Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30399 del 23/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 23/11/2018, (ud. 29/10/2018, dep. 23/11/2018), n.30399

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CONDELLO A.P. Pasqualina – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2131/2012 R.G. proposto da:

D.C.S., rappresentato e difeso dall’Avv. Claudio Lucisano,

come da procura speciale in calce al ricorso, elettivamente

domiciliato presso il suo studio in Roma, Via Crescenzio n. 91;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempre, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Piemonte, n. 78/34/2010, depositata il 24 novembre 2010.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 ottobre

2018 dal Consigliere Luigi D’Orazio.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1.In data 27-5-2003 D.C.S. proponeva istanza per la definizione automatica ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9,versando Euro 3.000,00 il 14-5-20003 ed Euro 509,33 il 14-11-2003, con riferimento agli di imposta dal 1997 al 2001. L’istanza di definizione veniva rigettata il 18-12-2003.

2.In data 22-12-2003 veniva notificato al contribuente, con l’utilizzo dei parametri L. n. 549 del 1995, ex art. 3, commi 181 e ss., l’avviso di accertamento (OMISSIS) relativo al 1998 con cui si rettificavano i ricavi da Euro 40.717,98 ad Euro 60.785,43 – lire 117.697.000 – (poi ridotti ad Euro 42.612,86 a seguito di contraddittorio), sicchè il reddito passava da Euro 2.489,32 ad Euro 40.123,54, con una differenza di Euro 37.634,23. Avverso tale avviso veniva proposto, in data 17-2-2004, ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale.

3.11 22-9-2004 veniva notificata al contribuente cartella di pagamento, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15, per la somma di Euro 13.160,72 (“iscrizione a ruolo a seguito di accertamento (OMISSIS) notificato in data 22-12-2003. Gli importi sottoindicati sono dovuti a titolo provvisorio in presenza di ricorso in commissione tributaria provinciale”). L’Agenzia delle entrate concedeva la rateizzazione con il pagamento della somma di Euro 7.012,63 dal 21-12-2004 sino al 30-4-2007 (rate di Euro 256,28 ciascuna, tranne la prima di Euro 256,90).

4.La Commissione tributaria provinciale di Torino, con sentenza n. 85 del 19-92006 (85/24/06), nella motivazione accoglieva il ricorso del contribuente, in quanto l’Ufficio aveva dichiarato la propria disponibilità a ridurre del 16% i maggiori ricavi ottenuti con l’applicazione degli studi di settore in base alla tabella dei dati forniti dal ricorrente (maggiori ricavi da parametri: invito Euro 60.785,00; maggiori ricavi da parametri: atto impositivo Euro 51.093,59; maggiori ricavi da studi di settore: minimo ammissibile Euro 23.099,00; maggiori ricavi da studi di settore: puntuale di riferimento Euro 25.077,00). Tuttavia, nel dispositivo la Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso, determinando il reddito per l’anno 1998 in Euro 54.000,000, quindi per un reddito superiore a quello accertato di Euro 40.123,54. In realtà, anche volendo considerare il maggiore ricavo da “studi di settore” di Euro 25.077,00, anzichè il minimo ammissibile di Euro 23.099,00, con la decurtazione del 16% i maggiori ricavi erano di Euro 21.064, con maggiore imposta Iva (20%) di Euro 4.212,00 ed Irap (4,25%) di Euro 811,00.

5.Il contribuente presentata istanza di sgravio e di rimborso in relazione alla iscrizione a ruolo, in quanto dovevano considerarsi i ricavi di Euro 21.064, di cui alla motivazione della sentenza della Commissione provinciale (e non quelli errati di Euro 54.000,00 di cui al dispositivo), con una conseguente maggiore imposta per reddito di impresa di Euro 3.243,86. Pertanto, la somma delle imposte dovute, a seguito della sentenza, era di Euro 8.351,59 (Iva, Irpa e Irpeg), i cui 2/3 ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, erano Euro 5.567,15, mentre il 50% delle imposte iscritte ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15, all’epoca vigente, erano il 50% degli imponibili, quindi Euro 10.612,78, la cui di differenza di Euro 5.354,53 costituiva proprio l’entità dello sgravio richiesto. Inoltre, doveva tenersi conto della somma di Euro 4.027,00 pagata con il condono.

6.L’Agenzia delle entrate rigettava il 1-3-2007 la richiesta di sgravio, in quanto la Commissione provinciale di Torino con sentenza 85/2006 aveva determinato un reddito di Euro 54.000,00.

7. Il contribuente impugnava il provvedimento di diniego dello sgravio, evidenziando che l’Agenzia delle entrate non aveva tenuto conto delle tabelle e dei conteggi presentati, non tenendo conto di quanto già versato con il condono per Euro 4.027,00, che era stato violato il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, che i 2/3 delle imposte ammontavano ad Euro 5.567,15, da cui andavano sottratte le rate già versate per Euro 6.030,84, con un credito del contribuente di Euro 463,69, che non erano stati considerati i pagamenti da condono di Euro 4.027,00, sicchè il credito era di Euro 4.409,69.

8.Il 30-10-2007 la Commissione provinciale di Torino, con sentenza 195/2007, rigettava il ricorso in quanto il reddito era stato calcolato dalla Commissione provinciale di Torino (85/24/06) in Euro 54.000,00.

9.Con sentenza 39/38/2008 la Commissione regionale del Piemonte accoglieva parzialmente il ricorso in appello del contribuente avverso l’avviso di accertamento, indicando il maggiore ricavo in Euro 21.064,00. In data 30-12-2008 l’Agenzia delle entrate emetteva sgravio parziale con causale “Sent. CTR n. 39/38/08”.

10.Con sentenza 78/2010 la Commissione regionale del Piemonte rigettava l’appello del contribuente, in ordine al diniego dello sgravio, in quanto “al momento della presentazione della medesima (istanza di sgravio) era già stata pronunciata la sentenza della commissione tributaria provinciale numero 85/24/06 a seguito della quale il contribuente non aveva diritto ad alcuno sgravio ma anzi l’ufficio era legittimato a procedere ad ulteriori iscrizioni al ruolo”. Per la Commissione le “vicende relative alle fasi successive a quella in cui è avvenuto il diniego non hanno rilievo e non influenzano in via diretta ed immediata lo scenario che all’epoca della richiesta di sgravio legittimava la condotta dell’Ufficio”.

11.Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il contribuente.

12.Resisteva con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Con il primo motivo di impugnazione il contribuente deduce “Violazione e mancata applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1, secondo periodo; denunzia ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, in quanto la Commissione regionale non ha tenuto conto delle doglianze palesate dallo stesso al paragrafo 12 A del ricorso per cassazione, quindi nel ricorso di primo grado del giudizio per l’annullamento del rigetto dell’istanza di sgravio (l’Agenzia delle entrate nulla spiegava su tabelle e conteggi del ricorrente ed in relazione alla somma di Euro 4.027,00 pagata con il condono).

1.1.Tale motivo è inammissibile.

Invero, in primo luogo, si rileva che la censura di omessa pronuncia doveva essere fatta valere ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, trattandosi di error in procedendo. L’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello, e, in genere, su una domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio, integra una violazione dell’art. 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, che consente alla parte di chiedere – e al giudice di legittimità di effettuare – l’esame degli atti del giudizio di merito, nonchè, specificamente, dell’atto di appello, mentre è inammissibile ove il vizio sia dedotto come violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. (Cass. Civ., 27 ottobre 2014, n. 22759).

In secondo luogo, si rileva l’inammissibilità del motivo, in quanto l’omessa pronuncia del giudice di secondo grado deve riferirsi ai motivi di appello e non certo ai motivi di ricorso di primo grado.

In terzo luogo, il motivo pare incentrarsi sulla insufficienza di motivazione del provvedimento di diniego di sgravio, sicchè è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione proposto direttamente nei confronti del provvedimento dell’autorità amministrativa. Infatti, in tema di ricorso per cassazione avverso sentenza resa dalla Commissione tributaria regionale in grado di appello, poichè l’unico oggetto del giudizio di legittimità è costituito dalla sentenza impugnata, è inammissibile il motivo di ricorso con cui si denuncino direttamente vizi dell’avviso di accertamento (Cass. Civ., 13 marzo 2009, n. 6134).

2.Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente deduce “Violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, comma 1; denunzia ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, in quanto le vicende processuali che riguardano il contribuente “devono essere considerate anche se successive al momento in cui è avvenuto il diniego allo sgravio, in quanto le iscrizioni di imposta sono avvenute a titolo provvisorio, e non a titolo definitivo”. Infatti, per il ricorrente, le iscrizioni a titolo provvisorio seguono l’evoluzione della vicenda processuale e l’iscrizione provvisoria, che era corretta al momento dell’emissione della sentenza di primo grado, non lo è più alla luce della sentenza di secondo grado. Il reddito di impresa, accertato in origine in Euro 40.123,54, è stato aumentato dalla sentenza della Commissione provinciale ad Euro 54.000,00, per poi essere ridotto dalla sentenza della Commissione regionale.

2.1.Tale motivo è fondato.

Invero, nei confronti del contribuente è stata dapprima emessa la cartella di pagamento per Euro 13.160,00 per importi dovuti a titolo provvisorio, nella misura del 50%, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15, a seguito della notifica dell’avviso di accertamento.

L’art. 15 citato dispone, nella versione all’epoca vigente, che “Le imposte…i relativi interessi, sono iscritti a titolo provvisorio nei ruoli, dopo la notifica dell’atto di accertamento, per la metà degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati”.

A seguito del ricorso presentato dinanzi alla Commissione provinciale (CTP Torino 85/24/2006), questa, mentre nella motivazione dava atto della disponibilità della Agenzia delle entrate a decurtare del 16% l’importo derivante dagli studi di settore, in dispositivo, pur se “in accoglimento parziale del ricorso”, determinava in Euro 54.000 il reddito relativo al 1998, quindi in misura più elevata rispetto al reddito accertato in Euro 40.123,54.

L’istanza di sgravio veniva rigettata dalla Agenzia delle entrate proprio alla stregua di tale pronuncia, che aveva aumentato il reddito del contribuente, che pure al 30-4-2007 aveva versato già la somma di Euro 6.030,84 a titolo di dilazione del pagamento e quella di Euro 4.027,00 per condono.

La Commissione tributaria provinciale di Torino (sentenza 195/2007) ha rigettato il ricorso del contribuente, sempre per la pronuncia 85/24/2006 della CTP di Torino, che aveva determinato il reddito in Euro 54.000,00, quindi in misura superiore a quella accertata.

Tuttavia, la Commissione regionale del Piemonte, con sentenza 39/08, ha accolto l’appello del contribuente, per cui “in parziale riforma della decisione impugnata, definisce il maggior ricavo con riferimento all’annualità d’imposta 1998, nella misura di Euro 21.064,68”.

La Commissione tributaria regionale del Piemonte, però, con la successiva sentenza 78/2010, ha rigettato l’appello del contribuente in ordine all’impugnazione del diniego dello sgravio, poichè al momento della presentazione dello sgravio era già stata pronunciata la sentenza della CTP di Torino (85/24/06) che aveva aumentato il reddito del 1998, pur accogliendo il ricorso del contribuente, evidenziando che non poteva tenersi conto dello scenario successivo, quando la Commissione regionale con sentenza 39/2008 ha accolto sul punto l’appello del contribuente, definendo “il maggior ricavo” in Euro 21.064,68.

In realtà, sia il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15, che D.Lg.s n. 546 del 1992, art. 69, attengono ai tributi non ancora definivi. La prima norma concerne la riscossione frazionata nella fase amministrativa, mentre la seconda concerne la riscossione frazionata “processuale” (Cass. Civ., 10 giugno 2011, n. 12791).

Non v’è dubbio, allora, che il titolo per l’iscrizione provvisoria può mutare nel corso del giudizio, a seconda dell’esito del giudizio nei vari gradi di impugnazione. Di tali mutamenti deve tenere conto allora l’amministrazione quando deve decidere sulle istanze di sgravio del contribuente, così come deve tenersene conto in sede giurisdizionale.

Pertanto, la Commissione regionale, quando ha pronunciato sull’appello proposto dal contribuente, al fine di conseguire lo sgravio, avrebbe dovuto tenere conto che le imposte come determinate, per i 2/3 dalla sentenza della Commissione provinciale 85/24/2006, erano state rideterminate in misura inferiore dalla successiva pronuncia della Commissione regionale 39/2008, che aveva ridotto tale importo.

Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, all’epoca vigente, prevede, infatti, che “…nei casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo oggetto di giudizio davanti alle commissioni, il tributo, con i relativi interessi…, deve essere pagato: a)per i due terzi, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso; b)per l’ammontare risultante dalla sentenza della commissione provinciale e, comunque, non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso; c)per il residuo ammontare determinato nella sentenza della commissione tributaria regionale”.

Inoltre, si aggiunge che “Per le ipotesi indicate nelle precedenti lettere a), b) e c) gli importi da versare vanno in ogni caso diminuiti di quanto già corrisposto”. Pertanto, la Commissione regionale avrebbe dovuto tenere conto che il titolo provvisorio costituito dalla sentenza della CTP 85/24/06 era venuto meno con la successiva sentenza della Commissione regionale 39/2008, che aveva ridotto il reddito.

Deve, infatti, farsi applicazione del principio di diritto affermato dalle sezioni unite sia pure nell’ipotesi di iscrizione nei ruoli straordinari ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 15 bis, per cui l’iscrizione nei ruoli straordinari dell’intero importo delle imposte, degli interessi e delle sanzioni, risultante dall’avviso di accertamento non definitivo, prevista, in caso di fondato pericolo per la riscossione, del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 11 e 15 bis, costituisce misura cautelare posta a garanzia del credito erariale, la cui legittimità dipende pur sempre da quella dell’atto impositivo presupposto, che ne è il titolo fondante, sicchè, qualora intervenga una sentenza del giudice tributario, anche non passata in giudicato, che annulla in tutto o in parte tale atto, l’ente impositore, così come il giudice dinanzi al quale sia stata impugnata la relativa cartella di pagamento, ha l’obbligo di agire in conformità della statuizione giudiziale, sia ove l’iscrizione non sia stata ancora effettuata, sia, se già effettuata, adottando i conseguenziali provvedimenti di sgravio, o eventualmente di rimborso dell’eccedenza versata (Cass. Civ., Sez. Un., 13 gennaio 2017, n. 758). In motivazione si legge, infatti, che l’efficacia immediata delle sentenze delle commissioni tributarie trova base normativa al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68,commi 1 e 2, in quanto “sia il comma 2…sia il comma 1 – che disciplina la riscossione frazionata e graduale del tributo e dei relativi interessi sempre sulla base delle statuizioni della sentenza, trovando in questa, quindi, il titolo per l’esercizio del relativo potere – postulano evidentemente che le sentenze tributarie di merito abbiano un effetto immediato: basta osservare che, se quanto già eventualmente riscosso in più va (celermente) restituito, a fortiori, non può configurarsi la riscossione di un credito la cui esistenza sia stata negata dalla pronuncia del giudice”.

Se, quindi, il giudice tributario “…annulla, totalmente o parzialmente, l’atto impositivo (pur se in via non definitiva in attesa dell’eventuale giudizio di impugnazione), quest’ultimo, rispettivamente in toto o nei limiti della parte annullata, non può che perdere efficacia quale titolo idoneo a legittimare, in radice, l’inizio o la prosecuzione di un’azione di riscossione provvisoria, anche avente natura cautelare” (cfr. Cass. Civ., Sez. Un., 2017/758 in motivazione).

Del resto, già in precedenza si è ritenuto che deve essere esclusa la riscossione provvisoria per la pretesa tributaria annullata dal primo giudice che accoglie il ricorso del contribuente; in attesa che si formi il giudicato sulla questione, la sentenza che riconosce le ragioni del cittadino priva di supporto l’atto amministrativo che legittima la pretesa tributaria; viene meno, dunque, sia pure solo momentaneamente, il titolo su cui si fonda la ragione di credito dell’amministrazione (Cass. Civ., 10 luglio 2008, n. 19078; Cass. Civ., 22 settembre 2006, n. 20526).

3.Con il terzo motivo di impugnazione il ricorrente si duole della “violazione e mancata applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 15; denunzia ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”, in quanto, con riferimento al credito del contribuente di Euro 4.490,69, ottenuto tenendo conto delle somme pagate con la dilazione per Euro 6.030,84 e delle somme versate in sede di condono per Euro 4.027,00, a fronte della imposta “iscrivibile” solo per 2/3 pari ad Euro 5.567,15, “Il giudice di prime cure non si esprime in merito…Il giudice di secondo cure non si esprime sul punto”.

3.1.Invero, in primo luogo, si rileva che la censura di omessa pronuncia doveva essere fatta valere ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, trattandosi di error in procedendo (Cass. Civ., 27 ottobre 2014, n. 22759).

Inoltre, il motivo difetta anche di autosufficienza, in quanto non viene riportato il ricorso in appello, con le singole censure alla sentenza di primo grado, sicchè non è possibile neppure valutare se la doglianza di omessa pronuncia sulle questioni indicate nel “punto 12 lette. C”, che attengono alle censure avverso il provvedimento di diniego di sgravio, sia stata proposta con il ricorso in appello, lapidariamente indicato al paragrafo 19 del ricorso per cassazione (“In data 6 aprile 2009 parte ricorrente proponeva tempestivo ricorso in appello all’Agenzia delle entrate di Torino 2,…per la riforma della sentenza di primo grado. I vizi verranno ripresi successivamente”).

4.La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione, che si adeguerà al principio di diritto di cui al paragrafo 2.1., e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

In accoglimento del secondo motivo di ricorso, dichiarati inammissibili il primo ed il terzo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 29 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2018

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