Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30390 del 21/11/2019

Cassazione civile sez. VI, 21/11/2019, (ud. 19/06/2019, dep. 21/11/2019), n.30390

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Aldo – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7013-2018 proposto da:

G.M.G., G.V., G.S., GU.MA.,

G.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE FRACASSINI

4, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA D’ORSI, rappresentati e

difesi dall’avvocato LUCA GARBUGLI giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

B.P., B.M., B.F.,

BE.GI., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DINO

FRESCOBALDI, 3, presso lo studio dell’avvocato ANDREA GIORDANO,

rappresentati e difesi dall’avvocato FLAVIO VITALI giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

R.C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 20959/2017 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 08/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/06/2019 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO; Lette le memorie

depositate dai controricorrenti.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione notificato il 5 e il 18 giugno 1998 B.M., P. e B.F., nonchè Be.Gi. convenivano innanzi al Tribunale di Forlì G.F., M.G., e G.G., nonchè S.R.M. e G.S., Gu.Ma. e G.V., per sentir accertare che questi ultimi occupavano senza titolo la corte edilizia posta a piano terra del fabbricato sito in (OMISSIS), fabbricato che gli attori avevano acquistato da R.C. con contratto del 24.02.1997, e per sentir conseguentemente condannare i convenuti al rilascio dell’area in questione, oltre al risarcimento dei danni cagionati dall’abusiva occupazione.

I convenuti contestavano la domanda attorea eccependo l’intervenuta usucapione dell’area ed, a loro volta, chiedevano, in via riconvenzionale, dichiararsi che gli attori occupavano abusivamente un vano di loro proprietà esclusiva, distinto in catasto del Comune di Borghi, al foglio (OMISSIS), part. (OMISSIS), che non era ricompreso nell’appartamento, posto al primo piano del fabbricato, che era stato acquistato dagli attori con il contratto del 24.02.1997.

Gli attori resistevano alla domanda riconvenzionale proposta dai convenuti, deducendo, a loro volta, l’intervenuto acquisto per usucapione del vano rivendicato da questi ultimi, e chiedevano, in ogni caso, di essere autorizzati alla chiamata in causa di R.C., loro dante causa, per essere dalla stessa garantiti in caso di evizione.

La R. si costituiva, deducendo che il contratto di compravendita stipulato con gli attori non comprendeva l’area cortilizia rivendicata dagli stessi ed, in relazione al vano invece rivendicato dai convenuti, riferiva che lo stesso era parte integrante del fabbricato alienato con atto del 24.02.1997 e che la proprietà di esso era stata acquistata dai propri danti causa per usucapione.

In relazione alla garanzia per evizione, opponeva che nel contratto 24.02.1997 la parte acquirente aveva preso atto che, su una parte dell’area cortilizia era stato costruito dal confinante un fabbricato e, pertanto, non era stata prestata garanzia per evizione in relazione a detta porzione.

Concludeva, dunque, per il rigetto della domanda degli attori, nonchè di quella spiegata dai convenuti, e chiedeva accertarsi in via riconvenzionale, l’intervenuto acquisto per usucapione del vano da questi ultimi rivendicato.

Il Tribunale di Forlì dichiarava che gli attori avevano acquistato per usucapione la proprietà del vano posto al primo piano del fabbricato sito in (OMISSIS), distinto al catasto al foglio (OMISSIS), part. (OMISSIS), atteso che tale vano, intestato ai convenuti a causa di un errore nella redazione della planimetria catastale risalente al 1940 e 1953, era stato da sempre posseduto dalla R. e dai suoi danti causa, ed era parte integrante del fabbricato trasferito ai B. – Be..

Dichiarava, inoltre, che i convenuti erano divenuti proprietari, per usucapione ventennale, della corte di 20 mq posta al piano terra dal fabbricato sito in (OMISSIS) distinta al catasto al foglio (OMISSIS), part. (OMISSIS), in quanto risultava provato che tale corte, pur se ricompresa nel fabbricato acquistato dagli attori, era posseduta dai convenuti e dai loro danti causa, almeno dal 1950. Il giudice di primo grado condannava infine R.C. al pagamento, in favore degli attori, di 10.000,00 Euro a titolo di risarcimento del danno, per l’evizione parziale da questi subita in relazione alla corte su menzionata.

La Corte d’Appello di Bologna riformava parzialmente la sentenza di primo grado, dichiarando la nullità del capo della stessa che riconosceva agli attori la proprietà del vano posto al primo piano dell’immobile, per vizio di ultra-petizione, confermando, nel resto, l’impugnata sentenza.

Il Giudice di appello, in particolare, rilevava che gli attori, con la memoria ex art. 180 c.p.c., avevano proposto domanda di usucapione del vano posto al primo piano, ma non avevano reiterato tale domanda, nè con la memoria ex art. 183 c.p.c., nè con la comparsa conclusionale, formulando mera eccezione di usucapione, diretta a contrastare la domanda riconvenzionale dei convenuti.

Quanto alle altre contrapposte domande, la Corte territoriale confermava la sentenza di primo grado, ritenendo, anzitutto, avuto riguardo al vano rivendicato dai signori G. – Silvestrini che questi ultimi non avevano adempiuto all’onere probatorio richiesto dall’art. 948 c.c., non avendo fornito la prova di un idoneo acquisto del bene a titolo originario, da parte loro o dei loro danti causa.

Il vano in oggetto doveva inoltre ritenersi compreso nel rogito di vendita, come risultava dalla descrizione dell’appartamento contenuta nell’atto pubblico, e di tale bene la venditrice aveva già acquistato la proprietà per usucapione, come desumibile dalle dichiarazioni testimoniali assunte, con la conseguente validità ed efficacia del relativo trasferimento in favore dei signori B. – Be..

Il giudice di appello attribuiva al riguardo efficacia decisiva alla denuncia di variazione, depositata presso l’Ufficio Tecnico Erariale in data 17 gennaio 1997, e perciò in data anteriore alla compravendita, che conteneva la rappresentazione grafica del bene compravenduto di cui al mapp. (OMISSIS), rappresentazione che comprendeva anche il vano rivendicato.

La Corte territoriale riteneva, invece, irrilevante la consistenza del bene indicata nel rogito, in quanto la stessa costituiva un dato meramente formale, essendo stata desunta dalle indicazioni catastali e non già da un rilevamento dello stato di fatto, ed evidenziava inoltre la particolare ubicazione del vano, destinato per diversi anni a camera da letto della famiglia.

Avverso tale sentenza proponevano ricorso per cassazione, con sette motivi, G.M.G., G., S., Gu.Ma. e G.V. e S.R.M..

Questa Corte con la sentenza n. 20959 dell’8 settembre 2017 dichiarava il ricorso improcedibile per il tardivo deposito del ricorso medesimo.

Rilevava che il termine di venti giorni per il deposito del ricorso per cassazione, previsto a pena di improcedibilità dall’art. 369 c.p.c., decorre, nell’ipotesi di notifica effettuata sia al procuratore domiciliatario della controparte che alla parte personalmente, dalla prima notifica, atteso che, per il caso in cui la parte abbia eletto domicilio, la legge prevede solo la notifica nel luogo indicato ai fini della valida instaurazione del rapporto processuale, restando la notifica personale un atto ultroneo, cui non può riconoscersi alcun effetto, e rilevando l’ultima notificazione solo in caso di pluralità di parti.

Nel caso di specie il ricorso era stato notificato al procuratore domiciliatario dei controricorrenti B. – Be., nonchè al procuratore domiciliatario della R. in data 29 maggio 2013, mentre il deposito nella cancelleria della Corte era stato pacificamente effettuato il 20 giugno, con conseguente improcedibilità del ricorso per inosservanza del su menzionato termine perentorio.

Per la revocazione di tale sentenza hanno proposto ricorso G.M.G., G.S., G.G., Gu.Ma., G.V., anche quali eredi di S.R.M., sulla base di un motivo.

B.M., Be.Gi., B.F., B.P. resistevano con controricorso.

R.C. non ha svolto difese in questa fase.

L’unico articolato motivo di ricorso denuncia ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, l’errore di fatto commesso dalla Corte, con la conseguente violazione degli artt. 369 e 330 c.p.c., laddove è stato ravvisato il tardivo deposito del ricorso.

Si rileva che la prima notifica del ricorso effettuata in data 29 maggio 2013 era stata indirizzata alle controparti presso il domicilio dei rispettivi procuratori e non anche al procuratore domiciliatario, essendosi poi fatta seguire in data 31/5/2013 una seconda notifica alle controparti personalmente.

La Corte di cassazione ha erroneamente affermato che la prima notifica sarebbe stata fatta ai procuratori domiciliatari, travisando però le risultanze di fatto, sul presupposto erroneo della validità di tale prima notifica.

Infatti, la stessa è avvenuta in data 29/5/2013 ad oltre un anno di distanza del deposito della sentenza impugnata che risaliva al 9 maggio 2012, con la conseguenza che la notifica non poteva che essere compiuta ex art. 330 c.p.c. nei confronti degli intimati personalmente.

Rileva quindi, ai fini dell’art. 369 c.p.c., solo la seconda notifica del 31/5/2013, in ordine alla quale il deposito avvenuto in data 20/6/2013 risultava tempestivo.

Inoltre si osserva che la notifica era stata eseguita nei confronti delle parti presso il procuratore costituito, anzichè al procuratore costituito, con la conseguenza che la stessa era nulla, e quindi inidonea a far decorrere il termine per il deposito del ricorso.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Va a tal fine ricordato che (cfr. ex multis, Cass. n. 442/2018) l’istanza di revocazione di una pronuncia della Corte di cassazione, proponibile ai sensi dell’art. 391 – bis c.p.c., implica, ai fini della sua ammissibilità, un errore di fatto riconducibile all’art. 395 c.p.c., n. 4, che consiste in un errore di percezione, o in una mera svista materiale, che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo, che risulti, invece, in modo incontestabile escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso, su cui il giudice si sia pronunciato. L’errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali, semprechè la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio, formatosi sulla base di una valutazione.

Va pertanto ribadito che (cfr. Cass. n. 20635/2017) la configurabilità dell’errore revocatorio presuppone un errore di fatto, che si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione di esistenza od inesistenza di un fatto che la realtà processuale induce ad escludere o ad affermare, non anche quando la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione.

Nella vicenda in esame, i ricorrenti, lungi dal denunciare la sussistenza di un errore di fatto revocatorio come sopra individuato, in realtà denunciano l’errore di giudizio compiuto da questa Corte che avrebbe ritenuto come valida, ai fini del decorso del termine per il deposito del ricorso, una prima notifica che invece, a detta dei ricorrenti, sarebbe affetta da invalidità, in quanto non effettuata alle parti personalmente (essendo decorso un anno dalla pubblicazione della sentenza d’appello) ed indirizzata alle parti stesse presso il procuratore domiciliatario, e non anche a quest’ultimo.

Trattasi però all’evidenza di errori di giudizio che esulano dal novero degli errori suscettibili di denuncia con lo strumento della revocazione ex art. 391 bis c.p.c. (cfr. sul punto Cass. n. 26278/2016, secondo cui l’omesso rilievo di un vizio concernente la ritualità della notificazione dell’atto di impugnazione, sotto il profilo del luogo in cui è stata eseguita, non integra un errore di fatto ex art. 395 c.p.c., n. 4, il quale, pur potendo cadere sul contenuto degli atti processuali oggetto di cognizione del giudice, deve consistere in un errore di natura meramente percettiva, cioè in una svista materiale, e non in un errore di diritto da far valere, invece, con gli ordinari mezzi di impugnazione).

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Nulla per le spese per l’intimata che non ha svolto attività difensiva.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese in favore dei controricorrenti che liquida in complessivi Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi, ed accessori come per legge;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2019

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