Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30412 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2011, (ud. 13/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30412

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 24243/2009 proposto da:

IMPIANTI GENERALI S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (OMISSIS), in persona

del Liquidatore e legale rappresentate, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA AURELIA 325, presso lo studio dell’Avvocato DI GIOVANNI

NICOLETTA, rappresentata e difesa dall’Avvocato DI CARLO Fabrizio,

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 185/10/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di L’ACQUILA – SEZIONE STACCATA di PESCARA del 03/04/2008,

depositata il 18/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

è presente il P.G. in persona del Dott. FEDERICO SORRENTINO.

La Corte, ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.,

è stata depositata in cancelleria la seguente relazione: il relatore

Cons. Dott. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

La “Impianti generali srl” propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di L’Aquila – sez. staccata di Pescara 185/10/2008, depositata il 19.09.2008, con la quale – in controversia concernente impugnazione di avviso di accertamento per IVA+IRPEG relative all’anno 1998, emanato sul presupposto che la società non fosse operativa e che perciò dovessero essere recuperati a tassazione i costi esposti in dichiarazione, siccome non inerenti, oltre all’IVA portata in detrazione – è stato respinto l’appello della società contribuente avverso la decisione di primo grado che pure aveva rigettato il ricorso in impugnazione.

La decisione di secondo grado è motivata nel senso che la allegata violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41 bis, non potesse essere fondata sul fatto che non fosse stata presa in considerazione l’intera situazione economica del soggetto accertato, potendo essere l’accertamento limitato solo ad alcuni aspetti della capacità contributiva, senza pregiudizio dell’ulteriore attività di accertamento; ed inoltre nel senso che gli indizi valorizzati ai fini dell’accertamento costituivano presunzioni idonee ai fini della ritenuta fittizietà dell’attività d’impresa; infine nel senso che l’allegata violazione del divieto di doppia imposizione (se mai esistente) avrebbe dovuto trovare soluzione in sede esecutiva, nel senso dell’onere incombente sull’Ufficio di decurtare dall’imposta dovuta per le operazioni accertate quella eventualmente pagata dalla contribuente per le medesime operazioni.

La società contribuente ha proposto ricorso affidandolo a quattro motivi.

La Agenzia ha resistito con controricorso.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

Infatti, i motivi di ricorso (rubricato sia sub specie di violazione di legge sia sub specie di vizio di motivazione) sono tutti affetti da ragioni di inammissibilità, pregiudiziale tra le quali quella del difetto di un idoneo quesito di diritto.

I predetti quesito (formulati alla seguente stregua – se ne cita uno solo per ragioni di pura esemplificazione: “se possa essere posto a base dell’accertamento induttivo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 41 bis…un qualsiasi elemento limitato ad accertare alcuni aspetti della capacità contributiva del contribuente ovvero se invece …tale accertamento sia consentito solo sulla base di elementi dotati dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, che attestino con elevato margine di attendibilità l’esistenza di materia imponibile non dichiarata”) appaiono carenti dei requisiti prescritti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, dall’art. 366 bis c.p.c., rivelandosi generici (siccome improntato ad un dubbio interpretativo astratto), privi di riferimento alla fattispecie concreta e del tutto inidonei a consentire di intendere quale sia la questione concretamente oggetto di controversia.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità.

Roma, 15 luglio 2011.

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie.

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato.

che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in Euro 7000,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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