Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3041 del 06/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 06/02/2017, (ud. 06/12/2016, dep.06/02/2017),  n. 3041

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina L. – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22880-2015 proposto da:

S.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO

SAVERIO NITTI 11 (STUDIO GAGLIARDI), presso lo studio dell’avvocato

CORRADO VALVO, che lo rappresenta e difende giusta mandato in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

TELECOM ITALIA SPA (OMISSIS), in persona del procuratore speciale e

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA MICHELE MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO

BRIGUGLIO, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 397/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA del

20/02/2015, depositata il 03/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;

udito l’Avvocato Corrado Valvo difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

E’ stata depositata la seguente relazione.

“1. S.P. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Siracusa, Sezione distaccata di Avola, la Telecom Italia s.p.a., chiedendo che fossero dichiarati non dovuti gli importi di sei fatture commerciali a lui addebitati, sul rilievo di essere stato vittima di una truffa informatica che aveva fatto risultare accertati consumi molto elevati dovuti a traffico internet non realmente fruito.

Si costituì in giudizio la società convenuta, chiedendo il rigetto della domanda.

Il Tribunale rigettò la domanda e condannò l’attore al pagamento delle spese di lite.

2. Impugnata la pronuncia dall’attore soccombente, la Corte d’appello di Catania, con sentenza del 3 marzo 2015, ha rigettato il gravame, confermando l’impugnata pronuncia e condannando l’appellante alla rifusione delle ulteriori spese del grado.

3. Contro la sentenza d’appello ricorre S.P. con atto affidato a due motivi.

Resiste la Telecom Italia s.p.a. con controricorso.

4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere dichiarato inammissibile.

5. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione degli artt. 1218 e 2697 cod. civ., oltre a contraddittoria motivazione; con il secondo violazione degli artt. 1218 e 1223 cod. civ., oltre a mancanza di motivazione, con richiesta di rimborso delle spese.

5.1. I motivi sono entrambi inammissibili.

Essi, infatti, non rispondono in alcun modo ai requisiti minimi di ammissibilità di un ricorso per cassazione, risolvendosi nella ripetizione di una serie di argomenti di fatto già vagliati dal Giudice di merito e non più esaminabili in questa sede, senza specificazione di quali sarebbero le lamentate violazioni di legge e, per di più, con una richiesta di rimborso delle somme corrisposte (secondo motivo) che non può essere avanzata in sede di legittimità.

6. Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada trattato in camera di consiglio per essere dichiarato inammissibile”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Non sono state depositate memorie alla trascritta relazione.

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni.

2. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile.

i1 tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono inoltre le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.800, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 6 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2017

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