Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30382 del 19/12/2017


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 30382 Anno 2017
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: POSITANO GABRIELE

ORDINANZA

sul ricorso 11776-2015 proposto da:
BUCCI

FLAVIO,

PASQUI

ROSANNA,

elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 18, presso lo
studio dell’avvocato CENTRES REGUS BUSINESS,
rappresentati e difesi dall’avvocato GIULIANO DI
PARDO giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti contro
2017
2141

GENERALI ITALIA SPA incorporante ALLEANZA TORO SPA
(già INA ASSITALIA SPA) in persona
dell’Amministratore delegato e legale rappresentante,
Dott. PHILIPPE ROGER DONNET e Dott. ROBERTO BELLINA,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. PAISIELLO

Data pubblicazione: 19/12/2017

40, presso lo studio dell’avvocato DAVID MORGANTI,
che la rappresenta e difende giusta procura in calce
al controricorso;
– controricorrente nonché contro

– intimati –

avverso la sentenza n. 225/2014 della CORTE D’APPELLO
di PERUGIA, depositata il 28/04/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 09/11/2017 dal Consigliere Dott.
GABRIELE POSITANO;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero,
in persona del Sostituto Procuratore generale TOMMASO
BASILE che ha concluso chiedendo l’inammissibilità in
subordine il rigetto del ricorso;

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CALDEI FRANCO, ILCE SRL ;

Rilevato che:

con ricorso del 5 settembre 2006, ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 102
del 2006, Rosanna Pasqui e Flavio Bucci, unitamente ad Angiola Giubilei,
Domenico e Cristiano Schiavolini convenivano in giudizio, davanti al Tribunale
di Perugia, sezione distaccata di Città di Castello, Franco Caldei, la S.r.l. ILCE e
la compagnia Alleanza Toro S.p.A. per sentir dichiarare che il decesso di

responsabilità esclusiva del conducente del veicolo. Aggiungevano che la
Giubilei, mentre procedeva a piedi sulla banchina di una strada statale con
direzione Città di Castello, era stata investita dall’autovettura Suzuki Vitara
condotta da Caldei e di proprietà della S.r.l. ILCE a causa dell’imprudenza del
conducente. Gli attori, le prime due sorelle della deceduta, la terza nipote,
negli ultimi due, figli della sorella Anna, premorta, aggiungevano che Assunta
Giubilei, dopo la separazione della Pasqui dal proprio coniuge, costituiva un
valido punto di sostegno economico ed affettivo per la figlia e il nipote con cui
conviveva, sia per l’apporto della pensione percepita, sia per lo svolgimento
delle mansioni domestiche e di gestione familiare. Costituitisi i convenuti
deducevano l’esclusiva responsabilità della defunta, che aveva attraversato la
strada in modo repentino ed inaspettato e contestavano la quantificazione del
danno, anche patrimoniale;
con sentenza del 15 dicembre 2009 il Tribunale di Perugia dichiarava la
concorrente responsabilità di Franco Caldei e della defunta Assunta Giubilei
nella determinazione del sinistro, ascrivendo al primo una responsabilità pari al
70%. Il Tribunale liquidava il danno morale in via equitativa secondo un
criterio di gradazione fondato sul rapporto affettivo e di convivenza, non
riconoscendo il danno patrimoniale;
avverso tale decisione Rosanna Pasqui, Flavio Bucci e Angiola Giubilei
proponevano appello contestando sia la sussistenza del concorso di colpa della
defunta, sia la determinazione del danno, insistendo per il riconoscimento di
quello patrimoniale, non avendo il Tribunale tenuto conto dell’apporto
economico della Giubilei;
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Assunta Giubilei, verificatosi il 6 luglio 2010, era da attribuirsi alla

con sentenza del 28 aprile 2014 la Corte d’Appello di Perugia rigettava
l’impugnazione riguardo al concorso di colpa e alla determinazione del danno
non patrimoniale, mentre, con riferimento a quello patrimoniale, accoglieva
l’appello limitatamente all’omessa valutazione delle spese funerarie sopportate
dalla Pasqui ed in questi termini disponeva condanna degli appellati,
compensando -nel resto- le spese di lite;

Flavio Bucci affidandosi a quattro motivi. Resiste in giudizio Generali Italia
S.p.A. (già ma Assitalia S.p.A. e Toro Ass.ni) con controricorso. Il Procuratore
Generale conclude per la declaratoria di inammissibilità o in subordine di
rigetto. I ricorrenti e la compagnia controricorrente depositano memorie
difensive.
Considerato che:

con il primo motivo i ricorrenti deducono la nullità della sentenza per
omessa pronuncia;
con il secondo motivo lamentano l’omessa, carente e contraddittoria
motivazione per la mancata ammissione delle prove e, comunque, per il
mancato esame di uno o più fatti decisivi per il giudizio;
con il terzo motivo deducono l’omessa, carente o contraddittoria
motivazione, anche con riferimento alla documentazione depositata nel giudizio
di appello;
con il quarto motivo lamentano l’omessa, carente o contraddittoria
motivazione in ordine alla domanda risarcitoria;
in particolare, i ricorrenti con unica argomentazione riferita indistintamente

avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione Rosanna Pasqui e

a tutti i motivi del ricorso, deducono la violazione dell’articolo 112 c.p.c. in
quanto la Corte territoriale non avrebbe esaminato il motivo di appello relativo
alla mancata ammissione dell’interrogatorio formale e delle prove testimoniali
richieste in primo grado e oggetto di impugnazione, decidendo la causa allo
stato della documentazione acquisita. Sotto altro profilo contestano il metodo
di valutazione adottato dal consulente tecnico di ufficio e fatto proprio dai
giudici di merito, perché non fondato su una ricostruzione logica dell’accaduto.
4’2-2/
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Rispetto a tali valutazioni le richieste istruttorie risultavano decisive, in quanto
idonee a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza,
l’efficacia delle altre risultanze istruttorie ed in particolare della consulenza
tecnica di ufficio. Anche riguardo alla prova del danno patrimoniale, la richiesta
istruttoria avrebbe consentito di dimostrare che la defunta Assunta Giubilei
provvedeva a tutte le necessità dei ricorrenti. Infine, contestano il criterio
equitativo utilizzato dai giudici di merito, differente rispetto a quello delle

tabelle del Tribunale di Milano;
il ricorso è radicalmente inammissibile per difetto del requisito di specificità
dei motivi di impugnazione, ai sensi dell’articolo 366, n. 4 c.p.c., in quanto i
ricorrenti non indicano nessuna delle ipotesi tipiche previste all’articolo 360
c.p.c., limitandosi ad enunciare, in maniera unitaria e indistinta, quattro motivi
di doglianza, accompagnati da un’unica argomentazione che sembra riferirsi a
tutte le doglianze e che è priva dell’indicazione dei vizi dedotti e della specifica
violazione di norme di legge da parte della Corte territoriale. I ricorrenti
deducono, in maniera inammissibile, le ipotesi di nullità, omessa pronuncia o
vizio di motivazione, senza accompagnare tali censure a una specifica
argomentazione che consenta di individuare l’errata valutazione, l’omessa
considerazione di fatti storici, la violazione di legge o l’errata interpretazione di
norme, omettendo di prospettare la corretta ed alternativa applicazione delle
norme;
il ricorso è, altresì, inammissibile per mescolanza e sovrapposizione di
censure in quanto i motivi di impugnazione che prospettano una pluralità di
questioni sono inammissibili in quanto, da un lato, costituiscono una negazione
della regola della chiarezza e, dall’altro, richiedono un intervento della Corte
volto ad enucleare dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate
censure (Sez. 5, Sentenza n. 18021 del 14/09/2016, Rv. 641127 – 01). Deve
trovare applicazione la regola giurisprudenziale secondo cui è inammissibile la
mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti
riferimento, come nel caso di specie, alle diverse ipotesi riconducibili (sebbene
non enucleate) all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., non /

/—f

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essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili
incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone
accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della
violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che
quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale
l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto

richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il
giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà
della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni,
contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra
loro (Sez. 1, Sentenza n. 19443 del 23/09/2011, Rv. 619790 – 01);
ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; le spese
del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in
dispositivo – seguono la soccombenza, dandosi atto della sussistenza dei
presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater,
introdotto dalla

L.

n. 228 del 2012, art. 1, comma 17: “Quando

l’impugnazione, anche incidentale, e’ respinta integralmente o e’ dichiarata
inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta e’ tenuta a versare un
ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis.
Il giudice da’ atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al
periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del
deposito dello stesso”.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in
favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida
in Euro 15.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15
per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito
dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei
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decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che

presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a
norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Cort
Suprema di Cassazione in data 9 novembre 2017
Il Preside e

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