Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30385 del 21/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 21/11/2019, (ud. 26/09/2019, dep. 21/11/2019), n.30385

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8846-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.B.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2249/2016 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LECCE, depositata il 30/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/09/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI.

Fatto

PREMESSO

che:

1. con sentenza n. 2249, depositata il 30 settembre 2016, la commissione tributaria regionale della Puglia rigettava l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la pronuncia della commissione tributaria provinciale di Lecce con cui era stato accolto il ricorso proposto da D.B.A. contro l’avviso di revisione del classamento di una sua unità immobiliare posta in Lecce, emesso dall’Agenzia ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335;

2. la commissione regionale, come già i giudici di primo grado, riteneva l’avviso privo di adeguata motivazione e pertanto illegittimo per inosservanza della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, in quanto facente riferimento esclusivamente e in modo generico ad interventi di “riqualificazione urbana e di viabilità interna senza tuttavia specificare di quali interventi si tratti ed in che misura l’immobile del ricorrente se ne sia avvantaggiato”;

3. avverso la menzionata sentenza, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi;

4. la parte intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia lamenta violazione o falsa applicazione della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. l, comma 335, deducendo, in sostanza, che, contrariamente a quanto affermato dalla sentenza impugnata e conformemente a quanto invece statuito dalla sentenza di questa Corte n. 21176/2016, l’obbligo di motivazione dell’atto di classamento che tragga impulso da una c.d. “verifica per microzone” secondo la previsione della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, deve ritenersi assolto con l’indicazione degli atti prodromici alla procedura di riclassamento, senza necessità di alcun riferimento allo specifico immobile;

2. con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia lamenta violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39 e dell’art. 295 c.p.c., per non avere la commissione tributaria regionale sospeso il giudizio in attesa della definizione del procedimento pendente di fronte al Consiglio di Stato ed avente ad oggetto la questione pregiudiziale della legittimità della delibera della giunta municipale di Lecce con la quale, ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, è stata richiesta la revisione del classamento delle unità immobiliari ricadenti – come quella dell’odierna parte intimata – nelle microzone (OMISSIS) o (OMISSIS) del territorio del Comune;

3. il secondo motivo di ricorso, da esaminarsi per primo in quanto logicamente preordinato all’altro, è infondato. Questa Corte ha più volte affermato (da ultimo, con ordinanza n. 1908 del 16/7/2019), che “Il processo tributario non può essere sospeso in attesa della definizione di una questione sottoposta, nell’ambito di una diversa controversia, alla Corte di Giustizia, nè ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39, che regola i rapporti tra processo tributario e processi non tributari (cd. pregiudizialità esterna) e prevede la sospensione solo ove sia stata presentata querela di falso o debba essere risolta una questione sullo stato o sulla capacità delle persone diversa dalla capacità di stare in giudizio, nè ai sensi dell’art. 295 c.p.c., che regola esclusivamente i rapporti tra processi tributari (cd. pregiudizialità interna).” (Cass. Sez. 6-5, ordinanza n. 999 del 20/01/2016). Il processo tributario può essere sospeso ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39, comma 1, che regola i rapporti tra processo tributario e processi non tributari (cd. pregiudizialità esterna) solo ove sia stata presentata querela di falso o debba essere risolta una questione sullo stato o sulla capacità delle persone diversa dalla capacità di stare in giudizio, ipotesi non ricorrenti nel caso di specie. Tale norma dispone una deroga – in ipotesi predeterminate – al criterio secondo cui le questioni pregiudiziali sono risolte, “incidenter tantum”, dal giudice munito di giurisdizione sulla domanda. Inoltre, la sentenza impugnata è stata pubblicata in un momento successivo all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 156 del 2015 – 10 gennaio 2016 -, momento in cui quindi non ricorreva più un’ipotesi di sospensione necessaria, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., essendo eventualmente applicabile l’art. 337 c.p.c., comma 2, che, in caso di impugnazione di una sentenza la cui autorità sia stata invocata in un separato processo, prevede soltanto la possibilità della sospensione facoltativa di quest’ultimo (Cass. n. 29553 del 2017). Di conseguenza, anche a voler superare la considerazione che con il vizio denunciato non si censura l’art. 337 c.p.c., comma 2, resta il fatto che tale norma non obbliga il giudice a procedere alla sospensione. Infine, l’art. 39, successivo comma 1 bis, aggiunto dal D.Lgs. n. 156 del 2015, art. 9, comma 1, lett. o), (“La commissione tributaria dispone la sospensione del processo in ogni altro caso in cui essa stessa o altra commissione tributaria deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa”) non è evidentemente applicabile al caso di specie, essendo la pregiudizialità invocata rispetto al Consiglio di Stato (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17413 del 2018);

4. il primo motivo di ricorso è infondato. Per l’orientamento della Corte che, pur avendo trovato espressione già prima della ricordata sentenza 21176/2016 – vedasi Cass. 4712/2015 e 3156/2015 -, si è definitivamente consolidato in epoca successiva anche in considerazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 249 del 2017 (la quale ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3,53 e 97 Cost., della L. n. 311, art. 1, comma 335, affermando tra l’altro che “la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”, ribadendo in questo modo la necessità di un provvedimento specifico e puntuale in capo all’Amministrazione), “il procedimento di revisione parziale del classamento di cui alla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, non essendo diversamente disciplinato se non in relazione al suo presupposto fattuale, e cioè l’esistenza di uno scostamento significativo del rapporto tra i valori medi della zona considerata e nell’insieme delle microzone comunali, resta soggetto alle medesime regole dettate ai fini della “revisione del classamento” dal D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, art. 9, sì da sottrarne l’attuazione alla piena discrezionalità della competente Amministrazione pubblica. Ne consegue che anche la procedura prevista dal comma 335 cit., pur a fronte del relativo presupposto, non può sottrarsi all’applicazione dei parametri previsti, in via ordinaria, dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 154, lett. e), il quale impone che si tenga conto, nel medesimo contesto cronologico, dei caratteri specifici di ciascuna unità immobiliare, del fabbricato e della microzona ove l’unità è sita, siccome tutti incidenti comparativamente e complessivamente alla qualificazione della stessa” (così Cass. 3 marzo 2018, n. 17413; conformi Cass.31829/2018 e già Cass. 16378/2018 e Cass. 22900/2017). La Corte ha altresì ed in particolare evidenziato che non può ritenersi sufficiente a motivare un avviso di nuovo classamento “il riferimento a non meglio precisati “interventi pubblici effettuati per la riqualificazione della viabilità interna e dell’arredo urbano” nonchè ad “interventi da parte dei privati per la ristrutturazione degli edifici”. E ciò anche considerando che l’attribuzione di una determinata classe è correlata sia alla qualità urbana del contesto in cui l’immobile è inserito (infrastrutture, servizi, eccetera), sia alla qualità ambientale (pregio o degrado dei caratteri paesaggistici e naturalistici) della zona di mercato immobiliare in cui l’unità stessa è situata, sia infine alle caratteristiche edilizie dell’unità stessa e del fabbricato che la comprende (l’esposizione, il grado di rifinitura, eccetera). Di talchè le espressioni surriportate non sono tali da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni a base della pretesa impositiva, così da consentirgli sia di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale, sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l’an ed il quantum debeatur (cfr. Cass. n. 3156/2015 cit.)” (Cass. Sez. 5, ord. n. 22900/2017, cit.);

5. il ricorso va pertanto rigettato;

6. non vi è luogo a pronuncia sulle spese stante la mancata costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2019

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