Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3041 del 10/02/2010

Cassazione civile sez. I, 10/02/2010, (ud. 23/10/2009, dep. 10/02/2010), n.3041

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9192/2008 proposto da:

T.M. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA NICOLO’ TARTAGLIA 21, presso l’avvocato

FORGIONE Salvatore, che lo rappresenta e difende, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

07/03/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

23/10/2009 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato SALVATORE FORGIONE che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 9 novembre 2005 il Sig. T.M. conveniva dinanzi alla Corte d’appello di Roma il Ministero della Giustizia per sentirlo condannare all’equa riparazione, ex art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, per la violazione del termine ragionevole del processo avente ad oggetto il ripristino di un fabbricato su cui egli aveva eseguito lavori di manutenzione straordinaria: processo, promosso con atto di citazione dinanzi al Tribunale di Benevento notificatogli l’11 agosto 1998 dalla comproprietaria – che lamentava l’alterazione strutturale ed estetica che ne era conseguita – e definito con sentenza 26 luglio 2005.

Nella contumacia del Ministero della Giustizia, la Corte d’appello di Roma, con decreto 7 marzo 2007 riconosciuta la violazione del termine ragionevole per anni 9 rispetto alla durata fisiologica di anni 4 per il primo grado di giudizio, tenuto conto della complessità istruttoria (4 testimoni escussi e una Ctu, poi rinnovata) e dei rinvii d’udienza su istanza di parte, liquidava l’equo indennizzo in Euro 4.500,00; oltre gli interessi legali dal decreto stesso e alla rifusione delle spese processuali.

Avverso il provvedimento proponeva ricorso per cassazione il Tammaro, deducendo la violazione dell’art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e della L. n. 89 del 2001, nonchè la carenza di motivazione nella liquidazione troppo riduttiva dell’indennizzo, difforme dalla giurisprudenza alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Resisteva con controricorso il Ministero della Giustizia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile per assoluta inadeguatezza dei quesiti di diritto formulati in conclusione dei singoli motivi di censura (art. 366 bis cod. proc. civ.).

Sul punto, deve essere richiamato, in sede concettuale, il principio ormai consolidato che i quesiti di diritto imposti dal nuovo art. 366 bis cod. proc. civ., secondo una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimità, rispondono all’esigenza di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della controversia diversa da quella cui è pervenuta il provvedimento impugnato, e, nel contempo, con più ampia valenza, di enucleare, collaborando alla funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, il principio di diritto applicabile alla fattispecie. Pertanto, il quesito di diritto integra il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando altrimenti inadeguata, e quindi non ammissibile, l’investitura stessa del giudice di legittimità (Cass., sez. unite 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., sez. 3^, 25 luglio 2008, n. 20454). Di qui il requisito della specificità: con la conseguente sanzione d’inammissibilità del motivo del ricorso per cassazione che si concluda con la formulazione di un quesito di diritto in nessun modo riferibile alla fattispecie concreta o senza attinenza col decisum (Cass., sez. unite, 5 gennaio 2007, n. 36).

Nella specie, i quesiti proposti dal ricorrente consistono in formulazioni del tutto astratte e prive di aderenza con la ratio decidendi: come ad esempio, sulla necessità del rispetto della consolidata giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (quesito del motivo n. 1); sulla violazione degli artt. 2056 e 1226 cod. civ., nella liquidazione equitativa del danno (nel secondo motivo); sulla violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo mediante disapplicazione della L. n. 89 del 2001, e sulla correttezza della compensazione delle spese processuali.

Quesiti, tutti, che si risolvono in una sintesi generica delle argomentazioni difensive, sprovvista di specificità individualizzante.

Il ricorso deve essere dunque dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del T. alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, tenuto conto del valore della causa del numero e complessità delle questioni svolte.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali liquidate in Euro 1.000,00, oltre le spese prenotate a debito e gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2010

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