Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30394 del 23/11/2018
Cassazione civile sez. trib., 23/11/2018, (ud. 24/10/2018, dep. 23/11/2018), n.30394
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
Dott. CIRESE Marina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11430-2013 proposto da:
G.F., elettivamente domiciliato in ROMA LARGO TRIONFALE 7,
presso lo studio dell’avvocato MARIO SCIALLA, rappresentato e difeso
dall’avvocato MICHELE MARTINI;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE UFFICIO II DI MILANO in
persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che
lo rappresenta e difende;
– resistente con atto di costituzione –
avverso la sentenza n. 135/2012 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,
depositata il 22/10/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/10/2018 dal Consigliere Dott. MARINA CIRESE.
Fatto
RITENUTO
CHE:
G.F. impugnava dinanzi alla CTP di Milano le cartelle di pagamento n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS) deducendo che l’Agenzia delle Entrate aveva rideterminato il suo reddito in modo erroneo formando un ruolo cui seguiva la notifica della cartella di pagamento non rispettando le statuizioni di cui alla sentenza n. 357/12/09 della CTP di Milano in data 16.12.2009 (avente ad oggetto la impugnazione di due avvisi di accertamento sintetico del reddito emessi nei suoi confronti per incrementi patrimoniali dalla DPE di Milano).
La CTP di Milano con sentenza in data 15 aprile 2011 rigettava il ricorso ritenendo non rispondente a verità che la sentenza della CTP di Milano n. 357/12/09 avesse disposto l’annullamento totale dell’accertamento essendo stato il ricorso solo parzialmente accolto.
Proposto appello da parte del contribuente avverso detta pronuncia, la CTR di Milano con sentenza in data 22.10.2012 rigettava il gravame confermando la sentenza di primo grado.
Avverso detta pronuncia il contribuente proponeva ricorso per cassazione articolato in due motivi.
L’Agenzia delle Entrate depositava atto di costituzione al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.
Entrambe le parti depositavano memoria ex art. 378 c.p.c..
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
1. Con il primo motivo di ricorso rubricato “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in relazione alla mancata corretta valutazione del pronunciamento di cui alla sentenza n. 357/12/09 della CTP di Milano” parte ricorrente assume che il giudice di appello sulla sollevata questione della legittimità della sentenza di primo grado si limita a riferire circa la legittimità della medesima omettendo di pronunciarsi circa la censura sollevata con l’introduzione del giudizio di appello.
2. Con il secondo motivo di ricorso rubricato “Violazione o falsa applicazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione al mancato pronunciamento dell’annullamento del ruolo esattoriale e sulla illegittimità della cartella di pagamento formata dal D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 68, comma 1, lett. a), anzichè sulla base della sentenza n. 357/12/09 della CTP di Milano” parte ricorrente deduce che il giudice di appello non si è pronunciato sull’annullamento del ruolo esattoriale e sull’illegittimità della cartella di pagamento erroneamente formata.
Esaminando il primo motivo di ricorso, va premesso che parte ricorrente ha impugnato due cartelle di pagamento emesse per il recupero di imposta dovuta a seguito di accoglimento del ricorso proposto avverso due avvisi di accertamento sintetico del reddito da parte della CTP di Milano sostenendo che l’accoglimento era stato totale. In realtà dal tenore della sentenza della CTP di Milano n. 357/12/09, riportata nella sentenza della CTR oggi impugnata sia nel dispositivo che nella motivazione, si evince chiaramente che l’accoglimento era stato parziale e che tale circostanza è stata compiutamente valutata dal giudice d’appello. Pertanto la censura svolta, appare incongrua rispetto alla ratio decidendi della pronuncia impugnata.
Il secondo motivo di ricorso deve ritenersi assorbito.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile.
La regolamentazione delle spese del giudizio segue la soccombenza.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4100,00.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2018