Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30368 del 18/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 30368 Anno 2017
Presidente: SCHIRO’ STEFANO
Relatore: MOCCI MAURO

ORDINANZA
sul ricorso 20751-2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro
FEDERICI FEDERICO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CALABRIA 56, presso lo studio dell’avvocato LUCA PELLICELLI,
rappresentato e difeso dagli avvocati FRANCESCO GAETANO
SILVAGNI, PAOLA SANTANDREA;
– controricorrente avverso la sentenza n. 299/8/2016 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE dell’EMILIA ROMAGNA, depositata il
08/02/2016;

Data pubblicazione: 18/12/2017

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
non partecipata del 18/10/2017 dal Consigliere Dott. MAURO
MOCCI.
Rilevato:
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla

con motivazione semplificata;
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei
confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale
dell’Emilia Romagna che, a seguito di rinvio dalla Corte di
Cassazione, aveva accolto parzialmente l’appello di Federico
Federici contro la decisione della Commissione tributaria
provinciale di Ravenna. Quest’ultima aveva respinto
l’impugnazione del contribuente contro un avviso di
accertamento IRPEF, per l’anno 2005;
Considerato:
che il ricorso è affidato ad un unico motivo, col quale l’Agenzia
deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 384 comma
2° c.p.c. e degli artt. 8 D.Lgs n. 546/1992 e 10 I. n. 212/2000,
ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.: la CTR avrebbe ritenuto
sussistente l’obiettiva incertezza sull’ambito di applicazione
della norma, con una motivazione generica, che non si era
conformata al dictum della parte rescissoria, tanto più che il
procedimento di interpretazione normativa sarebbe stato del
tutto semplice;
che l’intimato ha resistito, deducendo l’improcedibilità del
ricorso, nonché l’inapplicabilità della sanzione;
che, in particolare, quest’ultima eccezione è fondata, e
dirimente, considerato che, in tema di accertamento delle
imposte sui redditi, l’art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 147 del
2015 – che, quale norma di interpretazione autentica, ha
Ric. 2016 n. 20751 sez. MT – ud. 18-10-2017
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relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere

efficacia retroattiva – esclude che l’Amministrazione finanziaria
possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la
plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di
immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato,
accertato o definito ai fini dell’imposta di registro (Sez. 6 –

anche ai fini sanzionatori, in applicazione del principio del favor
rei,

posto che, proprio in ragione della più favorevole

disposizione sopravvenuta, la condotta che prima integrava
una violazione fiscale non costituisce più il presupposto per
l’irrogazione della sanzione (Sez. 5, n. 9492 del 12/04/2017;
Sez. 5, n. 2889 del 03/02/2017);
che, in ogni caso, il ricorso dell’Agenzia è infondato;
che la parte rescissoria della decisione di questa Corte n.
102/2015 afferma testualmente

“Ciò posto, il ricorso va

accolto, in quanto la sentenza in nessun modo esplica gli
elementi d’incertezza che, pure, deduce a fondamento
dell’inapplicabilità delle sanzioni”:

non si tratta, dunque,

dell’affermazione di un principio di diritto, quanto piuttosto
dell’accertamento di una lacuna motivazionale, che il giudice
del rinvio ha colmato, offrendo una motivazione in ordine
all’obiettiva incertezza sull’ambito di applicazione della norma
che regge alle censure della ricorrente giacché s’impernia su un
giudizio di fatto, non illogico né contraddittorio;
che,

in

sostanza,

si tratta

di

censure di

merito,

inammissibilmente dedotte come violazione di legge;
che al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alla
rifusione delle spese processuali in favore del controricorrente,
nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Ric. 2016 n. 20751 sez. MT – ud. 18-10-2017
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5, n. 11543 del 06/06/2016), sicché dovrebbe spiegare effetti

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità, che liquida, a favore del controricorrente, in euro
5.500, oltre spese forfettarie in misura 1el 15%
Così deciso in Roma il 18 ottobre 2017
Il

sid

Dr. S

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