Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30375 del 21/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 21/11/2019, (ud. 29/04/2019, dep. 21/11/2019), n.30375

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22477/2013 R.G. proposto da:

C.F., con gli avv.ti Alberto Maraschi e Renzo Gattegna,

domiciliati presso lo studio del secondo in Roma Via Pietro Borsieri

n. 3;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, ed ivi domiciliata in via dei Portoghesi, n.

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per la

Lombardia – n. 41/38/13, pronunciata il 18/09/2012 e depositata in

data 20/02/2013, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 aprile

2019 dal Consigliere Dott. Fracanzani Marcello Maria.

Fatto

RILEVATO

Il contribuente accertato esercita il commercio ambulante su posto fisso (cioè si sposta nei diversi mercati cittadini, in ciascuno avendo un proprio stallo riservato) di articoli per la casa. Per l’anno di imposta 2004 si vedeva accertata con metodo induttivo una maggiore IRPEF di Euro 15.547,00, Addizionale IRPEF di Euro 728,00, IRAP per Euro 1.143,00 ed IVA per Euro 5.739,00, oltre sanzioni. L’accertamento conseguiva alla mancata restituzione del questionario inviatogli dall’Ufficio e dalle interrogazioni camerali, che facevano emergere diverse cessioni di rami d’azienda non esposte in dichiarazioni (mod. Unico 2005), donde l’inattendibilità integrale della contabilità, l’impossibilità di una ricostruzione analitica ed il ricorso al metodo induttivo di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d).

Insorto avverso l’accertamento, per difetto di notifica e per insussistenza dei presupposti per l’accertamento induttivo, il contribuente resta soccombente in entrambi i gradi di merito e ripropone le medesime doglianze anche in Cassazione con due motivi, con cui deduce rispettivamente la nullità dell’avviso di accertamento per mancanza dei presupposti e la falsa applicazione D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, in quanto la mancata risposta al questionario era frutto della mancata ricezione del piego raccomandato che lo conteneva.

Replica con tempestivo controricorso la difesa erariale.

In prossimità dell’udienza il contribuente deposita memoria, corredata da documenti, con la quale afferma di aver aderito e adempiuto allà definizione agevolata (c.d. rottamazione delle cartelle) e dichiara di rinunciare alla domanda.

Diritto

CONSIDERATO

Con memoria depositata il 18.04.2019 il ricorrente ha dichiarato di rinunciare al ricorso e alla domanda con esso proposta a seguito della adesione (e adempimento) alla definizione agevolata di cui al D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, art. 6, convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136, il che implica un sopravvenuto difetto di interesse, cui il Collegio ritiene di dare preminente rilievo, in assenza dei requisiti di cui all’art. 390 c.p.c. (Cass. n. 14782/18) e della comunicazione dell’istanza omologa a quella di cui al D.L. n. 193 del 2016 (Cass. n. 24083/18).

Sulla regolazione delle spese del giudizio, il Collegio ritiene di aderire e fare anche qui applicazione del principio di diritto espresso nella sentenza 27/04/2018 n. 10198, secondo cui “In tema di definizione agevolata del D.L. n. 193 del 2016, ex art. 6, conv. con modif. nella L. n. 225 del 2016, la rinuncia al giudizio da parte del contribuente ai sensi del comma 2 della menzionata disposizione costituisce un’eccezione alla previsione di cui all’art. 391 c.c., comma 2, ed implica la necessaria compensazione delle spese di lite”.

La condanna del ricorrente alle spese, infatti, si pone in aperto contrasto con la stessa ratio legis sottesa alla definizione agevolata, laddove si chiede al contribuente, ai fini dell’operatività della stessa, una rinuncia ai giudizi pendenti, e finirebbe per avere un effettuo dissuasivo ad aderire alla stessa, in ragione della previsione di ulteriori oneri rispetto a quelli già contemplati dalla legge. Sicchè, ove anche l’Amministrazione finanziaria non accetti la rinuncia, deve essere disposta la compensazione delle spese.

In conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse, con compensazione delle spese di giudizio.

Non vi è la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte, dichiara il ricorso inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse e compensa le spese del grado di legittimità.

Così deciso in Roma, il 29 aprile 2019.

Depositato in cancelleria il 21 novembre 2019

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