Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30416 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2011, (ud. 13/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30416

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 27720/2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.R.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 84/05/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di FIRENZE del 06/10/2008, depositata il 27/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

è presente il P.G. in persona del Dott. FEDERICO SORRENTINO.

La Corte, ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.,

è stata depositata in cancelleria la seguente relazione: il relatore

Cons. Dott. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

La CTR di Firenze ha respinto l’appello dell’Agenzia – appello proposto contro la sentenza n. 55/04/2006 della CTP di Grosseto che aveva accolto il ricorso del contribuente C.R. – ed ha così annullato l’avviso di accertamento per IVA+IRPEF+IRAP per l’anno 2001 adottato a seguito di verifica fiscale ed acquisizione di dati bancari nei confronti di soggetto esercente lavoro autonomo.

La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo che “l’avviso di accertamento prende le mosse ed il presupposto da una verifica fiscale in applicazione della Convenzione e Piano Operativo dell’Agenzia delle Entrate …..e dalla nota….della Direzione Centrale Accertamento con cui vengono fissati gli obiettivi di contrasto all’evasione”, documenti non portati a conoscenza del contribuente nè allegati all’avviso o al precedente atto di accesso mirato, e perciò in violazione dell’art. 7, comma 1 della Statuto del Contribuente.

L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

L’intimato non si è costituito.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

Infatti, con il primo motivo di censura del ricorso (rubricato come:

“Violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” assistito da idoneo quesito), la ricorrente si duole del fatto che il giudice di merito, ai fini di annullare il provvedimento impositivo, abbia dato rilievo ad atti privi di attinenza e rilievo nell’ottica della motivazione del provvedimento medesimo, siccome nei predetti atti “vengono fissati gli obiettivi di contrasto all’evasione” e perciò atti interni all’Amministrazione che non hanno rilevanza esterna per il contribuente.

Il motivo appare fondato e da accogliersi.

Con indirizzo rivelatosi ormai costante, questa Suprema Corte ha posto in chiara evidenza che l’obbligo di allegazione o riproduzione degli atti richiamati (L. n. 212 del 2000, ex art. 7) deve intendersi riferito ai soli “atti necessari per sostenere le ragioni della decisione” (Cass. 17.10.2008 n. 25371), ed anche che tale obbligo non trova applicazione in relazione ai richiami a circolari interpretative e atti consimili, in quanto “atti interni all’amministrazione stessa…ma inidonei ad incidere sulle situazioni giuridiche soggettive dei contribuenti” (Cass. 20.3.2006 n. 6205).

Si tratta di principi che si attagliano perfettamente al caso di specie e che il giudice del merito non ha tenuto in alcun conto ai fini di adottare le sue determinazioni, sicchè non resta che ritenere che la decisione qui impugnata meriti di essere cassata.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza, con conseguente decisione della lite anche nel merito, poichè risulta che il C., non costituitosi in appello, non ha riproposto le questioni che sono state ritenute assorbite dal giudice di primo grado con l’adozione della decisione di annullamento dei provvedimenti impositivi.

Roma, 8 luglio 2011.

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;

che le spese di lite posso essere regolate secondo il criterio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso del contribuente avverso l’avviso di accertamento. Condanna la parte contribuente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in Euro 5.000,00 oltre spese prenotate a debito e compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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