Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30385 del 23/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 23/11/2018, (ud. 21/09/2018, dep. 23/11/2018), n.30385

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4941-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, MINISTERO

ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

M.F., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE DI VILLA

PAMPHILI, 33, presso lo studio dell’avvocato LUIGI DE SANTIS,

rappresentato e difeso dall’avvocato FERNANDO ORSINI;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA ETR SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 81/2010 della COMM. TRIB. REG. della Puglia,

depositata il 11/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/09/2018 dal Consigliere Dott. SAIJA SALVATORE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

All’esito di controllo automatizzato della dichiarazione presentata da M.F. per l’anno di imposta 2003, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, vennero recuperati a tassazione per carenti e tardivi versamenti per IVA, IRPEF e IRAP, con cartella di pagamento, complessivi Euro 4.002,32.

Proposto ricorso dal contribuente, la C.T.P. di Bari lo respinse con sentenza del 18.6.2009, ma la C.T.R. di Bari, con decisione del 11.11.2010, in riforma della prima decisione, annullò la cartella impugnata.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate ricorrono ora per cassazione, sulla base di un unico motivo, cui resiste M.F. con controricorso, illustrato da memoria. La s.p.a. E.TR. Equitalia non ha resistito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con l’unico motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis e della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, per aver la C.T.R. ritenuto che nella specie vi sia stata violazione delle norme in rubrica da parte dell’Ufficio, stante la mancata comunicazione al contribuente del c.d. “avviso bonario”, prima di procedere all’iscrizione a ruolo delle somme pretese. I ricorrenti rilevano invece come tale impostazione sia errata, in quanto – per il combinato disposto delle predette norme – il c.d. “avviso bonario”, a seguito di controllo automatizzato, deve essere comunicato solo in due casi: 1) quando sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione; 2) quando dalla liquidazione emerga un minor rimborso. Nella specie, invece, l’Ufficio aveva soltanto riscontrato l’omesso o tardivo versamento di quanto dichiarato dallo stesso contribuente, sicchè alcun obbligo di comunicazione poteva configurarsi.

2.1 – Preliminarmente, va rilevata l’inammissibilità del ricorso come proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che non è legittimato ad impugnare, non solo perchè non risulta essere stato parte nelle precedenti fasi di merito, ma soprattutto perchè (anche) tale potere spetta all’Agenzia delle Entrate, e ciò a seguito del trasferimento alle agenzie fiscali, da parte del D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 57, comma 1, di tutti i “rapporti giuridici”, i “poteri” e le “competenze” già facenti capo allo stesso Ministero, a partire dal primo gennaio 2001 (giorno di inizio di operatività delle Agenzie fiscali in forza del D.M. 28 dicembre 2000, art. 1 – v. Cass., Sez. Un., n. 3116/2006).

2.2 – Sempre preliminarmente, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, sollevata dal M., che lamenta il difetto di specificità delle doglianze, perchè nella sostanza la censura alla decisione d’appello è agevolmente evincibile dal ricorso ed è chiaramente intellegibile.

3.1 – Ciò posto, il ricorso è fondato.

Nella specie – premesso che il preteso vizio per lesione del contraddittorio endoprocedimentale non pare essere stato denunciato dal M. con il ricorso introduttivo, ma solo con le memorie successivamente depositate in primo grado -, non ricorre in ogni caso alcuna delle ipotesi in cui si rende necessaria la comunicazione del c.d. “avviso bonario”, perchè l’Ufficio s’è limitato a verificare che il contribuente non aveva versato – o l’aveva fatto tardivamente – quanto dichiarato nel mod. Unico per l’anno 2003. Tutte le considerazioni della C.T.R. sulla questione dell’assoggettabilità del M. al pagamento dell’IRAP sono quindi eccentriche, perchè essa andava esaminata non già alla luce del preteso mancato invio dell’avviso, bensì – eventualmente e concorrendo i presupposti di ammissibilità della emenda della dichiarazione fiscale – sul piano della verifica dell’effettiva debenza dell’imposta, il che costituiva peraltro oggetto del primo motivo del ricorso di primo grado. E del resto, sul punto – a parte l’insegnamento di Cass., Sez. Un., n. 24823/2015, sulla non obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale quanto ai tributi “non armonizzati” (come, appunto, l’IRAP), salvo che sia diversamente ed espressamente stabilito – è sufficiente richiamare lo specifico precedente di Cass. n. 20040/2015, tra le stesse parti e sulla medesima questione, ma concernente altra annualità. Con detta pronuncia, è stato infatti condivisibilmente affermato che “la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, comma 5, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso”.

4.1 – Il ricorso dell’Agenzia è quindi accolto. La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione, con rinvio alla C.T.R. di Bari, in diversa composizione, che si atterrà al superiore principio e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità, nei rapporti tra la stessa Agenzia ed il controricorrente. Le spese inerenti al rapporto processuale tra il Ministero ed il M. possono invece compensarsi integralmente, sussistendo giusti motivi, mentre nulla va disposto rispetto ad E.TR. Equitalia s.p.a., che non ha resistito.

P.Q.M.

dichiara l’inammissibilità del ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, compensando le relative spese di lite nei rapporti con il controricorrente; accoglie nel resto il ricorso come proposto dall’Agenzia delle Entrate, cassa in relazione e rinvia alla C.T.R. della Puglia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2018

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