Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30373 del 23/11/2018

Cassazione civile sez. trib., 23/11/2018, (ud. 03/07/2018, dep. 23/11/2018), n.30373

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI Maria Giulia – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 13982 del ruolo generale dell’anno

2011, proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Immobiliare L.T. s.r.l. unipersonale, in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura

speciale a margine al controricorso, dall’avv.to Francesco

Napolitano, e dall’avv.to Alessandra Militerno, elettivamente

domiciliata presso lo studio del primo difensore in Roma, Via Po n.

9;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale delle Marche, n. 2/05/2011, depositata in data 3 marzo

2011, notificata il 18 marzo 2011.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3

luglio 2018 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati Viscido

di Nocera.

Fatto

RILEVATO

Che:

-con sentenza n. 2/05/2011, depositata in data 3 marzo 2011, notificata il 18 marzo 2011, la Commissione tributaria regionale delle Marche, accoglieva l’appello proposto da Immobiliare L.T. s.r.l. unipersonale, in persona del legale rappresentante pro tempore, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 227/05/2009 della Commissione tributaria provinciale di Ascoli Piceno, dichiarando, in riforma di quest’ultima, la illegittimità dell’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio di Fermo, previo p.v.c., aveva contestato nei confronti di quest’ultima, per l’anno di imposta 2004, l’omessa contabilizzazione di maggiori ricavi e l’indebita deduzione di costi, ai fini Ires, Irap e Iva, oltre sanzioni;

– il giudice di appello, in punto di fatto, premetteva che: 1) la CTP di Ascoli Piceno aveva rigettato il ricorso proposto da Immobiliare L.T. s.r.l. unipersonale avverso l’avviso di accertamento con il quale, previo p.v.c., l’Ufficio di Fermo, aveva contestato alla società contribuente, per l’anno 2004, ai fini Ires, Irap e Iva, l’omessa contabilizzazione di ricavi derivanti dalla vendita di 24 unità immobiliari e 24 posti auto per il complessivo importo di Euro 411.274,00 e l’indebita deduzione di costi per Euro 11.493,00; 2) avverso la sentenza della CTP, aveva proposto appello la società contribuente insistendo nelle eccezioni preliminari di nullità dell’avviso di accertamento impugnato nonchè, nel merito, per la infondatezza della pretesa impositiva anche alla luce della effettuata produzione documentale; 3) aveva controdedotto l’Agenzia delle entrate eccependo l’inammissibilità dell’atto di gravame ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, non essendo stata fornita la prova dell’avvenuto deposito tempestivo di copia dell’appello, notificato a mezzo servizio postale, presso la segreteria della CTP; nel merito, aveva insistito per la conferma della sentenza di primo grado; 4) con memoria depositata in data 27 aprile 2010, l’Ufficio aveva ribadito l’eccezione di inammissibilità in quanto, ancorchè avesse preso atto dell’avvenuto deposito della copia dell’appello presso la segreteria del primo giudice, lo stesso risultava tardivo, per essere stato effettuato oltre il termine di trenta giorni per la costituzione dell’appellante; 5) con memoria depositata in data 12 maggio 2010, la società contribuente aveva contestato l’avversa eccezione di inammissibilità per non essere dal cit. art. 53, comma 2, previsto alcun termine per tale adempimento;

– la CTR, in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che: 1) l’eccezione di inammissibilità dell’appello del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 53, comma 2, era infondata avendo la società contribuente fornito la prova della tempestività del deposito della copia dell’impugnazione presso la segreteria della CTP; 2) quanto alla ripresa a tassazione degli asseriti ricavi non contabilizzati derivanti da vendite immobiliari: a) l’Ufficio aveva illegittimamente ricostruito il ricarico medio facendo riferimento non solo all’anno di imposta 2004, ma anche ai ricavi relativi all’anno 2005; b) dalla documentazione prodotta in atti si evinceva che la società contribuente aveva ceduto le unità immobiliari ad un corrispettivo superiore ai costi sostenuti, avuto riguardo alla presenza di un utile di esercizio nell’anno 2004; c) le differenze di prezzo rispetto alle unità immobiliari di eguali caratteristiche trovavano giustificazione, come risultava dalla documentazione prodotta nel corso del giudizio, principalmente nelle migliorie richieste dagli acquirenti; d) non erano utilizzabili i valori massimi dell’OMI in quanto gli immobili cui detta stima faceva riferimento erano ubicati in zona periferica di Porto Sant’Elpidio come documentato dalla contribuente;

– avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui ha resistito, con controricorso, Immobiliare L.T. s.r.l. unipersonale, spiegando ricorso incidentale, articolato in un motivo;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, comma 2 e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

-con il primo motivo del ricorso principale la Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 53, comma 2, in combinato disposto con D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, commi 1 e 2, per non avere la CTR dichiarato l’inammissibilità dell’appello cit. ex art 53, comma 2, avendo la società contribuente depositato copia dell’appello, notificato a mezzo del servizio postale, presso la commissione tributaria provinciale che aveva emesso la sentenza impugnata oltre il termine di trenta giorni previsto per la sua costituzione;

– con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la omessa motivazione su di un fatto decisivo e controverso per il giudizio, per non avere la CTR motivato in ordine alla questione affrontata dal giudice di prime cure e fatta oggetto di specifica censura da parte dell’appellante, relativa alla contestata deducibilità dei costi riguardanti le autovetture;

– con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 4, per avere la CTR fondato il proprio convincimento, quanto alla ripresa concernente la omessa contabilizzazione dei ricavi, su documenti prodotti dalla contribuente solo in sede di gravame e non offerti in precedenza alla valutazione dell’Ufficio;

– con il quarto motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la insufficiente e contraddittoria motivazione sul fatto decisivo e controverso della ripresa in merito alla asserita omessa contabilizzazione dei ricavi;

– il primo motivo del ricorso principale è fondato;

– va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del primo motivo del ricorso principale sollevata nel controricorso per essere stato formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e non già all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

– invero, correttamente la ricorrente ha evocato l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, essendo chiara dalla articolazione del motivo la formulazione dello stesso in termini di error in procedendo sostanziandosi nella denuncia di violazione di norme del processo tributario in tema di ammissibilità dell’appello;

-“in tema di contenzioso tributario, qualora il ricorso in appello non sia notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, il deposito in copia presso la segreteria della commissione che ha emesso la sentenza impugnata, in quanto prescritto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, comma 2, seconda parte, a pena d’inammissibilità dell’appello, deve aver luogo entro il termine perentorio di trenta giorni, indicato dalla prima parte della medesima disposizione, attraverso il richiamo all’art. 22, comma 1, per il deposito del ricorso presso la segreteria della commissione “ad quem”, trattandosi di attività finalizzata al perfezionamento del gravame e che tale inammissibilità è rilevabile d’ufficio (cfr. tra le tante di recente Cass. n. 12861 del 2014; n.15432 del 2015; n. 3442 del 2016). Si è, in particolare, avuto modo di chiarire che la ratio della disposizione non è “oscura”, ma è stata identificata dalla Corte costituzionale e da questa Corte nella finalità di rendere nota alla C.T.P. l’impugnazione della sentenza ed impedire, cosi il rilascio della copia esecutiva di una sentenza di primo grado impugnata. In particolare, come rilevato dalla Corte costituzionale con le pronunce n. 321 del 2009, n. 43 del 2010, n. 141 del 2011: a) la disposizione ha l’apprezzabile scopo di informare tempestivamente la segreteria del giudice di primo grado dell’appello notificato senza il tramite dell’ufficiale giudiziario e, quindi, di impedire l’erronea attestazione del passaggio in giudicato della sentenza della Commissione tributaria provinciale (sentenza n. 321 del 2009); b) tale finalità non è soddisfatta dall’obbligo, posto a carico della segreteria del giudice di appello dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 3, di richiedere alla segreteria presso il giudice di primo grado la trasmissione del fascicolo processuale con la copia autentica della sentenza impugnata “subito dopo il deposito del ricorso in appello”, perchè la suddetta richiesta viene avanzata dalla segreteria del giudice di appello solo “dopo” la costituzione in giudizio dell’appellante e, pertanto, non consente alla segreteria del giudice di primo grado di avere tempestiva notizia della proposizione dell’appello, considerando anche il tempo necessario a che essa pervenga alla segreteria della Commissione tributaria provinciale e, di conseguenza, tale richiesta non è idonea ad evitare il rischio di una erronea attestazione del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, limitandosi essa a consentire al giudice di secondo grado di ottenere la disponibilità del fascicolo in tempo utile per la trattazione della causa in appello; c) l’applicabilità della disposizione censurata ai soli casi in cui l’appello non venga notificato per il tramite dell’ufficiale giudiziario trova adeguata giustificazione nel fatto che, nei casi in cui la notificazione sia, invece, effettuata mediante ufficiale giudiziario, la tempestiva notizia della proposizione dell’appello è fornita alla segreteria del giudice di primo grado dallo stesso ufficiale giudiziario, ai sensi dell’art. 123 disp. att. c.p.c. (applicabile al processo tributario in virtù del generale richiamo alle norme del c.p.c., effettuato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2), secondo cui “l’ufficiale giudiziario che ha notificato un atto d’impugnazione deve darne immediatamente avviso scritto al cancelliere del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata”; d) il rischio del rilascio di erronee attestazioni di passaggio in giudicato delle sentenze delle Commissioni tributarie provinciali non è affatto escluso o ridotto dalla possibilità di revocare successivamente l’erronea attestazione del passaggio in giudicato della sentenza; e) l’inammissibilità dell’appello per mancata o tardiva costituzione in giudizio dell’appellante (ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, primo periodo e art. 22, commi 1, 2 e 3) può sempre essere dimostrata dall’interessato quando richieda l’attestazione del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado per la quale sia stato effettuato il deposito di cui alla disposizione censurata; f) là dove l’appellante abbia scelto di notificare il ricorso in appello non avvalendosi dell’ufficiale giudiziario, l’unico deterrente per indurre l’appellante a fornire tempestivamente alla segreteria del giudice di primo grado la documentata notizia della proposizione dell’appello stesso è rappresentato dalla sanzione della inammissibilità prevista dalla norma; g) l’adempimento del deposito non comporta, per la parte, particolari difficoltà e, dunque, non rende estremamente difficile l’esercizio del suo diritto di difesa (Cass. n. 15432 del 2015); la legittimità costituzionale di tale norma è stata, da ultimo, ribadita dalla Corte cost. nella pronuncia n. 121 del 2016;

– alla luce delle sopra richiamate sentenze della Corte costituzionale, è, altresì, manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del cit. art. 53, comma 2, sollevata, in riferimento all’art. 3 Cost., dalla società contribuente nel controricorso;

– nella specie, il giudice a quo non si è attenuto a tali principi per non avere rilevato l’inammissibilità dell’appello del cit. ex art. 53, comma 2, nonostante fosse stata prodotta dalla società contribuente in allegato alla memoria difensiva per l’udienza del 25 maggio 2010 copia della ricevuta di deposito presso la CTP di Ascoli Piceno dell’atto di appello in data 3 marzo 2010, oltre il termine perentorio di trenta giorni previsto per la costituzione in giudizio dell’appellante decorrente, nella specie, dalla spedizione, a mezzo servizio postale, dell’atto di gravame avvenuta in data 29 dicembre 2009;

– l’accoglimento del primo motivo rende inutile la trattazione delle altre censure, con assorbimento delle medesime;

– con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato, la società contribuente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. per non avere la CTR statuito sulla domanda proposta nel ricorso introduttivo e riproposta in appello circa la nullità dell’atto impositivo per non essere stato lo stesso sottoscritto dal Capo dell’Ufficio, in contrasto con il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 31 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51;

– l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale comporta l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato;

– in conclusione, va accolto il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri motivi nonchè il ricorso incidentale condizionato, con cassazione della sentenza impugnata e, decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., con declaratoria di inammissibilità dell’appello proposto dalla Immobiliare L.T. s.r.l. avverso la sentenza di primo grado;

– si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti le spese processuali del giudizio di appello; le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

PQM

la Corte:

accoglie il primo motivo del ricorso principale; dichiara assorbiti gli altri motivi del ricorso principale e il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’appello proposto dalla Immobiliare L.T. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza di primo grado; compensa integralmente tra le parti le spese del grado di appello; condanna la Immobiliare L.T. s.r.l., a rimborsare le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 7.800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 3 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2018

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