Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30368 del 30/12/2011

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2011, (ud. 06/12/2011, dep. 30/12/2011), n.30368

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12212-2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

V.L.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA PASUBIO 2, presso lo studio dell’Avvocato HINNA DANESI

FABRIZIO, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controncorrente –

avverso la sentenza n. 176/37/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA del 26/09/2007, depositata il 02/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/12/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito l’Avvocato MADDALO ALESSANDRO, difensore della ricorrente, che

si riporta agli scritti;

udito l’Avvocato HINNA DANESI FABRIZIO, difensore del

controricorrente, che si riporta agli scritti;

è presente l’Avvocato Generale nella persona del Dott. DOMENICO

IANNELLI che ha concluso per l’accoglimento del ricorso e la

cassazione con rinvio.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. Con sentenza n. 176/37/07, depositata il 2.4.08, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Roma (OMISSIS), avverso la sentenza di primo grado con la quale era stato parzialmente accolto il ricorso proposto da V.L.G. nei confronti del silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso dell’IRPEF indebitamente trattenuta – a suo dire – sull’indennità di natura assicurativa corrisposta nell’anno 2001.

2. La CTR riteneva, infatti, che – essendosi il V. iscritto alla forma pensionistica complementare, rappresentata dal fondo di previdenza esterno denominato “PIA”, in epoca precedente al 28.4.93, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993 – l’aliquota del 27,64% applicata dall’Ufficio a titolo di tassazione separata del D.P.R. n. 917 del 1986, ex artt. 16 e 17 (testo all’epoca vigente) non fosse applicabile, atteso che si sarebbe dovuta applicare, nella specie, la minore aliquota del 12,50, ai sensi della L. n. 482 del 1985, art. 6.

3. Avverso la sentenza n. 176/37/07 ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate articolando quattro motivi, ai quali l’intimato ha replicato con controricorso. L’intimato ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

OSSERVA IN DIRITTO

1. Con il primo ed il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate deduce la motivazione contraddittoria ed insufficiente su punti decisivi della controversia.

1.1.Con gli altri due motivi, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 817 del 1986, art. 42, comma 4 (testo all’epoca vigente), della L. n. 482 del 1985, art. 6, del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 16 e 17 e del D.L. n. 669 del 1996, art. 1, comma 5 convertito in L. n. 30 del 1997, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

2. Assume l’amministrazione finanziaria che la CTR avrebbe errato nel ritenere che la prestazione di capitale erogata – in forza di accordo individuale intercorso tra le parti – dall’ENEL al V. nell’anno 2001, in luogo della prestazione pensionistica aziendale di cui agli artt. 1 e 4 dell’accordo ENEL – Fndai del 16.4.1986, e costituita, in parte mediante disponibilità dell’ENEL ed in parte mediante contribuzione a carico dei dipendenti, fosse assoggettabile a ritenuta di imposta pari al 12,50% di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6.

Siffatta erogazione di capitale avrebbe dovuto essere, infatti, soggetta – a parere della ricorrente – a tassazione separata in forza del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a e art. 17.

La CTR, inoltre, avrebbe erroneamente ritenuto che l’erogazione, tassabile con aliquota del 12,50%, fosse qualificabile come prestazione in forma di capitale, corrisposta in dipendenza di contratto di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione.

3. I due motivi di ricorso – che, attesa la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente – si palesano parzialmente fondati e vanno, pertanto, accolti.

3.1. Deve, invero, rilevarsi al riguardo che V.L.G., ex dirigente ENEL s.p.a., iscritto alla forma pensionistica complementare, rappresentata dal fondo di previdenza esterno denominato PIA, presentava istanza di rimborso dell’IRPEF indebitamente trattenuta – a suo dire – sull’indennità di natura assicurativa, erogatagli sotto forma di prestazione di capitale, nell’anno 2001.

3.1.1. Assumeva, invero, il V., che – in seguito ad accordo aziendale ENEL – Fndai del 16.4.1986 – il rapporto assicurativo derivante da una polizza vita stipulata dall’azienda a favore dei propri dirigenti in forza del c.c.n.l. del 16.5.85, ed avente ad oggetto il rischio di morte e di invalidità permanente non dipendente da infortuni, era stato convertito in un rapporto previdenziale. Successivamente, esso istante aveva, peraltro, optato per la corresponsione anticipata di un capitale, in luogo della prestazione pensionistica aziendale, di cui agli artt. 1 e 4 del suddetto accordo ENEL – Fndai. Nel proporre la predetta istanza di rimborso, il V. sosteneva, quindi, in via principale, la non assoggettabilità a tassazione della suindicata erogazione previdenziale, in quanto di natura non reddituale, ma patrimoniale;

in via subordinata, che tale forma di reddito dovesse essere determinata ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986,. art. 42, comma 4 (nel testo applicabile ratione temporis), ed assoggettato alla ritenuta di imposta nella misura del 12,50%, della L. n. 482 del 1985, ex art. 6.

3.1.2. Avverso il silenzio rifiuto formatosi a seguito di detta istanza, il V. proponeva ricorso dinanzi alla CTP di Roma, con il quale ribadiva le ragioni poste a fondamento della richiesta di rimborso.

Il giudice di primo grado accoglieva, quindi, la domanda subordinata del contribuente, applicando il regime di tassabilità della forma pensionistica complementare in questione nella misura indicata dal medesimo, non potendo equipararsi – a parere dei giudici di prime cure – la capitalizzazione del trattamento pensionistico integrativo de quo ai redditi da lavoro dipendenti, soggetti a tassazione separata ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 16 e 17.

La tesi in parola veniva, poi, condivisa anche dalla CTR del Lazio, avverso la cui decisione l’Agenzia delle Entrate ha proposto, pertanto, ricorso per cassazione, affidato ai quattro motivi suesposti.

3.2. Premesso quanto precede, deve ritenersi, a parere di questa Corte, che la sentenza di appello vada cassata, palesandosi la decisione non del tutto in linea con la giurisprudenza di legittimità – consolidatasi dopo la proposizione del ricorso da parte dell’Agenzia delle Entrate – che si ritiene più condivisibile, e che ha ricevuto recentemente l’avallo anche delle Sezioni Unite (cfr. Cass.S.U., 22.6.2011 n. 13642).

Va rilevato, infatti, – al riguardo – che, in ordine alla normativa applicabile in tema tassazione di fondi previdenziali integrativi, si sono formati, nella giurisprudenza di questa Corte, due distinti indirizzi interpretativi: il primo, che – seguendo l’evoluzione normativa in materia – individua un duplice criterio di tassazione (Cass. 27928/09, 22974/10); il secondo, che individua, invece, un unico criterio di tassazione, costituito dal regime fiscale dei redditi di lavoro dipendente, e in particolare dall’imposizione corrispondente a quella del trattamento di fine rapporto (Cass. 11156/10, 18056/10). Ebbene, le Sezioni Unite di questa Corte hanno operato un approfondito chiarimento della questione, al fine di evitare “soluzioni possibilmente contrastanti”, soprattutto in ragione della “concatenazione temporale di discipline diverse in qualche misura intersecantesi”, ed hanno – in sostanza – aderito al primo dei filoni interpretativi summenzionati.

Il quadro giurisprudenziale di riferimento che ne deriva, in ordine al regime di tassazione della forma pensionistica complementare in esame, può essere, pertanto, sintetizzato come segue.

3.2.1. Va anzitutto osservato, al riguardo, che la disciplina positiva dei fondi complementari integrativi – come rilevato da S.U. n. 13642/11 – è passata, nel tempo, dalla “tutela assicurativa” – rispondente al principio del i risparmio finanziario” (che trova la sua tutela nell’art. 47 Cost.), e nella quale l’investimento concerne una somma che è già patrimonio del soggetto – alla “tutela previdenziale”, rispondente al principio del “risparmio previdenziale” (tutelato, invece, dall’art. 38 Cost.). In tale ultima ipotesi, a differenza della precedente, l’investimento concerne una somma che origina da redditi da lavoro, e come tale è – di conseguenza – tassabile secondo il regime cui sono soggetti i redditi da cui l’investimento medesimo è composto e determinato. Nel regime precedente il D.Lgs. n. 124 del 1993, invero, si distingueva, in relazione alle somme liquidate al dipendente all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, in virtù del contratto di assicurazione stipulato dal datore di lavoro, tra una posta (cosiddetta “capitale”) rappresentata dai premi versati dal datore di lavoro in corrispondenza dell’ammontare dell’indennità di anzianità via via maturata dal dipendente, ed un ammontare ulteriore (cosiddetto “rendimento di polizza”), costituente il risultato dell’operazione assicurativa propriamente detta, implicante un’eccedenza rispetto ai premi medesimi, ed, in effetti, rispetto a quanto attribuito al dipendente in forza di legge. Mentre le somme liquidate a titolo di capitale erano considerate soggette, per loro natura di TFR, al trattamento fiscale proprio di tale forma di reddito da lavoro, le somme corrispondenti al cd. rendimento di polizza, traendo origine dalla forma (contratto di assicurazione sulla vita) prescelta dal datore di lavoro per attuare gli accantonamenti obbligatori, erano considerate, invece, esenti da imposizione, ai sensi del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 34, u.c., se liquidate prima dell’entrata in vigore della L. n. 482 del 1985, ed assoggettate a ritenuta del 12,50% se liquidate sotto il vigore di quest’ultima (cfr. Cass. 5506/07).

Ebbene, la decisa opzione dell’ordinamento per un regime di tassazione della previdenza complementare secondo una disciplina analoga a quella applicata ai redditi di lavoro, avviene – in subiecta materia solo a seguito dell’entrata in vigore della disciplina impositiva di cui al D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13 che opera un rinvio al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 (nel testo applicabile ratione temporis), ed al relativo regime di tassazione separata dei redditi da lavoro.

3.2.2. E tuttavia – secondo il primo dei menzionati orientamenti giurisprudenziali, formatosi con specifico riferimento alla stessa forma di previdenza complementare in considerazione nel caso di specie, costituita dal PIA (Previdenza Integrativa Aziendale) – in tema di fondi previdenziali integrativi, la suindicata disciplina impositiva di cui al D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, comma 9, si riferisce, secondo l’interpretazione fornita dal D.L. n. 669 del 1996, art. 1, comma 5, (convertito nella L. n. 30 del 1997), esclusivamente ai lavoratori iscritti alle forme pensionistiche complementari successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 cit.. Il predetto regime di tassazione separata non è, pertanto, applicabile ai lavoratori già iscritti – come nel caso di specie – a forme pensionistiche complementari, in epoca anteriore all’entrata in vigore del D.L. n. 124 del 1993.

Ne discende che, se a tali lavoratori, al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, siano corrisposte somme costituite in parte da capitale riveniente dai contributi versati e per il residuo dai rendimenti netti realizzati attraverso la gestione della “sorte capitale”, il predetto regime di tassazione separata si applica alla sola attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, in quanto disciplina riguardante tutti i redditi comunque dipendenti da quel rapporto. Per converso, alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento – costituenti mero reddito di capitale non legato al rapporto di lavoro – si applica la ritenuta del 12,501 prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6.

3.2.3. Il menzionato indirizzo giurisprudenziale ha, poi, ulteriormente chiarito che l’individuazione di tale duplice criterio di tassazione non è impedita, nel caso di specie, nè – per quanto concerne il cd. rendimento di polizza – dalla particolare forma di rapporto assicurativo posto in essere nel caso in considerazione, nè – per quel che riguarda la “sorte capitale” – dal fatto che l’ente gestore del rapporto previdenziale (il fondo P.I.A.) sia un soggetto diverso dal datore di lavoro.

Ed invero, si è rilevato in proposito, per un verso, che le polizze P.I.A. – come quella ricorrente nel caso concreto – non corrispondono a contratti assicurativi tipici, posti in essere da soggetti istituzionalmente abilitati, ma danno luogo ad una figura contrattuale atipica, avente prevalente causa previdenziale, sebbene modulata come un contratto di capitalizzazione di versamenti da gestire.

Per altro verso, si è affermato che la qualifica del fondo P.I.A. quale ente terzo rispetto al datore di lavoro è inidonea ad elidere il nesso genetico – che, pertanto, va considerato comunque sussistente – con il rapporto di lavoro, che ha determinato la nascita del rapporto previdenziale rappresentato dalla predetta polizza, ed in relazione al quale la tassazione – limitatamente alla “sorte capitale”, essendo il “rendimento di polizza” soggetto, come detto, alla predetta ritenuta al 12,50% – va operata in misura analoga a quella dell’indennità di fine rapporto, trattandosi di somme integrative del reddito da lavoro dipendente (cfr., in tal senso, Cass. 22974/10). Il regime derogatorio in questione, tuttavia, deve ritenersi applicabile solo ai capitali percepiti fino al 31.12.2000, essendo stata tale disciplina abrogata, con decorrenza dalla data suindicata, dal D.Lgs. n. 47 del 2000, art. 3 mentre, per gli importi percepiti a decorrere dall’1.1.2001, trova integrale applicazione il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 16 e 17.

3.2.4. Tutto ciò premesso, va rilevato che l’indirizzo giurisprudenziale ora menzionato è stato, poi, recepito e confermato dalle Sezioni unite di questa Corte, le quali – prendendo in esame proprio la vicenda del fondo P.I.A. costituito dall’ENEL – hanno ribadito che, in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti ed a causa previdenziale prevalente, sono soggette ad un trattamento tributario diversificato, in ragione del periodo di tempo nel quale gli importi spettanti al dipendente sono dovuti.

E precisamente: a) per gli importi maturati fino al 31.12.2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 solo per quanto riguarda la “sorte capitale”, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6;

b) per gli importi maturati a decorrere dall’1.1.2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 cit., art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 (cfr. Cass. S.U. 22.6.2011 n. 13642).

3.2.5. Ebbene, nel caso di specie, il giudice del merito, avendo ritenuto di applicare indiscriminatamente l’aliquota del 12,50%, non ha fatto corretta applicazione del principio richiamato.

4. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate deve essere accolto, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e con rinvio ad altra sezione della CTR del Lazio, perchè accerti, in coerenza con il principio di diritto sopra l’enunciato, il rendimento derivante dall’impiego, sul mercato, del capitale costituito dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati al Fondo dal datore di lavoro e dal lavoratore. In particolare, il giudice di rinvio dovrà effettuare un accertamento sulla natura e quantità del rendimento che sarebbe stato liquidato a favore del contribuente, verificando se vi sia stato (e quale sia stato) l’impiego da parte del Fondo, sul mercato, del capitale accantonato, e quale (e quanto) sia stato il rendimento conseguito in relazione a tale impiego, giustificandosi solo rispetto a quest’ultimo rendimento l’affermata tassazione al 12,50%.

5. Il giudice di rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione;

accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che provvederà alla liquidazione anche delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 6 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2011

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