Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3039 del 11/02/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 3039 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BANDINI GIANFRANCO

SENTENZA

sul ricorso 25563-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2014
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contro

CIANCI LUCIA C.F. CNCLCU63M47A485Q, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PANAMA N. 74, presso lo
studio dell’avvocato IACOBELLI GIANNI EMILIO, che la

Data pubblicazione: 11/02/2014

rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 4410/2007 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 25/10/2007 r.g.n. 4964/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
del

09/01/2014

dal

Consigliere

Dott.

GIANFRANCO BANDINI;
udito l’Avvocato MICELI MARIO per delega FIORILLO
LUIGI;
udito l’Avvocato IACOBELLI GIANNI EMILIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udienza

33SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

il gravame avverso la pronuncia di prime cure che aveva dichiarato
la sussistenza fra la Poste Italiane spa e Cianci Lucia di un rapporto
di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dal
1°.3.2000, condannando la datrice di lavoro al pagamento delle
retribuzioni dal 14.5.2003.
Avverso la suddetta sentenza della Corte territoriale, la Poste
Italiane spa ha proposto ricorso per cassazione fondato su quattro
motivi.
L’intimata Cianci Lucia ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente va rilevata l’inammissibilità del controricorso,
stante la mancata produzione della procura notarile in forza della
quale, secondo quanto riportato nell’epigrafe dell’atto, sarebbe stata
conferito il mandato al difensore.
2.

Il contratto di lavoro di cui è stata ritenuta la nullità del termine

venne concluso, per il periodo 1°.3-1°.6.2000, per

“esigenze

eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione
degli assetti occupazionali in corso, quale condizione della
trasformazione della natura giuridica dell’Ente ed in ragione della
graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione
di nuovi servizi ed in attesa dell’attuazione del progressivo e
3

Con sentenza del 4.6-25.10.2007 la Corte d’Appello di Roma, rigettò

completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”, ai sensi dell’art.

La Corte territoriale ha:

ritenuto l’illegittimità del termine apposto al contratto suddetto,

siccome stipulato dopo il termine (30.4.1998) fissato dai successivi
accordi integrativi;

rilevato che la condanna risarcitoria doveva essere pronunciata

a far tempo dalla notifica dell’istanza ex art. 410 cpc, costituente
valido atto di messa in mora “in quanto contiene l’offerta da parte
della lavoratrice delle prestazioni lavorative”;

rilevato che nessuna prova era stata offerta dalla parte datoriale

relativamente ad un’eventuale attività lavorativa espletata dalla
Cianci dopo il 14.5.2003.
3. Il contratto in relazione ai quale è stata ritenuta l’illegittimità

dell’apposizione del termine è stato stipulato, come detto, a norma
dell’art. 8 del CCNL 26 novembre 1994 ed in particolare in base alla
previsione dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997, che
prevede, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a
termine, la presenza di esigenze eccezionali, conseguenti alla fase di
ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso,
in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di
sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del
progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane.
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8 CCNL 1994, come integrato dall’accordo del 25.9.1997.

La Corte territoriale ha attribuito rilievo decisivo al fatto che, avendo

le stesse avevano stipulato accordi attuativi che avevano fissato un
limite temporale alla possibilità di procedere con assunzioni a
termine, limite fissato al 30 aprile 1998; i contratti conclusi fino al
dicembre 2000, stipulati in epoca successiva al suddetto termine,
erano quindi illegittimi in quanto privi del supporto derogatorio.
L’impostazione seguita dalla Corte territoriale è stata ampiamente
censurata dalla Società ricorrente con i primi tre mezzi, da
esaminarsi congiuntamente siccome fra loro connessi; la ricorrente
contesta, in particolare, l’interpretazione data dalla Corte di merito al
citato accordo integrativo del 25 settembre 1997 ed agli accordi dalla
stessa definiti come attuativi; deduce in particolare che questi ultimi
accordi avevano natura meramente ricognitiva.
3.1 Osserva il Collegio che le considerazioni della Corte territoriale –

in base all’indirizzo ormai consolidato in materia dettato dalla
giurisprudenza di legittimità (con riferimento al sistema vigente
anteriormente al CCNL del 2001 ed al dl.vo n. 368/01) – sono
sufficienti a sostenere sul punto l’impugnata decisione.
Al riguardo, sulla scia di Cass., SU, n. 4588/2006, è stato precisato
che l’attribuzione alla contrattazione collettiva, ex art. 23 legge n.
56/87, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine
rispetto a quelli previsti dalla legge n. 230/62, discende dall’intento
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le parti collettive raggiunto un’intesa originariamente priva di termine,

del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali

lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite
della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere
a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e
prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche
di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a
condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di
fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al
datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato (cfr,
ex plurimis, Cass., nn. 21063/2008; n. 9245/2006; 4862/2005;
14011/2004); ne risulta, quindi, una sorta di delega in bianco a
favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari,
non essendo questi vincolati alla individuazione di ipotesi comunque
omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul
medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi
nel sistema da questa delineato (cfr,

ex plurimis, Cass., nn.

21062/2008; 18378/2006).
In tale quadro, ove però, come nel caso di specie, un limite
temporale sia stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi
integrativi del contratto collettivo) la sua inosservanza determina la
nullità della clausola di apposizione del termine (cfr, ex plurimis,
Cass., nn. 18383/2006; 7745/2005; 2866/2004).
6

sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i

In particolare, quindi, come questa Corte ha costantemente

termine di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25
settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del CCNL 26 novembre 1994,
e con il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio
1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la sussistenza della
situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica
dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e
rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino
alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve escludersi la
legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile 1998,
per carenza del presupposto normativo derogatorio, con la ulteriore
conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo
indeterminato, in forza dell’art. 1 legge n. 230/62 (cfr, ex plurimis,
Cass., nn. 20608/2007; 28450/2008; 21062/2008; 7979/2008;
18378/2006).
In base a tale orientamento consolidato ed al valore dei relativi
precedenti, pur riguardanti la interpretazione di norme collettive (cfr,
ex plurimis, Cass., nn. 6703/2007; 15969/2005), i motivi all’esame
vanno quindi respinti.
4.

Con il quarto motivo la ricorrente censura le statuizioni

risarcitorie sotto due profili:

7

affermato e come va anche qui ribadito, in materia di assunzioni a

-

le retribuzioni sarebbero dovute soltanto dalla data di

lavoro, e la Corte d’Appello non aveva svolto alcun tipo di verifica sul
punto;

il risarcimento avrebbe dovuto essere determinato anche

tenendo conto dell’aliunde perceptum, che si asserisce sia solo
genericamente deducibile dalla parte datoriale.
Entrambi i profili (e quindi il motivo nella sua totalità) sono
inammissibili:

il primo perché, in violazione del principio di autosufficienza del

ricorso per cassazione, non è stato riprodotto il contenuto del
documento che la Corte territoriale ha indicato contenere l’offerta
delle prestazioni lavorative;

il secondo perché privo di qualsivoglia riscontro nello svolto

quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis cpc, applicabile ratione
temporis al presente giudizio.

5. Va considerato, in via di principio, che costituisce condizione
necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimità lo ius
superveniens, che abbia introdotto, con efficacia retroattiva, una

nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia
in qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura
nel ricorso, in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui

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riammissione in servizio, salva la costituzione in mora del datore di

perimetro è limitato dagli specifici motivi di ricorso (cfr, Cass. 8

In tale contesto, è altresì necessario che il motivo di ricorso che
investe, anche indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina
sopravvenuta, oltre ad essere sussistente, sia altresì ammissibile
secondo la disciplina sua propria.
Nel caso in esame il motivo che investe il tema al quale è riferibile la
0
disciplina di cui all’art. 32, commi 5 0 , 6° e 7 , legge n. 183/10 è il
quarto, testè esaminato, il quale, come evidenziato, è inammissibile.
Deve quindi convenirsi per l’inapplicabilità nel presente giudizio del
ricordato ius superveniens.

6. In definitiva il ricorso va rigettato.
Non è luogo a pronunciare sulle spese, in carenza di una valida
attività difensiva della parte intimata.

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
Così deciso in Roma il 9 gennaio 2014.

maggio 2006 n. 10547).

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