Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30370 del 21/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 21/11/2019, (ud. 29/04/2019, dep. 21/11/2019), n.30370

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14379/2014 R.G. proposto da:

L.F., con gli avv.ti Claudio Silocchi e Lorenzo Prospero

Mangili, domiciliati presso lo studio del secondo in Roma, via G.B.

Vico n. 1;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, ed ivi domiciliata in via dei Portoghesi, n.

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per la

Lombardia – Sez. Staccata di Brescia – n. 154/65/13, pronunciata in

data 19/04/2012 e depositata il 05/12/2013, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 aprile

2019 dal Consigliere Dott. Fracanzani Marcello Maria;

Fatto

RILEVATO

Con differenti istanze il L.F., dottore commercialista e revisore contabile, chiedeva all’amministrazione finanziaria il rimborso dell’Irap versata per gli anni dal 1998 al 2005, che riteneva non dovuta per mancanza del requisito oggettivo dell’autonoma organizzazione, in quanto, in tesi, nel periodo non si era avvalso di collaboratori; aveva prestato la propria attività all’interno di uno studio professionale altrui; aveva ricavato la gran parte dei propri proventi dall’attività di sindaco di società per la quale non era prevista IRAP.

Formatosi il silenzio rifiuto al rimborso, il contribuente insorgeva prima dinanzi alla CTP di Mantova e, rimasto soccombente, proponeva appello dinanzi alla CTR di Brescia che rigettava il gravame e confermava la sentenza di primo grado. Nel far ciò il giudice di appello, ripercorreva gli arresti della Consulta e della Cassazione in materia di autonoma organizzazione e rivendicava la propria competenza circa l’accertamento di fatto dei requisiti indicativi dell’assoggettamento ad IRAP, tra cui il riscontro dei pagamenti ricorrenti al collaboratore rag. Pirondini negli anni 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005 di cui si controverte.

Ricorre oggi con due motivi il contribuente. L’agenzia resiste con controricorso. In prossimità dell’udienza il ricorrente deposita memoria.

Diritto

CONSIDERATO

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 447 del 1997, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3: mancanza del presupposto oggettivo dell’IRAP, consistente nell’esercizio abituale di attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni, ovvero alla prestazione di servizi. In buona sostanza ribadiva l’assenza dei requisiti atti a configurare l’elemento oggettivo dell’autonoma organizzazione, ma anche, sotto il profilo della tipologia dei redditi percepiti, la provenienza di buona parte di essi dall’attività di componente del collegio sindacale e, dunque, lo loro esenzione dall’IRAP.

Il motivo è fondato per quanto di ragione.

La giurisprudenza di questa Corte, già prima della pronuncia a S.U. 10 maggio 2016 n. 9541, è orientata nel ritenere che i compensi corrisposti ad un soggetto terzo, che siano connotati dai caratteri della continuità e regolarità e che siano attinenti allo stesso settore, sono indice dell’autonoma organizzazione dell’attività e mostrano una modalità di gestione della professione basata su una sorta di divisione del lavoro.

E’, infatti, principio giurisprudenziale consolidato quello secondo cui “In tema di IRAP, l’impiego non occasionale di lavoro altrui, costituente una delle possibili condizioni che rende configurabile un’autonoma organizzazione, sussiste se il professionista eroga elevati compensi a terzi per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attività, restando indifferente il mezzo giuridico utilizzato e, cioè, il ricorso a lavoratori dipendenti, a una società di servizi o un’associazione professionale”. (ex multis Cass. 18 aprile 2018 n. 10977). Con la conseguenza che i compensi erogati a terzi sono indice di assoggettamento ad IRAP del professionista ove emerga che siano serviti per compensare attività strettamente connesse a quella oggetto della professione svolta dal contribuente, e comunque tale da potenziarne ed accrescerne l’attività produttiva. (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 23557 del 18/11/2016).

Sicchè, sotto questo profilo la censura è infondata.

Nondimeno, i giudici del merito hanno omesso di distinguere e separare l’attività di libero professionista svolta dal contribuente, da quella di componente del collegio sindacale, ed hanno, anzi, ritenuto corretto l’assoggettando ad IRAP di tutti i compensi percepiti dallo stesso contribuente, laddove, invece, per l’attività di sindaco non vi è soggezione all’imposta.

Invero, il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 3 comma 1, lett. c prevede che “sono soggetti passivi dell’imposta…le persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate a norma del predetto testo unico esercenti arti e professioni, del medesimo testo unico, art. 5, comma 3, art. 49, comma 1, “. Il successivo art. 8, poi, dispone che “per i soggetti di cui all’art. 3, comma 1, lett. c), la base imponibile è determinata dalla differenza tra l’ammontare dei compensi percepiti e l’ammontare dei costi sostenuti inerenti alla attività esercitata”.

Con un orientamento consolidato, cui si intende dare continuità, questa Corte ha affermato che il combinato disposto dal D.Lgs. n. 466 del 1997, art. 3, comma 1, lett. c) e art. 8 facendo riferimento, per la determinazione della base imponibile, alla differenza tra l’ammontare dei compensi percepiti e quello dei costi sostenuti inerenti alle attività al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 49, comma 1, senza fare menzione di quelle di cui al comma 2, lett. a) della medesima disposizione, esclude l’assoggettabilità ad IRAP di quella parte di reddito che un lavoratore autonomo, esercente abitualmente l’attività professionale intellettuale di dottore commercialista, abbia prodotto in qualità sindaco, o di presidente del consiglio di amministrazione di una banca, senza utilizzare la propria autonoma organizzazione (Cass., 9 maggio 2007, n. 10594). E tanto, anche dopo l’introduzione nel D.P.R. n. 917 del 1986, art. 50, comma 1, lett. c-bis, che ha ricompreso i redditi derivanti dalle collaborazioni coordinate e continuative (che, in precedenza, erano qualificati come altri redditi di lavoro autonomo dall’art. 49 comma 2 lett. a), tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.

In alcune pronunce, invero, questa Corte ha affermato che “non ha diritto al rimborso di imposta (Irap) il dottore commercialista che, in presenza di autonoma organizzazione ed espletando congiuntamente anche gli incarichi connessi di sindaco, amministratore di società e consulente tecnico, svolga sostanzialmente un’attività unitaria, nella quale siano coinvolte conoscenze tecniche direttamente collegate all’esercizio della professione nel suo complesso, allorchè non sia possibile scorporare le diverse categorie di compensi eventualmente conseguiti e di verificare l’esistenza dei requisiti impositivi per ciascuno dei settori in esame, per il mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sul contribuente” (Cass., 5 marzo 2012, n. 3434; Cass., 19 marzo 2014, n. 6418; Cass., 23 gennaio 2017, n. 1712; Cass., 29 settembre 2016, n. 19327; Cass., 10 maggio 2019, n. 12495, Cass.04 luglio 2019 n. 17987).

Nondimeno ha anche chiarito che il commercialista che sia anche amministratore, revisore e sindaco di una società non soggiace all’imposta per il reddito netto di tali attività, in quanto è soggetta ad imposizione fiscale unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata; il che non si verifica nella specie, atteso che per la soggezione all’IRAP non è sufficiente che il commercialista normalmente operi presso uno studio professionale, atteso che tale presupposto non integra, di per sè, il requisito dell’autonoma organizzazione rispetto ad un’attività rilevante quale organo di una compagine terza (Cass., 3 luglio 2017, n” 16372; Cass., 3 marzo 2016, n. 4246; Cass., 2 novembre 2016, n. 22138).

Pertanto, in tema d’IRAP, non realizza il presupposto impositivo l’esercizio dell’attività di sindaco e di componente di organi di amministrazione e controllo di enti di categoria, che avvenga in modo individuale e separato rispetto ad ulteriori attività espletate all’interno di un’associazione professionale, senza ricorrere ad un’autonoma organizzazione (Cass., 29 settembre 2016, n. 19327).

Va, quindi, sottolineato che il dottore commercialista che svolga anche attività di sindaco di società, non soggiace ad Irap per il reddito netto di tali attività, in quanto soggetta ad imposizione è unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata (Cass., 16372/2017). Se, quindi, il professionista, sin dal ricorso introduttivo, chiede lo scorporo dei proventi da attività di sindaco di società, il giudice di merito deve effettuare un valutazione specifica e separata di tale porzione, ben distinta, di attività (Cass., 2018/12052).

Nella fattispecie in esame, il giudice di appello non si è attenuto ai principi giurisprudenziali sopra esposti, in quanto, pur avendo dato atto che tali redditi non siano soggetti ad IRAP, ha tuttavia ritenuto che tale esclusione operi solo in assenza di autonoma organizzazione della società e non ha effettuato alcuna distinzione tra il segmento di attività svolto dal professionista quale sindaco, che non poteva essere assoggettata a tassazione Irap, per espressa disposizione legislativa, rispetto alle ulteriori attività espletate dallo stesso, per le quali vale il principio giurisprudenziale della assoggettabilità ad Irap solo in presenza della sussistenza della “autonoma organizzazione”.

La Commissione regionale dovrà, dunque, stabilire quale porzione dei ricavi non può essere assoggettata ad Irap, perchè riferita in via esclusiva alla attività di sindaco di una pluralità di società, in relazione alle disposizioni di legge sopra richiamate, e quale parte degli stessi deve, invece, essere sottoposta al prelievo fiscale Irap perchè riferita alla ordinaria attività di commercialista, con l’ausilio di una “autonoma organizzazione”, secondo i principi dettati da questa Corte (Cass. Sez.Un. 10 maggio 2016 n. 9451).

Sicchè sotto questo profilo la censura è fondata.

2. Con il secondo motivo di gravame si lamenta l’omesso esame di un punto controverso e decisivo del giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 ovvero l’idoneità dei documenti prodotti dal ricorrente a fornire la prova dell’inesistenza dell’autonoma organizzazione.

Il motivo resta assorbito nel percorso logico giuridico dall’accoglimento del primo motivo nei termini sopra indicati.

Il ricorso è dunque fondato per le ragioni attinte dal primo motivo, nei limiti precisati, onde la sentenza deve essere cassata e il giudizio rinviato alla CRT Lombardia in diversa composizione, per un nuovo esame dei profili annullati.

P.Q.M.

La Corte acqoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Lombardia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 29 aprile 2019.

Depositato in cancelleria il 21 novembre 2019

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