Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30419 del 19/12/2017


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Civile Sent. Sez. L Num. 30419 Anno 2017
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: CURCIO LAURA

SENTENZA
sul ricorso 24049-2012 proposto da:
COSTA ENRICA C.F. CSTNRC39R61H501G, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA AGRI l, presso lo studio
dell’avvocato PASQUALE NAPPI, che la rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– ricorrente 2017
3136

contro

TELECOM ITALIA S.P.A., C.F. 00471850016, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e

Data pubblicazione: 19/12/2017

difende unitamente all’avvocato MARCO MARIA VALERIO
RIGI LUPERTI, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 485/2012 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 24/04/2012 R.G.N. 1283/11;

udienza del 11/07/2017 dal Consigliere Dott. LAURA
CURCIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

rgn. 24049/2012
Svolgimento del processo
La Corte d’ Appello di Torino ha respinto l’appello di Enrica Costa, dipendente
dell’Azienda di Stato Servizi telefonici, poi passata a Iritel e poi Telecom, avverso la
sentenza del Tribunale di Torino che aveva rigettato l’opposizione della Costa contro il
decreto ingiuntivo emesso in favore di Telecom, con cui detta società aveva chiesto il

buonuscita , ricevuta da INPDAP, ciò in ragione del passaggio al regime privatistico del
Tfr. La Costa lamentava che il Tribunale non avesse considerato gli accordi sindacali
del 7.11.1991 e del 29.4.2004 , che stabilivano che veniva trasferita alla Telecom solo
l’indennità di buonuscita ” maturata alla data del passaggio “dall’ASST a IRITEL,
avvenuto in data 1.11.1993 e che nessun impegno potesse derivare da quanto
contenuto nella lettera di assunzione presso Telecom , laddove era precisato che la
Costa si impegnava al versamento dell’indennità di buonuscita e ” di ogni altra
eventuale riliquidazione spettante a norma di legge”, non avendo tale dichiarazione
alcun valore giuridico.
La corte torinese ha ritenuto invece che andasse restituita anche la quota di indennità
di buonuscita, derivante dall’incidenza dell’IIS, maturata successivamente fino al
passaggio alla società privata Telecom, trattandosi pur sempre di un diritto maturato
nel corso del rapporto di pubblico impiego, sebbene tale IIS era stata materialmente
percepita dalla Costa solo in epoca successiva alla legge n.87/1994, perché
riconosciuta dall’INPDAP solo a seguito della sentenza della Corte costituzionale
n.243/1993. Secondo la corte torinese si trattava di una voce che certamente
sarebbe stata liquidata in suo favore, essendo stata già emanata la citata sentenza
della Corte costituzionale all’atto della sua assunzione presso IRITEL.
Ha proposto ricorso per cassazione Costa affidato a due motivi. Ha resistito Telecom
controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso la Costa lamenta la violazione dell’art.5 comma 5 della
legge n.58/1992, della convenzione approvata con DM29.12.1992, degli Accordi
sindacali 7.11.99 e 29.4.2004, in relazione all’art.360 Comma 1 n.3 c.p.c., ma
i

pagamento di una somma pagata alla Costa a titolo di riliquidazione dell’indennità di

lamenta anche l’omessa insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia
ai sensi dell’art.360 comma 1.n.5 c.p.c.. Secondo la ricorrente la sentenza impugnata
avrebbe completamente disapplicato le disposizioni contrattuali e di legge, che
prevedono a suo dire che all’atto del passaggio al regime privatistico, i lavoratori
debbano provvedere a riversare soltanto l’indennità di buonuscita maturata durante il
rapporto di pubblico impiego e dunque non altre erogazioni successive, quale
dovrebbe invece ritenersi l’ IIS. Secondo la ricorrente la sentenza impugnata, che non

motivazione di altra sentenza della stessa corte d’appello, non avrebbe tenuto conto,
con motivazione illogica ed irrazionale, che quando la Costa aveva cessato il servizio
di pubblico impiego l’ indennità di buonuscita non era ancora maturata, essendo l’IIS
all’epoca esclusa dalla retribuzione ai fini del calcolo dell’indennità di buonuscita
perchè introdotta soltanto con la legge n. 87/1994. Inoltre non avrebbe ancora
tenuto conto la corte territoriale che l’accordo sindacale 19.4.2004, disciplinante il
passaggio da Iritel all’azienda privata, precisava che sarebbe stato trasferito alla
società Sip il trattamento di fine rapporto maturato alla data del passaggio e quindi
non sarebbe logica la retrodatazione ritenuta dalla sentenza.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione
dell’accordo sindacale 7.11.1991e degli altri richiamati, nonché degli artt.1375 e 1175
c.c. con riferimento agli ad 360 n.3 e n.5 c.p.c. . Secondo la ricorrente la sentenza
avrebbe richiamato la lettera del 25.10.1993 con cui la Costa era stata assunta ,
dandone un’errata e del tutto fuorviante interpretazione, in particolare dove si
prevede che solo ove la lavoratrice avesse provveduto al versamento integrale
dell’indennità di buonuscita e di ogni altra eventuale le liquidazione spettante a norma
di legge , le sarebbe stato riconosciuto il TFR ai sensi delle disposizioni vigenti
nell’impiego privato. Secondo la ricorrente la corte territoriale nel ritenere che
l’indennità integrativa speciale rientrasse nelle eventuali liquidazioni spettanti a
norma di legge correlate all’indennità di buonuscita avrebbe violato l’Accordo sindacale
7.11.1991 . Comunque la società avrebbe tenuto una condotta in malafede facendo
firmare alla lavoratrice la lettera di assunzione con una espressione equivoca e
generica , tale da non poter avere valenza giuridica.
Entrambi i motivi sono inammissibili.

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sarebbe frutto di un’ indagine interpretativa autonoma rifacendosi esclusivamente alla

Quanto al primo motivo vengono lamentati contemporaneamente sia la violazione di
norme di diritto oltre che di accordi sindacali , sia l’omessa che illogica motivazione ,
senza tuttavia che sia comprensibile quale sia l’esatto vizio denunciato. Il rispetto del
principio di specificità dei motivi del ricorso per cassazione richiede l’esposizione di
argomentazioni chiare ed esaurienti, che devono precisare, nell’ ipotesi di cui
all’art.360 c.1 n.3 c.p.c. , quali siano le inosservanze di norme o principi di diritto
fornendo una corretta interpretazione di tali norme, così da individuare in cosa sia

invece il vizio riconducibile all’art.360 c.1.n.5 c.p.c., nella versione applicabile
ratione temporis , si riferisce ad una censura relativa all’iter motivazionale, ossia ad
un’ errata applicazione della legge, ma in termini di carente o contraddittoria
ricostruzione della fattispecie concreta, anche attraverso una illogica o contraddittoria
valutazione delle risultanze di causa ( cfr da ultimo Cass. n.17526/2016). La
ricorrente sovrappone il vizio interpretativo che sarebbe quello di non ritenere
maturata solo l’indennità di buonuscita ricevuta prima del passaggio, al vizio
motivazionale , lamentando quasi una motivazione apparente perché mutuata da altra
analoga decisione della stessa. Ma soprattutto, in violazione del principio di
autosufficienza , lamenta la violazione dell’accordo sindacale 7.11.1991, dal quale si
sarebbe evinto che l’indennità di buonuscita oggetto di restituzione era soltanto
l’indennità ricevuta prima del passaggio , senza che tale accordo sia stato prodotto,
né sia stata indicata una sua precisa collocazione nel fascicolo della fase di merito,
con palese violazione dell’art.366 c.1 n.6 c.p.c. e dell’art.369 comma 1 n.4 c.p.c.
Anche il secondo motivo è inammissibile per analoghe ragioni . Si lamentano
contemporaneamente, tanto la violazione e falsa applicazione di legge, dell’accordo
sindacale 7.11.1991 e di altri accordi, ma senza produzione degli stessi, quanto un’
omessa, illogica , incoerente e contraddittoria motivazione con riferimento alla lettera
di assunzione , che viene in parte riportata in ricorso , senza che tale atto sia stato
tuttavia depositato o sia stata indicata specificatamente la sua collocazione nel
fascicolo di parte. Ancora una volta, poi, vi è una commistione di argomentazioni
che oscillano tra la violazione degli artt.1175 e 1375 c.c. che sarebbe consistita
nell’aver incluso nella lettera di assunzione la precisazione ” e di ogni altra eventuale
liquidazione spettante a norma di legge” ,in modo da includere surrettiziamente VHS
ricevuta tra le somme da restituire, alla motivazione definita “assolutamente illogica
ed incoerente,” non comprendendosi tuttavia in cosa sia consistita la malafede delle
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consistita la violazione che viene ascritta alla pronuncia che si censura , mentre

società, ma in particolare quale errata interpretazione abbia dato la sentenza, tanto
da violare i principi contenuti in dette norme, con palese violazione del principio di
specificità dei motivi, ai sensi dell’art.366 comma 1 n.4 c.p.c
Va pertanto dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con condanna della ricorrente alla
rifusione delle spese del presente giudizio, che si liquidano come da dispositivo.

La corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la

ricorrente al pagamento

delle spese di lite del presente giudizio che liquida in euro 200,00 per esborsi, euro
4000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di
legge.
Roma 11.07.2017

P.Q.M.

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