Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30415 del 21/11/2019

Cassazione civile sez. lav., 21/11/2019, (ud. 17/09/2019, dep. 21/11/2019), n.30415

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. RAIMONDI Guido – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24232-2016 proposto da:

MSD ITALIA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata, in ROMA, L.G. FARAVELLI 22, presso lo

studio degli avvocati ARTURO MARESCA e FRANCO RAIMONDO BOCCIA, che

la rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO

CESARE 21/23, presso lo studio dell’avvocato CARLO BOURSIER NIUTTA,

rappresentato e difeso dall’avvocato SETTIMIO DI SALVO;

– controricorrente –

e contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 978/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 02/05/2016 R.G.N. 488/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/09/2019 dal Consigliere Dott. GUIDO RAIMONDI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato CARLO BOZZI per delega verbale Avvocato ARTURO

MARESCA;

udito l’Avvocato PAOLA POTENZA per delega verbale Avvocato SETTIMIO

DI SALVO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Adito da S.A., già informatore scientifico alle dipendenze della Merck Sharp & Dohme Italia s.p.a. (ora MSD Italia s.r.l.), perchè venisse accertata e dichiarata l’inesistenza e/o la nullità del contratto di cessione di ramo di azienda – cioè la “Business Unit Corum” nella quale egli era inserito – intercorso tra la detta società e la (OMISSIS) s.r.l., poi dichiarata fallita, con ogni conseguenza di legge, inclusa la sua reintegrazione alle dipendenze della prima società, il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, con sentenza n. 11245/11, rigettava il ricorso del lavoratore, compensando le spese di lite, nella contumacia del Fallimento della (OMISSIS).

2. Con ricorso alla Corte di appello di Roma depositato il 21.1.2012 S.A. impugnava la detta sentenza, chiedendone la riforma. Il Fallimento della (OMISSIS) non si costituiva nel procedimento di appello. Con sentenza depositata il 2.5.2016 la Corte di appello, in riforma della sentenza di prime cure, dichiarava nulla nei confronti dell’appellante la cessione del ramo di azienda in questione ritenendo trattarsi di contratto concluso in frode alla legge e, per l’effetto, riteneva la persistenza del rapporto di lavoro subordinato tra l’appellante e la MSD, con la condanna di quest’ultima al pagamento delle differenze tra il trattamento spettante in forza dell'”accertata preesistenza” e quanto medio tempore dallo stesso percepito, oltre al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

3. Avverso quest’ultima sentenza la MSD Italia s.r.l. (già Merck Sharp & Dohme Italia s.p.a.) propone ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo. S.A. resiste con controricorso. La (OMISSIS), regolarmente intimata, non ha svolto attività difensiva in questa sede. Ricorrente e controricorrente hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione – in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – dell’art. 1344 c.c. relativamente alla parte della sentenza impugnata con la quale il trasferimento del ramo di azienda CORUM dalla MSD Italia s.r.l. alla (OMISSIS) s.r.l. è stato dichiarato in frode alla legge.

2. Sotto un primo profilo la ricorrente deduce che la decisione della Corte di appello sarebbe in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, che impedirebbe di riconoscere nella fattispecie lo schema legale del contratto in frode alla legge.

3. A parere della MSD la frode alla legge non sarebbe un istituto applicabile al trasferimento del ramo di azienda, perchè nell’ordinamento non vi sarebbe una norma che vieta il passaggio di lavoratori da un soggetto a un altro, apprestando il legislatore, in caso di carenza dei requisiti di legittimità del trasferimento ai sensi dell’art. 2112 c.c., specifici rimedi quali la riconducibilità dell’operazione all’art. 1406 c.c. e l’indispensabilità del consenso del lavoratore ceduto a pena di inefficacia dell’operazione, per cui nella fattispecie in esame (art. 2112 c.c.) sarebbe carente persino un precetto che sancisca il divieto che le parti avrebbero voluto aggirare con un contratto simulato per raggiungere risultati sostanzialmente equivalenti a quelli espressamente vietati. Secondo la ricorrente la legge in ipotesi frodata non potrebbe giammai individuarsi nel sistema di garanzie apprestato dalla L. n. 223 del 1991, dal quale non sarebbe possibile enucleare un precetto che vieti, ove siano già in atto situazioni che possono portare agli esiti regolati dalla legge, di cedere l’azienda ovvero di cederla solo a condizione che non sussistano elementi tali da rendere inevitabili quegli esiti. A sostegno di questa tesi vengono citati diversi precedenti rinvenibili nella giurisprudenza di questa Corte (Cass. 22.4.2014, n. 9090; Cass. 20.3.2013, n. 6969; Cass. 18.10.2011, n. 21484; Cass. 2.5.2006, n. 10108).

4. Sotto un secondo profilo, la ricorrente fa valere che il convincimento della Corte di appello sarebbe fondato, in misura determinante, sull’apprezzamento delle qualità imprenditoriali del soggetto cessionario del ramo di azienda, ritenute sintomatiche della sua scarsa attitudine a operare sul mercato, qualità che sarebbero irrilevanti per il giudizio sul trasferimento del ramo di azienda, richiedendo l’art. 2112 c.c. diversi criteri per la valutazione della legittimità dell’operazione. Analoghe considerazioni vengono svolte in relazione ad altri elementi valorizzati dalla Corte di appello, come il prezzo della cessione, il mancato trasferimento dei farmaci oggetto dell’attività della Corum, la consapevolezza della MSD delle intenzioni degli amministratori di (OMISSIS) sulla operatività di quest’ultima società.

5. Sotto il primo profilo, come condivisibilmente osserva il controricorrente, non potrebbe affermarsi una sorta di ontologica incompatibilità tra gli art. 1344 c.c. da una parte e art. 2112 c.c. dall’altra. La giurisprudenza citata dalla ricorrente, in particolare Cass. n. 9090/2014, in cui si afferma che la L. n. 223 del 1991 non contiene un precetto che vieti di cedere l’azienda, non implica la generale disapplicazione in queste fattispecie dell’art. 1344 c.c., che impone di considerare illecita la causa quando il contratto costituisca il mezzo per eludere l’applicazione di una norma imperativa.

6. Certamente la semplice prognosi negativa sulle possibilità dell’impresa cessionaria di proseguire l’attività e di garantire l’occupazione non sarebbe sufficiente per la riconoscibilità di una “consapevole divergenza tra la causa tipica del contratto prescelto e la determinazione causale delle parti indirizzata alla elusione di una norma imperativa”, e quindi di un contratto in frode alla legge. Ma quando il giudice di merito accerti, come in questo caso, che la cessione di ramo di azienda sia stata esclusivamente finalizzata al licenziamento dei lavoratori ceduti aggirando le garanzie apprestate dalla L. n. 223 del 1991, non vi è nessuna ragione che impedisca allo schema legale del contratto in frode alla legge di essere individuato ed applicato alla fattispecie.

7. In sostanza la Corte di merito è partita dal presupposto che il meccanismo della frode alla legge consiste proprio nell’utilizzare un negozio in sè lecito per realizzare mediatamente un fine vietato da una norma imperativa.

8. Tale presupposto è conforme al disposto di cui all’art. 1344 citato, inserito nella Sezione II (“Della causa del contratto”), del Capo 2″ (“Dei requisiti del contratto”), del Titolo 2 (“Dei contratti in generale”) del Codice civile.

9. Come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza 17.7.1981 n. 4414, “il contratto in frode alla legge è caratterizzato dalla consapevole divergenza tra la causa tipica del contratto prescelto e la determinazione causale delle parti indirizzata alla elusione di una norma imperativa”. In sostanza “si tratta di contratto inficiato da nullità perchè caratterizzato, nel suo insieme, da causa oggettivamente illecita, che postula la necessaria comunanza dell’intenzione fraudolenta, giacchè attraverso un oggettivo collegamento strutturale e funzionale, è utilizzato un contratto tipico e permesso per realizzare un risultato vietato da norme imperative”.

10. In tale ipotesi, quindi, è la norma che espressamente dispone che “si reputa… illecita la causa”, così inserendo la frode alla legge nella “illiceità della causa ” in senso lato (sulla nozione unica di “illiceità”, lato sensu, alla quale fanno riferimento gli artt. 1343,1344 e 1345 c.c., v. anche, fra le altre, Cass. S.U. 25/10/1993 n. 10603, che, considerato che nell’ordinamento non si rinviene una norma che sancisca, di per sè, l’invalidità del contratto in frode ai terzi, ha precisato che “l’intento delle parti di recare pregiudizio ad altri, non è illecito” “ove non sia riconducibile ad una di dette fattispecie”).

11. In altre parole la frode alla legge funziona come clausola generale di tipizzazione delle condotte negoziali tenute in violazione di norme imperative, di guisa che, a seguito del combinato disposto della norma imperativa generale di cui all’art. 1344 c.c. e della norma imperativa speciale, vengono tipizzate non solo le violazioni dirette del precetto imperativo, ma anche le elusioni, gli aggiramenti e le violazioni mediate e indirette.

12. In tale quadro, quindi, innanzitutto non può in alcun modo disconoscersi (in astratto) la configurabilità di una frode alla legge attuata al fine di eludere la disciplina di cui alla L. n. 223 del 1991, ricorrendo i presupposti oggettivi e soggettivi di cui all’art. 1344 c.c.. Al riguardo, infatti, non può certamente dubitarsi del carattere imperativo, anche in senso sostanziale, delle norme di garanzia dei lavoratori di cui alla L. n. 223 del 1991 in tema di licenziamenti individuali, seppur richiamate in modo globale dalla sentenza impugnata.

13. Pertinente è il richiamo del resistente alla pronuncia di questa Corte del 7.2.2008, n. 2874, che prende in considerazione la precedente sentenza, sempre di questa Corte, del 2.5.2006, n. 10108, i cui principi sono stati poi ripresi da Cass. 9090/2014, decisione su cui particolarmente insiste la ricorrente, giungendo alla conclusione che tali principi non ostano all’applicazione dell’art. 1344 c.c., allorchè ne ricorrano i presupposti oggettivi e soggettivi, in un caso di affitto di azienda che era stato utilizzato per eludere le garanzie dei lavoratori di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18. Non sussiste, quindi, la denunciata violazione dell’art. 1344 c.c.

14. Sotto il secondo profilo, come si è detto, la critica della ricorrente riguarda gli elementi di fatto ritenuti dalla sentenza impugnata nel raggiungere il suo convincimento circa la riconoscibilità nella fattispecie litigiosa della figura legale del contratto in frode alla legge. La MSD contesta in particolare le valutazioni della Corte di appello di Roma inerenti alla congruità del prezzo, alle caratteristiche di una linea di informazione scientifica quale era quella ceduta (CORUM) e alla solidità del gruppo societario cui apparteneva la (OMISSIS).

15. In effetti in questo modo la società ricorrente non rimprovera alla sentenza impugnata di aver errato nell’individuazione della norma regolatrice della controversia, nella sua interpretazione o nella sua applicazione, bensì di aver erroneamente ravvisato, nella situazione di fatto in concreto accertata, la ricorrenza di elementi costitutivi di una determinata fattispecie normativamente regolata, quella del contratto in frode alla legge. Questa valutazione comporta non un giudizio di diritto, eventualmente criticabile nell’ambito del vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, quale motivo di ricorso in cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ma un giudizio di fatto, impugnabile, se del caso, sotto il profilo della motivazione, ora nei limiti della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

16. Come affermato, in particolare dalla citata sentenza n. 2874 del 2008, “… La verifica della ricorrenza della frode alla legge, che si realizza ove si manifesti una divergenza fra la causa tipica del contratto e la determinazione causale delle parti indirizzata all’elusione di una norma imperativa, è rimessa al giudice di merito, la cui valutazione è incensurabile in cassazione ove correttamente e adeguatamente motivata.”

17. Ne segue l’inammissibilità del secondo profilo dell’unico motivo di ricorso in esame (cfr. in particolare Cass. n. 11544/2016 (ord.).

18. Il ricorso deve essere quindi globalmente rigettato.

19. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

20. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 6.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale/incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2019

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