Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3040 del 11/02/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 3040 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BANDINI GIANFRANCO

SENTENZA

sul ricorso 26174-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA G. MAZZINI 27, presso lo
STUDIO TRIFIRO’ & PARTNERS, rappresentata e difesa
dall’avvocato SALVATORE TRIFIR0′, giusta delega in
2014

atti;
– ricorrente –

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contro

SICILIANO ANDREA, PACE MARIA C.F.PCAMRA63B62C927T;
– intimati –

Data pubblicazione: 11/02/2014

Nonché da:
PACE MARIA c.f.

PCAMRA63B62C927T,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI GENTILE 8, presso
lo studio dell’avvocato MARTORIELLO MASSIMO,
rappresentata e difesa dall’avvocato COGO GIOVANNA,

– controri corrente e ricorrente incidentale contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante

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tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA G. MAZZINI 27, presso lo
STUDIO TRIFIRO’ & PARTNERS, rappresentata e difesa
dall’avvocato SALVATORE TRIFIRO’, giusta delega in
atti;
– controri corrente al ricorso incidentale nonchè contro

SICILIANO ANDREA;
– intimato –

avverso la sentenza n. 997/2007 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 30/10/2007 R.G.N. 104/2006# -i;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/01/2014 dal Consigliere Dott.
GIANFRANCO BANDINI;
udito l’Avvocato MICELI MARIO per delega TRIFIRO’
SALVATORE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

giusta delega in atti;

Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
accoglimento del ricorso principale, rigetto

dell’incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

rigettato i gravami proposti (con distinti ricorsi, poi riuniti) dalla Poste
Italiane spa, rispettivamente nei confronti di Pace Maria e di Siciliano
Andrea, avverso le pronunce di prime cure, che avevano ritenuto la
nullità del termine apposto ai contratti di lavoro conclusi inter partes,
con conseguente conversione a tempo indeterminato dei contratti
stessi e condanna della datrice di lavoro al pagamento delle
retribuzioni dalla data di messa in mora.
Avverso la suddetta sentenza della Corte territoriale, la Poste
Italiane spa ha proposto ricorso per cassazione fondato su sette
motivi.
L’intimata Pace Maria ha resistito con controricorso, proponendo a
sua volta ricorso incidentale fondato su un motivo, a cui la Poste
Italiane spa ha resistito con controricorso.
L’intimato Siciliano Andrea non ha svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

I ricorsi vanno riuniti siccome proposti avverso la medesima

sentenza (art. 335 cpc).
Con la memoria illustrativa la Poste Italiane spa ha invocato la
declaratoria di cessazione della materia del contendere quanto alla
domanda di riammissione in servizio formulata dal Siciliano, sul
rilievo che quest’ultimo, dopo la riammissione in servizio, era stato
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Con sentenza del 10-30.10.2007 la Corte d’Appello di Milano ha

rilievo che il licenziamento successivo alla riammissione in servizio
non elimina il contrasto fra le parti in ordine al ripristino, anche di
fatto, del rapporto lavorativo, proprio in conseguenza del quale si è
addivenuti alla ricordata cessazione del rapporto per circostanze
sopravvenute.
2.

La Corte territoriale ha ritenuto che il primo dei contratti a

termine conclusi con Pace Maria, stipulato a decorrere
dall’11.11.1998 per “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di
ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso,
in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di
sperimentazione di nuovi servizi ed in attesa dell’attuazione del
progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”,
ai sensi dell’art. 8 CCNL 1994, come integrato dall’accordo del
25.9.1997, fosse privo di supporto autorizzatorio, siccome
successivo al 30.4.1998, data alla quale, con l’accordo del
16.1.1998, era stato differito il termine di possibile stipula di contratti
a termine per le causale anzidetta.
L’impostazione seguita dalla Corte territoriale è stata ampiamente
censurata dalla Società ricorrente con i primi quattro mezzi, da
esaminarsi congiuntamente siccome fra loro connessi; la ricorrente
contesta, in particolare, l’interpretazione data dalla Corte di merito al
citato accordo integrativo del 25 settembre 1997 ed agli accordi dalla
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licenziato per giusta causa; l’istanza è inaccoglibile, per l’assorbente

stessa definiti come attuativi; deduce in particolare che questi ultimi

1.1 Osserva il Collegio che le considerazioni della Corte territoriale in base all’indirizzo ormai consolidato in materia dettato dalla
giurisprudenza di legittimità (con riferimento al sistema vigente
anteriormente al CCNL del 2001 ed al dl.vo n. 368/01) – sono
sufficienti a sostenere sul punto l’impugnata decisione.
Al riguardo, sulla scia di Cass., SU, n. 4588/2006, è stato precisato
che l’attribuzione alla contrattazione collettiva, ex art. 23 legge n.
56/87, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine
rispetto a quelli previsti dalla legge n. 230/62, discende dall’intento
del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali
sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i
lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite
della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere
a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e
prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche
di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a
condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di
fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al
datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato (cfr,
ex plurimis, Cass., nn. 21063/2008; n. 9245/2006; 4862/2005;
14011/2004); ne risulta, quindi, una sorta di delega in bianco a
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accordi avevano natura meramente ricognitiva.

favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari,

omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul
medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi
nel sistema da questa delineato (cfr, ex plurimis, Cass., nn.
21062/2008; 18378/2006).
In tale quadro, ove però, come nel caso di specie, un limite
temporale sia stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi
integrativi del contratto collettivo), la sua inosservanza determina la
nullità della clausola di apposizione del termine (cfr, ex plurimis,
Cass., nn. 18383/2006; 7745/2005; 2866/2004).
In particolare, quindi, come questa Corte ha costantemente
affermato e come va anche qui ribadito, in materia di assunzioni a
termine di dipendenti postali, con raccordo sindacale del 25
settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del CCNL 26 novembre 1994,
e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio
1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della
situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica
dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e
rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino
alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la
legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998,
per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore
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non essendo questi vincolati alla individuazione di ipotesi comunque

indeterminato, in forza dell’art. 1 legge n. 230/62 (cfr, ex plurimis,
Cass., nn. 20608/2007; 28450/2008; 21062/2008; 7979/2008;
18378/2006).
In base a tale orientamento consolidato ed al valore dei relativi
precedenti, pur riguardanti la interpretazione di norme collettive (cfr,
ex plurimis, Cass., nn. 6703/2007; 15969/2005), i motivi all’esame

vanno quindi respinti.
2. Il contratto concluso con Siciliano Andrea, in relazione al quale la
Corte territoriale ha ritenuto la nullità del termine, venne stipulato per
il periodo 16.2-30.4.2004 “… ai sensi dell’art. 1 del d.lgs n. 368/2001
per ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di
provvedere alla sostituzione del personale addetto al servizio di
smistamento e trasporto presso Polo Corrispondenza Lombardia,
assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro nel periodo
16.02.2004 al 30.4.2004”; il lavoratore venne assegnato al CMP

Borromeo di Milano.
La Corte territoriale, rilevato il rispetto, nel contratto individuale, delle
esigenze di specificità di cui all’art. 2 dl.vo n. 368/01, finalizzate al
controllo della cristallizzazione e della conformità al vero della
causale d’assunzione, e dato atto che la parte datoriale aveva
allegato, attraverso la produzione di un prospetto, “un dato delle
assenze e del numero dei contratti a termine aggregato per tutto il

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conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo

indeterminato)”, ha ritenuto, così come già il primo Giudice, che tale
dato non era “idoneo a dimostrare il collegamento fra l’assunzione a
termine di Siciliano e la causale indicata in contratto, che si riferisce
specificamente alla sostituzione del personale addetto al servizio
smistamento e trasporto che, pacificamente, è soltanto uno dei
reparti da cui è costituito il CMP Borromeo”.
La ricorrente principale ha censurato tale impostazione con il quinto
motivo, deducendo l’erronea valutazione delle risultanze istruttorie.
Il motivo, ancorché articolato sia per vizio di violazione di legge, che
per vizio di motivazione, si incentra principalmente su tale ultima
ragione di critica; sotto tale profilo la censura è peraltro
inammissibile, poiché:
– non è stato formulato, proprio in relazione al dedotto vizio di
motivazione, ai sensi dell’art. 366

bis cpc (applicabile ratione

temporis al presente giudizio), un momento di sintesi (omologo del
quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera
da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di
valutazione della sua ammissibilità (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n.
20603/2007);
– si risolve nella richiesta, inammissibile in questa sede, di riesame
del materiale istruttorio già esaminato dalla Corte territoriale.

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personale del CMP Borromeo (circa 1.250 dipendenti a tempo

arti 115 e 116 cpc, nonché dell’art. 2697 cc, è generico, non
enunciando una regula iuris che, contrapposta a quella seguita nella
sentenza impugnata, sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere
applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del
giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata (cfr, ex plurimis,
Cass., nn. 11535/2008; 19892/2007).
Quanto al profilo di doglianza relativo alla dedotta violazione dei
criteri di ripartizione dell’onere della prova (art. 2697 cc), la censura
risulta infondata, atteso che spetta alla parte che intende dimostrare
la legittimità dell’avvenuto ricorso al contratto a termine fornire gli
elementi atti a consentire la

“verifica della corrispondenza

quantitativa tra il numero dei lavoratori assunti con contratto a
termine per lo svolgimento di una data funzione aziendale e le
scoperture che per quella stessa funzione si sono realizzate per il
periodo dell’assunzione” (cfr, ex plurimis, Cass., n. 1576/2010).
Il motivo all’esame va dunque disatteso.

5.

Con il sesto mezzo, riferibile alla posizione del Siciliano (il cui

contratto era disciplinato dal dl.vo n. 368/01), la ricorrente principale,
denunciando violazione di norma di diritto e vizio di motivazione,
invoca in particolare l’applicabilità alla fattispecie del disposto dell’art.
1419 cc, dolendosi che la Corte territoriale abbia ritenuto la

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Il quesito di diritto formulato in relazione alle dedotte violazioni degli

indeterminato.
La censura non può esser accolta, avendo questa Corte già avuto
modo di rilevare che l’art. 1 dl.vo n. 368/01, anche anteriormente alla
modifica introdotta dall’art. 39 legge n. 247/07, ha confermato il
principio generale secondo cui il rapporto di lavoro subordinato è
normalmente a tempo indeterminato, costituendo l’apposizione del
termine un’ipotesi derogatoria pur nel sistema, del tutto nuovo, della
previsione di una clausola generale legittimante l’apposizione del
termine “per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o

sostitutivo”,

cosicché, in caso di insussistenza delle ragioni

giustificative del termine, e pur in assenza di una norma che sanzioni
espressamente la mancanza delle dette ragioni, in base ai principi
generali in materia di nullità parziale del contratto e di
eterointegrazione della disciplina contrattuale, nonché alla stregua
dell’interpretazione dello stesso art. 1 citato nel quadro delineato
dalla direttiva comunitaria 1999/70/CE (recepita con il richiamato
decreto) e nel sistema generale dei profili sanzionatori nel rapporto
di lavoro subordinato, tracciato dalle pronunce della Corte
Costituzionale n. 210 del 1992 e n. 283 del 2005, all’illegittimità del
termine e alla nullità della clausola di apposizione dello stesso
consegue l’invalidità parziale relativa alla sola clausola e l’instaurarsi

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trasformazione del rapporto di lavoro a termine in rapporto a tempo

Cass., n. 12985/2008).
Onde, coerentemente, la clausola risolutiva inserita nel contratto di
lavoro dedotto in causa deve ritenersi sostituita dalla normativa di cui
all’art. 1 dl.vo n. 368/01.
6. Con il settimo mezzo, riferito ad entrambe le posizioni soggettive
dedotte in causa, la ricorrente principale, denunciando violazione di
norme di diritto, ha censurato le disposte conseguenze risarcitorie,
assumendo che le retribuzioni sarebbero dovute soltanto dalla data
di riammissione in servizio, in difetto di costituzione in mora del
datore di lavoro, non avendo la Corte territoriale individuato quale
fosse l’atto di messa in mora, che non poteva essere il ricorso ex art.
414 cpc, siccome non contenente la costituzione in mora; si duole
inoltre che la Corte territoriale abbia riconosciuto il diritto al
pagamento delle retribuzioni fino all’effettiva ricostituzione del
rapporto e, quindi, anche per il periodo successivo alla lettura del
dispositivo della sentenza.
Il motivo è inammissibile poiché:
– quanto al primo profilo, è inconferente rispetto al

decisum,

avendo la Corte territoriale individuato l’idoneità per la messa in
mora della richiesta (notificata) ex art. 410 cpc e, al contempo, viola
il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non
riproducendo il contenuto di tali richieste;
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di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (cfr, ex plurimis,

trattata nella sentenza impugnata (che ha confermato le pronunce di
prime cure), senza indicare, sempre in ossequio al principio di
autosufficienza del ricorso in cassazione, i tempi e i modi attraverso i
quali la questione sarebbe stata devoluta al Giudice del gravame.
7. L’art. 4 bis dl.vo n. 368/01, di cui la ricorrente principale prospetta

in subordine, quanto al Siciliano, l’applicazione, è stato dichiarato
costituzionalmente illegittimo dalla Corte Costituzionale con
sentenza 14 luglio 2009, n. 214.
Va inoltre considerato, in via di principio, che costituisce condizione
necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius
superveniens, che abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una

nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia
in qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura
nel ricorso, in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui
perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr, Cass. 8
maggio 2006 n. 10547).
In tale contesto, è altresì necessario che il motivo di ricorso che
investe, anche indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina
sopravvenuta, oltre ad essere sussistente, sia altresì ammissibile
secondo la disciplina sua propria.

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– quanto al secondo profilo, perché introduce una questione non

Nel caso in esame il motivo che investe il tema al quale è riferibile la

settimo, testè esaminato, il quale, come evidenziato, è inammissibile.
Deve quindi convenirsi per l’inapplicabilità nel presente giudizio del
ricordato ius superveniens.
8. La Corte territoriale ha liquidato in favore della Pace le spese del
grado in complessivi euro 650,00 (di cui euro 350,00 per onorari ed
euro 250,00 per diritti).
Di ciò si è doluta la ricorrente incidentale, che, con l’unico motivo,
lamenta la violazione dei minimi tabellari, applicabili rettone temporis.
Premesso che, contrariamente a quanto prospettato dalla Poste
Italiane spa nel controricorso, nel caso di specie la Corte territoriale
non ha disposto una parziale compensazione delle spese, deve
riconoscersi la fondatezza della doglianza.
Infatti, atteso il valore indeterminabile della causa, gli onorari liquidati
sono inferiori ai minimi tabellari di cui al dm n. 127 dell’8.4.2004 e i
diritti sono stati liquidati in misura inferiore alle prescrizioni del
medesimo decreto.
9. In definitiva il ricorso principale va rigettato, mentre quello
incidentale deve essere accolto, con conseguente cassazione della
statuizione sulla liquidazione delle spese a favore di Pace Maria.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la
controversia, può essere decisa nel merito, liquidando le spese del
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disciplina di cui all’art. 32, commi 5 0 , 60 e 7°, legge n. 183/10 è il

grado d’appello nella misura indicata in dispositivo, con applicazione

ricordato decreto ministeriale.
Le spese del giudizio di cassazione a favore della controricorrente,
liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Non è luogo a provvedere al riguardo quanto all’intimato Siciliano
Andrea, in carenza di sua attività difensiva.

P. Q. M.
La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso incidentale e rigetta
quello principale; cassa la sentenza impugnata in relazione alla
censura accolta e, decidendo nel merito, liquida le spese del grado
d’appello in favore di Pace Maria in complessivi euro 1.500,00
(millecinquecento), di cui euro 505,00 per diritti ed euro 935,00 per
onorari, oltre spese generali e accessori come per legge; condanna
la ricorrente principale alla rifusione delle spese del giudizio di
cassazione in favore di Pace Maria, che liquida in euro 3.600,00
(tremilaseicento), di cui euro 3.500,00 (tremilacinquecento) per
compenso, oltre accessori come per legge; nulla sulle spese quanto
a Siciliano Andrea.
Così deciso in Roma il 9 gennaio 2014.

dei diritti e dei minimi tabellari previsti dalla tabella allegata al

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