Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30397 del 21/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 21/11/2019, (ud. 24/09/2019, dep. 21/11/2019), n.30397

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8776-2018 proposto da:

K.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

FRANCESCO BONATESTA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto n. 2353/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 10/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 24/09/2019 dal Presidente Relatore Dott. FRANCESCO

ANTONIO GENOVESE.

Fatto

FATTI DI CAUSA e RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte d’appello di Bologna ha confermato la decisione adottata dal Tribunale di quella stessa città che aveva ha respinto il ricorso proposto dal sig. K.D., cittadino del Mali, avverso il provvedimento negativo del Ministero dell’Interno – Commissione territoriale di Bologna, che aveva respinto sia le richieste di protezione internazionale e sia la monda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, invocati sulla base di una vicenda personale secondo la quale, per usurpare le terre possedute dalla propria famiglia, alcune persone, loro avversari, avrebbero appiccato fuoco alla casa e ucciso il padre, sicchè egli sarebbe stato costretto ad abbandonare i luoghi di origine.

Secondo il giudice del gravame, il resoconto era ampiamente lacunoso, contraddittorio e non credibile, sotto una pluralità di profili, onde andavano respinte tutte le richieste di protezione (inclusa quella umanitaria), atteso che non era fondata l’ipotesi persecutoria in un Paese ove erano in corso di positivi cambiamenti (desunti da reports aggiornati) e in difetto di una specifica allegazione (ai fini della tutela umanitaria) della propria fragilità e non essendo circostanziata la generica denuncia di protezione per la asserita tratta di esseri umani.

Avverso tale provvedimento ricorre il sig. K.D. con tre mezzi con i quali lamenta plurime violazioni di legge: a) il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 2 e art. 14, lett. b) e c); b) il TU di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Il Ministero non ha svolto difese.

Il Collegio condivide la proposta di definizione della controversia notificata alle parti costituite nel presente procedimento, alla quale non sono state mosse osservazioni critiche.

Il ricorso, infatti, deve essere dichiarato inammissibile.

Le sue doglianze, infatti, costituite dalla sostanziale richiesta di una diversa valutazione della credibilità del resoconto del richiedente asilo e della situazione del Mali, sia pure sotto le apparenze delle censure di violazione di legge, tendono ad una inammissibile richiesta di riesame delle risultanze processuali e alla rivalutazione degli elementi emersi nel corso della fase di merito (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 2014), persistendo il deficit allegatorio con riguardo al presunto stato di vulnerabilità personale e la mancata censura della generica protezione invocata per l’ipotesi della tratta degli esseri umani.

Alla inammissibilità del ricorso non segue nè l’affermazione dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato, avendo il ricorrente conseguito l’ammissione al PASS, nè il regolamento delle spese di lite, non avendo la PA intimata svolto sostanziali attività difensive in questa sede.

P.Q.M.

La Corte:

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6-1^ sezione civile, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2019

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