Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30388 del 23/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 23/11/2018, (ud. 21/09/2018, dep. 23/11/2018), n.30388

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19752-2012 proposto da:

EPORLUX SRL UNIPERSONALE, elettivamente domiciliato, in ROMA VIA

CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO LUCISANO, che

lo, rappresenta e difende unitamente all’avvocato NATALE MANGANO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO CENTRALE in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 34/2011 della COMM. TRIB. REG. del Piemonte,

depositata il 07/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/09/2018 dal Consigliere Dott. SAIJA SALVATORE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

A seguito di p.v.c. emesso il 14.12.2005 dalla Guardia di Finanza di Torino, l’Agenzia delle Entrate di Ivrea notificò ad Eporlux s.r.l. unipersonale, in data 17.4.2008, avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2005 ai fini IRES, IRAP ed IVA, per complessivi Euro 52.900,50, comprensivi di sanzioni. Ciò in quanto i militari avevano riscontrato che la società, esercente l’attività principale di impresa di pulizie, aveva proceduto sia al recupero integrale dell’IVA assolta all’atto di acquisto e di utilizzo di due autovetture Mercedes e Ferrari, destinate all’attività secondaria di “noleggio senza conducente di veicoli in genere”, sia alla deduzione – effettuata dalla società ai fini IRES e IRAP – dei costi di acquisto e gestione dei detti veicoli. Era stato infatti ritenuto che detta attività di autonoleggio rivestiva carattere di occasionalità e “non qualificanza”, rilevando che i relativi ricavi rappresentavano appena lo 0,0249% del fatturato totale dichiarato dalla Eporlux nell’anno 2004.

Proposto ricorso dalla contribuente, la C.T.P. di Torino lo respinse con sentenza del 9.6.2006, confermata dalla C.T.R. di Torino con successiva decisione del 7.6.2011. Nel respingere l’appello proposto dalla contribuente, la C.T.R. ritenne essere documentato e provato come l’attività di noleggio non avesse costituito una effettiva diversificazione dell’attività principale condotta dalla società (quella di pulizia), “ma nella migliore delle ipotesi una fugace attività che come tale non può ritenersi propria della stessa”.

La Eporlux s.r.l. unipersonale ricorre ora per cassazione, sulla base di quattro motivi, cui resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si denuncia omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. La ricorrente ripercorre la motivazione adottata dalla C.T.R., rilevando che essa ha dato per acquisiti e/o pacifici fatti che invece erano stati oggetto di precise contestazioni. Queste, secondo la ricorrente, non sono state affatto esaminate dalla C.T.R., che ha quindi omesso di indicare da quali elementi essa abbia tratto il proprio contrario convincimento, ovvero li ha indicati senza una approfondita disamina logico-giuridica, rendendo in tal modo impossibile un controllo sull’esattezza e logicità del proprio ragionamento.

1.2 – Con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si denuncia violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 36 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 14. Si censura la decisione impugnata nella parte in cui la C.T.R. ha evidenziato che la società aveva dichiarato quale attività propria quella di pulizia e che essa non aveva tenuto una contabilità separata in relazione all’attività secondaria di autonoleggio. Si rileva, infatti, che anche in tal caso la C.T.R. non ha tenuto conto degli argomenti offerti da essa ricorrente, compreso il richiamo alla circolare n. 25 del 3 agosto 1979, secondo cui quando l’impresa è diretta, come finalità propria, allo svolgimento di più attività, esse vanno tutte considerate come attività proprie, senza che rilevi la prevalenza quantitativa dell’una o dell’altra. E poichè la società ha per finalità propria l’esercizio di una pluralità di attività d’impresa – come evincibile dallo statuto – ne deriva che tutte dette attività sono da considerare come proprie; ne discende ulteriormente che quella di autonoleggio non può considerarsi secondaria, tanto più che alcun obbligo – ma mera facoltà – sussiste circa la tenuta di contabilità separata, ai sensi dei citati artt. 36 e 14, e che non v’è possibilità di presentare tante dichiarazioni annuali IVA o dei redditi quante siano le attività esercitate. Infine, rileva la ricorrente che il codice attività ISTAT indicato in dichiarazione è unico e deve necessariamente corrispondere, come da istruzioni ministeriali, all’attività prevalente sul piano dei ricavi o del volume d’affari realizzato.

1.3 – Con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si lamenta omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. La ricorrente censura a decisione impugnata nella parte in cui si è affermato risultare documentato e provato come l’attività di noleggio non abbia costituito una effettiva diversificazione dell’attività principale condotta dalla società (quella di pulizia), “ma nella migliore delle ipotesi una fugace attività che come tale non può ritenersi propria della stessa”. Secondo la ricorrente, la C.T.R. non avrebbe indicato sulla base di quali elementi risulterebbe documentato e provato quanto precede.

1.4 – Con il quarto motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, si denuncia infine la violazione dell’art. 112 c.p.c.. La ricorrente evidenzia di aver contestato sin dal primo grado l’avviso impugnato per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 (St. contr.) riguardo alla sua motivazione, totalmente carente anche in relazione alle pretese concernenti l’IRES e l’IRAP. La società censura la decisione in quanto la C.T.R. avrebbe totalmente omesso l’esame delle relative doglianze, riproposte con l’appello.

2.1 – Il primo motivo è inammissibile e comunque infondato.

Nella sostanza, la Eporlux si duole del fatto che la C.T.R. non abbia tenuto conto degli argomenti da essa addotti e di segno contrario rispetto a quelli utilizzati dal giudice d’appello.

Ora, premesso che si tratta – nella sostanza, ed in tesi – di una denunciata violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e che essa è stata correttamente proposta ai sensi del previgente art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass. n. 24434/2016 e, più di recente, quanto all’ultima formulazione della citata norma processuale, Cass. n. 23940/2017), va anzitutto rilevato che nella valutazione delle prove il giudice non è tenuto a confutare analiticamente ogni argomento addotto dalle parti, “essendo, invece, sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l”iter’ logico seguito nella valutazione degli stessi per giungere alle proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli morfologicamente incompatibili con la decisione adottata. In tema di valutazione delle prove, difatti, nel nostro ordinamento, fondato sul principio del libero convincimento del giudice, non esiste una gerarchia delle prove stesse, nel senso che (fiori dai casi di prova legale) esse, anche se a carattere indiziario, sono tutte liberamente valutabili dal giudice di merito per essere poste a fondamento del suo convincimento” (ex plurimis, Cass. n. 14972/2006).

Tuttavia, la violazione in questione deve potersi direttamente apprezzare dalla lettura della sentenza (v, la già citata Cass. n. 24434/2016) e non già dall’esame degli atti di causa, come pretenderebbe la ricorrente; il che vale ancor di più nella specie, dal momento che nel ricorso non v’è cenno – per tutti i documenti ivi richiamati – alla sede processuale e alla tempistica della loro produzione nel presente giudizio, in evidente contrasto col disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

In ogni caso, il motivo è infondato, perchè la C.T.R. ha apprezzato, ai fini che qui interessano, tutti gli argomenti a sostegno della ritenuta carenza di carattere “proprio” dell’attività di autonoleggio (ossia, la mancanza di struttura organizzativa, la ristretta cerchia di clienti del noleggio – id est l’amministratore unico, la sorella di questi e l’avvocato della società – l’esiguo ricavo a fronte di investimenti ben più cospicui, l’immediata rivendita delle due vetture, ecc.), ed ha quindi ritenuto la sua natura tutt’al più occasionale: con ciò affermando, quindi, che detta attività non era da considerare “propria” ai fini di quanto previsto dal D.P R. n. 633 del 1972, art. 19-bis 1. E’ evidente che la locuzione utilizzata dalla C.T.R. (“nella migliore delle ipotesi”) lascia trasparire, appunto, forti dubbi sul carattere effettivo dell’attività in questione da parte del giudice d’appello, ma per quanto qui interessa la motivazione esiste ed è comunque ampiamente sufficiente.

3.1 – Il secondo motivo è inammissibile.

Come già prima rilevato – ma ciò vale soprattutto per il motivo in esame – la ricorrente non indica dove e quando sia stato prodotto lo statuto, dal cui variegato oggetto sociale essa fa discendere la piena ed equiparata “dignità” tra l’attività di autonoleggio e quella di pulizia: in tesi, infatti, la circostanza che entrambe le attività fossero inserite nell’oggetto sociale comporta che esse – a prescindere dal relativo volume d’affari – erano da considerare “proprie”. Vi è quindi evidente violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

In ogni caso, la ricorrente non spiega adeguatamente perchè la C.T.R. avrebbe violato le norme in rubrica. Infatti, il giudice d’appello non ha valutato la mancanza di contabilità separate sul piano sanzionatorio (cioè, non ha ritenuto corretta la contestazione mossa dall’Ufficio all’operato della società per non aver essa tenuto dette contabilità separate, il che in effetti avrebbe potuto integrare la denunciata violazione), ma ne ha tenuto conto ai fini dell’accertamento e dell’affermazione della natura secondaria – o non “propria” – dell’attività in questione. Pertanto, la censura – proposta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – non coglie nel segno, perchè essa avrebbe semmai dovuto appuntarsi sulla eventuale violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19-bis1, doglianza che però non risulta formulata.

4.1 – Il terzo motivo è infondato.

La C.T.R. ha affermato che l’attività di autonoleggio non costituiva una effettiva diversificazione dell’attività tipica, escludendo appunto che essa fosse “propria”. E lo ha fatto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, proprio sulla base di quegli elementi già evidenziati nell’ambito de lo scrutinio del primo motivo, ampiamente sufficienti, sul piano motivazionale, anche ai fini che occupano.

5.1 – Infine, il quarto motivo è inammissibile.

Premesso infatti che, da quanto risulta dal ricorso, la C.T.P. aveva ritenuto sufficientemente motivato l’avviso di accertamento, il contenuto di quest’ultimo – almeno ai fini che qui interessano – non è stato riportato nello stesso ricorso, con conseguente violazione del principio di autosufficienza (da ultimo, Cass., sez. 5, n. 16147/2017).

6.1 – Il ricorso è quindi respinto. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 21 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2018

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