F. LPRGNN54E49H163H, COSENTINO PATRIZIA

l’inammissibilità per i conciliati, rigetto per
restanti, in subordine accoglimento per quanto di

ragione.

Con sentenza del 27.6-8.11.2007 la Corte d’Appello di Roma, in
riforma della pronuncia di prime cure, dichiarò, per quanto qui ancora
rileva, la nullità del termine apposto ai contratti conclusi con la Poste
Italiane spa da Catania Maria, Picarazzi Filippo, Lo Presti Giovanna,
Cosentino Patrizia, Scuderi Agata, Grasso Carmelo e Vindigni Maria,
dichiarando che, dall’inizio dei rispettivi contratti, sussistevano fra le
parti dei rapporti di lavoro subordinato ancora in atto; condannò la
parte datoriale al pagamento di un importo pari alle retribuzioni
maturate a far tempo dalla costituzione in mora (12.5.2003), nei limiti
del triennio decorrente dalla cessazione di fatto dei rapporto di
lavoro, in favore di Catania Maria, Lo Presti Giovanna, Grasso
Carmelo, Cosentino Patrizia e Scuderi Agata; rigettò invece la
domanda risarcitoria proposta da Picarazzi Filippo e Vindigni Maria
in quanto, per costoro, alla data di costituzione in mora il triennio
decorrente dalla data di cessazione del rapporto era già interamente
decorso.
Avverso la suddetta sentenza della Corte territoriale, la Poste
Italiane spa ha proposto, nei confronti di Catania Maria, Picarazzi
Filippo, Lo Presti Giovanna, Cosentino Patrizia, Scuderi Agata,
Grasso Carmelo e Vindigni Maria, ricorso per cassazione fondato su
tre motivi.

3

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Agata hanno resistito con controricorso, illustrato con memoria,
proponendo ricorso incidentale fondato su un motivo.
Gli intimati Picarazzi Filippo, Grasso Carmelo e Vindigni Maria non
hanno svolto attività difensiva.
In corso di causa sono stati depositati due verbali di conciliazione in
sede sindacale relativi alle posizioni di Grasso Carmelo e Vindigni
Maria.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. I ricorsi vanno riuniti, siccome proposti avverso la medesima
sentenza (art. 335 cpc).
Dai ricordati verbali di conciliazione, debitamente sottoscritti dai
lavoratori interessati e dal rappresentante della Poste Italiane spa,
risulta che le parti hanno raggiunto un accordo transattivo
concernente la controversia de qua, dandosi atto dell’intervenuta
amichevole e definitiva conciliazione a tutti gli effetti di legge e
dichiarando che, in caso di fasi giudiziali ancora aperte, le stesse
sarebbero state definite in coerenza con il verbale stesso.
Ad avviso del Collegio i suddetti verbali di conciliazione si
appalesano idonei a dimostrare l’intervenuta cessazione della
materia del contendere nel giudizio di cassazione ed il conseguente
sopravvenuto difetto di interesse delle parti a proseguire il processo.

4

Catania Maria, Lo Presti Giovanna, Cosentino Patrizia e Scuderi

declaratoria di inammissibilità del ricorso, in quanto l’interesse ad
agire (e, quindi, anche ad impugnare), deve sussistere non solo nel
momento in cui è proposta l’azione o l’impugnazione, ma anche nel
momento della decisione in relazione alla quale, ed in
considerazione della domanda originariamente formulata, va valutata
la sussistenza di tale interesse (cfr, Cass., SU, n. 25278/2006).
2. Quanto segue riguarda quindi soltanto le posizioni degli intimati
per i quali non sia intervenuta conciliazione.
I contratti in relazione ai quali è stata ritenuta l’illegittimità
dell’apposizione del termine sono stati tutti stipulati, dopo il 30 aprile
1998, a norma dell’art. 8 del CCNL 26 novembre 1994 ed in
particolare in base alla previsione dell’accordo integrativo del 25
settembre 1997, che prevede, quale ipotesi legittimante la
stipulazione di contratti a termine, la presenza di

esigenze

eccezionali, conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione
degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale
introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi
servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo
equilibrio sul territorio delle risorse umane.

La Corte territoriale ha attribuito rilievo decisivo al fatto che, avendo
le parti collettive raggiunto un’intesa originariamente priva di termine,
le stesse avevano stipulato accordi attuativi che avevano fissato un

Alla cessazione della materia del contendere consegue la

termine, limite fissato al 30 aprile 1998; i contratti conclusi fino al
dicembre 2000, stipulati in epoca successiva al suddetto termine,
erano quindi illegittimi in quanto privi del supporto derogatorio.
L’impostazione seguita dalla Corte territoriale è stata ampiamente
censurata dalla Società ricorrente con i primi due mezzi, da
esaminarsi congiuntamente siccome fra loro connessi; la ricorrente
contesta, in particolare, l’interpretazione data dalla Corte di merito al
citato accordo integrativo del 25 settembre 1997 ed agli accordi dalla
stessa definiti come attuativi; deduce in particolare che questi ultimi
accordi avevano natura meramente ricognitiva.
2.1 Osserva il Collegio che le considerazioni della Corte territoriale –

in base all’indirizzo ormai consolidato in materia dettato dalla
giurisprudenza di legittimità (con riferimento al sistema vigente
anteriormente al CCNL del 2001 ed al dl.vo n. 368/01) – sono
sufficienti a sostenere sul punto l’impugnata decisione.
Al riguardo, sulla scia di Cass., SU, n. 4588/2006, è stato precisato
che l’attribuzione alla contrattazione collettiva, ex art. 23 legge n.
56/87, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine
rispetto a quelli previsti dalla legge n. 230/62, discende dall’intento
del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali
sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i
lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite
6

limite temporale alla possibilità di procedere con assunzioni a

della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere

prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche
di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a
condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di
fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al
datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato (cfr,
ex plurimis, Cass., nn. 21063/2008; n. 9245/2006; 4862/2005;

14011/2004); ne risulta, quindi, una sorta di delega in bianco a
favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari,
non essendo questi vincolati alla individuazione di ipotesi comunque
omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul
medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi
nel sistema da questa delineato (cfr,

ex plurimis, Cass., nn.

21062/2008; 18378/2006).
In tale quadro, ove però, come nel caso di specie, un limite
temporale sia stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi
integrativi del contratto collettivo) la sua inosservanza determina la
nullità della clausola di apposizione del termine (cfr, ex plurimis,
Cass., nn. 18383/2006; 7745/2005; 2866/2004).
In particolare, quindi, come questa Corte ha costantemente
affermato e come va anche qui ribadito, in materia di assunzioni a
termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25
7

a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e

settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del CCNL 26 novembre 1994,

e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio
1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della
situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica
dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e
rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino
alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la
legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998,
per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore
conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo
indeterminato, in forza dell’art. 1 legge n. 230/62 (cfr, ex plurimis,
Cass., nn. 20608/2007; 28450/2008; 21062/2008; 7979/2008;
18378/2006).
In base a tale orientamento consolidato ed al valore dei relativi
precedenti, pur riguardanti la interpretazione di norme collettive (cfr,
ex plurimis, Cass., nn. 6703/2007; 15969/2005), i motivi all’esame
vanno quindi respinti.
3.

Con il terzo motivo la ricorrente principale censura le statuizioni

risarcitorie sotto due profili:

le retribuzioni sarebbero dovute soltanto dalla data di

riammissione in servizio, salva la costituzione in mora del datore di
lavoro, e la Corte d’Appello non aveva svolto alcun tipo di verifica sul
punto;
8

..

-

il risarcimento avrebbe dovuto essere determinato anche

genericamente deducibile dalla parte datoriale.
Entrambi i profili (e quindi il motivo nella sua totalità) sono
inammissibili:

il primo sia perché, in violazione del principio di autosufficienza

del ricorso per cassazione, non è stato riprodotto il contenuto delle
istanze per il tentativo obbligatorio di conciliazione, delle quali si
afferma, soltanto e apoditticamente, che non potrebbero assumere
valore ai fini della mora accipiendi; sia perché lo svolto quesito di
diritto ai sensi dell’art. 366 bis cpc, applicabile ratione temporis al
presente giudizio, è del tutto generico, essendo privo di qualsivoglia
concreto riferimento alle fattispecie dedotte in giudizio;

il secondo perché privo di qualsivoglia riscontro nello svolto

quesito di diritto.
4. Va considerato, in via di principio, che costituisce condizione
necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimità lo

ius

superveniens, che abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una
nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia
in qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura
nel ricorso, in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui
perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr, Cass. 8
maggio 2006 n. 10547).
9

tenendo conto dell’aliunde perceptum, che si asserisce sia solo

investe, anche indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina
sopravvenuta, oltre ad essere sussistente, sia altresì ammissibile
secondo la disciplina sua propria.
Nel caso in esame il motivo che investe il tema al quale è riferibile la
disciplina di cui all’art. 32, commi 5 0 , 6° e 7°, legge n. 183/10 è il
terzo, testè esaminato, il quale, come evidenziato, è inammissibile.
Deve quindi convenirsi, salvo quanto si evidenzierà in prosieguo per
le ricorrenti incidentali, per l’inapplicabilità nel presente giudizio del
ricordato ius superveniens nei confronti degli intimati che non hanno
svolto attività difensiva.

5. Con l’unico articolato motivo del ricorso incidentale sono state
censurate, sotto plurimi profili, le statuizioni della sentenza
impugnata relative alle conseguenze risarcitorie della nullità del
termine e della conversione del contratto a tempo indeterminato; le
doglianze svolte sono ammissibili, siccome pertinenti alle ragioni del
decidere e rispettose delle prescrizioni dettate dal ridetto art. 366 bis
cpc.

5.1 Vedendo dunque il ricorso incidentale sulle conseguenze
risarcitorie della ritenuta conversione dei contratti a termine in
contratti a tempo indeterminato, in ordine alle quali deve escludersi,
stante la ritualità dell’impugnazione, l’intervenuta formazione del
giudicato interno, il ricorso stesso deve ritenersi fondato, dovendo
10

In tale contesto, è altresì necessario che il motivo di ricorso che

ridetto art. 32, commi 5, 6 e 7, della legge 4 novembre 2010, n. 183,
alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 303/2011, che
ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale di
tali disposizioni, sollevate con riferimento agli artt. 3, 4, 11, 24, 101,
102, 111 e 117, primo comma, rilevando, in particolare, l’applicabilità
della novella “a tutti i giudizi in corso, tanto nel merito, quanto in sede
di legittimità”.
Restano conseguentemente assorbiti tutti gli ulteriori profili di
doglianza svolti con il motivo del ricorso incidentale, prevedendo il
ridetto ius superveniens la liquidazione a favore del lavoratore di
un’indennità omnicomprensiva di “chiara valenza sanzionatoria” e
“dovuta in ogni caso, al limite anche in mancanza di danno, per
avere il lavoratore prontamente reperito un’altra occupazione” (cfr,
Corte Costituzionale, n. 303/2011, cit.).
6. In definitiva il ricorso principale va rigettato, mentre quello
incidentale va accolto.
Per l’effetto la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione
alle statuizioni concernenti la conseguenze risarcitorie relative alle
ricorrenti incidentali, con rinvio al riguardo, per nuovo esame, al
Giudice designato in dispositivo, che provvederà altresì sulle spese
del giudizio di cassazione.

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farsi applicazione, al riguardo, dello jus superveniens introdotto dal

Non è luogo a provvedere sulle spese quanto agli intimati che non

Vindigni Maria.

P. Q. M.
La Corte riunisce i ricorsi; dichiara inammissibile il ricorso principale
proposto nei confronti di Grasso Carmelo e Vindigni Maria; accoglie
il ricorso incidentale e rigetta quello principale proposto nei confronti
degli altri intimati; cassa la sentenza impugnata in relazione alle
statuizioni concernenti le conseguenze risarcitorie relative alle
ricorrenti incidentali e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello
di Roma in diversa composizione; nulla per le spese quanto agli
intimati che non hanno svolto attività difensiva.
Così deciso in Roma il 9 gennaio 2014.

hanno svolto attività difensiva, ivi compresi Grasso Carmelo e

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