Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30393 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2011, (ud. 07/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30393

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 25438-2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

M.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA LUIGI RIZZO 41, presso lo studio dell’avvocato RADOCCHIA

ROSELLA, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCIA CESARE, giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 79/13/2009 della Commissione Tributaria

Regionale di BOLOGNA del 6.4.09, depositata il 1/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO VALITUTTI.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ALFREDO

POMPEO VIOLA.

Fatto

LA CORTE

– rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“Con sentenza n. 79/09, la CTR dell’Emilia Romagna rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Cesena, avverso la sentenza di primo grado con la quale era stato accolto il ricorso proposto dal dr. M.R., medico convenzionato con il S.S.N., nei confronti del silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso dell’IRAP versata negli anni dal 1998 al 2004. Il giudice di appello, invero, dopo avere disatteso l’eccezione di inammissibilità del ricorso, per essersi il contribuente avvalso del condono della L. n. 289 del 2002, ex artt. 7 e 9 riteneva, nel merito, insussistente – nel caso di specie – il requisito essenziale per l’applicabilità dell’IRAP, costituito dall’abituale esercizio di un’attività autonomamente organizzata, diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi.

Avverso la sentenza n. 79/09 ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate articolando due motivi, con i quali deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, artt. 7 e 9 nonchè l’insufficiente motivazione circa un fatto decisivo della controversia. L’intimato ha replicato con controricorso. Il ricorso, a parere del relatore, appare manifestamente fondato, in relazione ad entrambe le censure. Per quanto concerne il primo motivo di ricorso, va osservato, infatti, che – secondo l’insegnamento di questa Corte – l’esercizio della facoltà di ottenere la chiusura delle liti fiscali pendenti, pagando una somma correlata al valore della causa, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9 produce un effetto estintivo del giudizio, che opera anche in relazione alle domande giudiziali riguardanti le richieste di rimborso d’imposta (nella specie, IRAP).

Ed invero, il condono, in quanto volto a definire in via transattiva la controversia, pone il contribuente di fronte ad una libera scelta tra trattamenti distinti e che non si intersecano tra loro, ovverosia coltivare la controversia nei modi ordinar, conseguendo, se del caso, il rimborso delle somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata, ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto eventualmente già corrisposto in via ordinaria (Cass. 25239/07, 17142/08).

Per il che, nel caso di specie, la CTR avrebbe dovuto dichiarare parzialmente inammissibile il ricorso, per gli anni (1997-2002) per i quali il contribuente si era avvalso del condono L. n. 289 del 2002, ex artt. 7 e 9. Per quanto concerne, poi, il secondo motivo di ricorso, va rilevato che l’attività libero-professionale – svolta, nella specie, dal M. – è esclusa dall’applicazione dell’IRAP solo quando si tratti di attività non autonomamente organizzata.

Tale organizzazione, per vero, sussiste quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l'”id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce, in ogni caso, onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Cass. S.U. 12111/09). Con specifico riferimento all’attività svolta dal medico convenzionato con il S.S.N. questa Corte ha, poi, avuto modo di precisare che difetta il requisito dell’autonoma organizzazione, ai fini dell’assoggettabilità ad IRAP dell’attività professionale, solo quando detta attività sia svolta senza l’ausilio di dipendenti e con l’impiego di mezzi strumentali del tutto limitati (Cass. 3674/07).

Nel caso concreto, a fronte di elementi desumibili dalla stessa dichiarazione del contribuente (valore dei beni strumentali, spese per immobili, spese documentate per consumi vari, canoni di locazione per beni mobili), la CTR si è limitata – ai fini di escludere l’assoggettabilità ad IRAP dell’attività del contribuente – ad effettuare un’affermazione del tutto generica circa l’esistenza di beni strumentali tali da far escludere l’autonoma organizzazione del lavoro necessaria per l’applicabilità dell’imposta.

Di conseguenza, il ricorso può essere deciso in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1″;

– che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

-che non sono state depositate conclusioni scritte dal P.M., mentre ha depositato memoria l’intimato; considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, senza che a diversa conclusione siano idonee ad indurre le argomentazioni svolte nell’anzidetta memoria. Ed invero, va ulteriormente ribadita l’insufficienza della motivazione della sentenza di appello, in ordine al requisito dell’autonoma organizzazione dell’attività professionale del M., a fronte degli elementi probatori desumibili, al riguardo, dalla stessa dichiarazione del contribuente;

– che pertanto, riaffermato il principio di diritto sopra richiamato, va accolto il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, che procederà a nuovo esame della controversia, uniformandosi al detto principio, oltre a provvedere in ordine alle spese anche del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte Suprema di Cassazione;

accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della CTR dell’Emilia Romagna, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 7 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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