Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30367 del 21/11/2019

Cassazione civile sez. trib., 21/11/2019, (ud. 08/10/2019, dep. 21/11/2019), n.30367

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 7890/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro-tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12 è domiciliata;

– ricorrente –

contro

Europa Scavi e Trasporti s.r.l., in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Maria Sonia Vulcano e

dall’Avv. Claudio Lucisano, elettivamente domiciliata presso lo

studio del secondo Avvocato in Roma, Via Crescenzio n. 91, giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente-

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia, n. 37/26/2012 depositata il 22 marzo 2012.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza dell’8 ottobre 2019

dal Consigliere Dott. D’Orazio Luigi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott.ssa De Renzis Luisa, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avv. Marinella Di Cave per l’Avvocatura Generale dello Stato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Commissione tributaria regionale della Lombardia accoglieva l’appello principale proposto dalla Europa Scavi e Trasporti s.r.l., rigettando l’appello incidentale della Agenzia delle entrate, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Sondrio, che aveva accolto solo in parte il ricorso introduttivo della società avverso l’avviso di accertamento con cui erano stati recuperati costi indeducibili ed indetraibili per la somma di Euro 491.777,00, in assenza dei requisiti di certezza ed inerenza di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, riducendo tali costi ad Euro 134.768,00. In particolare, per il giudice di appello l’avviso di accertamento doveva essere annullato integralmente in quanto era pervenuto al risultato “irrealistico” sul piano economico di portare il reddito netto dell’impresa al 40 %, dovendosi considerare anche la copiosa documentazione in atti da cui si ricavava la certezza e l’inerenza delle spese sostenute, incrociando i dati di tali documenti con quelli contenuti nei libri matricola ed i cespiti delle ditte fornitrici con le autorizzazioni alle conduzioni dei mezzi. Tra l’altro, alcuni mezzi erano adoperati per il movimento terra, consumando materiale pur restando fermi.

2.Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate.

3.Resiste con controricorso la società.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, dell’art. 2704 c.c. e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”, in quanto il giudice di appello ha ritenuto irrealistico sul piano economico l’utile netto per l’impresa del 40 %, senza tenere conto che il dato originava proprio dalla ricostruzione analitica dei costi ritenuti indeducibili. La Commissione regionale fa riferimento alla “copiosa documentazione”, senza indicare in modo specifico i documenti utilizzati per la decisione, mentre anche il primo giudice ha ritenuto che parte della documentazione era “troppo generica” e “non sufficiente” a comprovare l’inerenza dei costi all’esercizio dell’impresa. La dimostrazione della inerenza è, poi, a carico del contribuente.

2.Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, in quanto nelle controdeduzioni in appello l’Agenzia delle entrate ha elencato una serie di circostanze che deponevano per la totale inattendibilità delle affermazione della contribuente, in relazione alla certezza ed all’inerenza dei costi. Il giudice di appello non ha tenuto conto, infatti, delle dichiarazioni rese dai dipendenti della società, i quali ammettevano di avere ricoperto solo “formalmente” l’incarico di amministratore e di avere sottoscritto documentazione varia senza leggerla. Inoltre, le fatture dei costi indetraibili erano generiche in assenza dei nomi dei dipendenti che avevano effettuato le prestazioni, dei luoghi in cui le stesse erano state realizzate e dei consumi di gasolio. Alcuni mezzi erano stati noleggiati dalla Grental s.r.l., ma in un accesso della Guardia di finanza del 201-2009 all’indirizzo della sede sociale erano presenti solo due vecchi autocarri e nessun dipendente. Allo stesso modo le fatture emesse dalla Petrolcarbo erano generiche. Quanto alla Sotral s.r.l. non vi era alcuna documentazione commerciale tra la stessa e la contribuente. Non è stato, poi, rinvenuto alcun atto per la dimostrazione dei rapporti tra la Trans Vai s.r.l. e la contribuente.

2.1.Tali motivi, che vanno esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, sono fondati.

2.2.Anzitutto, si rileva che per questa Corte (Cass.Civ., 11 gennaio 2018, n. 450) ha affermato di recente che il principio dell’inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa (e non dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, comma 5, ora medesimo D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 5, riguardante il diverso principio della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili) ed esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità (anche solo potenziale o indiretta), in quanto è configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio economico e non assumendo rilevanza la congruità delle spese, perchè il giudizio sull’inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo. In particolare, la Corte ha precisato che, comunque, “l’antieconomicità e l’incongruità della spesa sono indici rivelatori della mancanza di inerenza, pur non identificandosi con essa”.

La giurisprudenza successiva si è sostanzialmente adeguata a tale principio di diritto, evidenziando che “l’impostazione da ultimo riferita è ben meno lontana dalla tradizionale interpretazione”, proprio tenendo conto della argomentazione per cui l’antieconomicità e l’incongruità della spesa sono indici rivelatori della mancanza di inerenza (Cass.Civ., 6 giugno 2018, n. 14579; Cass.Civ., 22938/2018).

Più di recente, questa Corte ha descritto compiutamente il riparto dell’onere della prova in materia di inerenza ed il contenuto della stessa, condividendo il nuovo orientamento aperto dalla sentenza 450/2018, ma con alcune precisazioni (Cass.Civ., 17 luglio 2018, n. 18904).

Pertanto, si è sottolineato che l’inerenza integra un giudizio sulla riferibilità del costo all’attività d’impresa, quindi con natura qualititativa. Spetta, però, al contribuente l’onere della prova “originario”, che quindi si articola ancora prima dell’esigenza di contrastare la maggiore pretesa erariale, dovendo egli provare e documentare l’imponibile maturato e, quindi, l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto di impresa perchè in correlazione con l’attività di impresa.

2.3.Si torna, poi alla distinzione tra beni “normalmente necessari e strumentali” e beni “non necessari e strumentali”, con la precisione, però, che anche per i primi si assiste “più che una modifica dei criteri di ripartizione, ad una semplificazione dell’onere del contribuente”.

Solo quando l’Amministrazione ritenga gli elementi dedotti dal contribuente mancanti, insufficienti od inadeguati oppure riscontri ulteriori circostanze di fatto tali da inficiare gli elementi allegati, può contestare l’inerenza con due modalità. Da un lato, può contestare la carenza degli elementi di fatto portati dal contribuente e quindi la loro insufficienza a dimostrare l’inerenza, mentre dall’altro può addurre l’esistenza di ulteriori elementi tali da far ritenere che il costo non è correlato all’impresa.

L’Amministrazione ha ritenuto insufficienti gli elementi di fatto addotti dalla società, evidenziando, appunto, l’assoluta genericità delle fatture emesse dalle società fornitrici dei mezzi per l’effettuazione dei lavori, ed ha addotto prove e dichiarazioni testimoniali di impiegati ed amministratori in ordine alla fittizietà delle fatture emesse.

Di fronte a tali importanti allegazioni dell’Amministrazione e, quindi, ad argomentate e puntuali contestazioni, la società, cui incombeva l’onere della prova della inerenza dei costi per smentire le contestazioni dell’Ufficio (Cass.Civ., 16 novembre 2011, n. 24065; Cass.Civ., 9 agosto 2006, n. 18000; Cass.Civ., 25 febbraio 2010, n. 4554; Cass.Civ., 26 aprile 2017, n. 10269; Cass.Civ., 5 maggio 2011, n. 9892; Cass.Civ., 16 maggio 2007, n. 11205; Cass.Civ., 30 maggio 2018, n. 13588, che valorizza il principio di “vicinanza alla prova”), si è difesa rilevando che l’utile della impresa così accertato, dopo il disconoscimento dei costi, era del 40 %, quindi irrealistico, e che alcuni mezzi erano utilizzati solo a terra e quindi non si muovevano.

2.4.Con riferimento all’Iva, poi, per questa Corte la definizione di inerenza, che si traduce in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde da valutazioni di tipo utilitaristico o quantitativo, è coerente con la disciplina dell’Iva, mentre le uniche divergenze attengono al giudizio di congruità che è irrilevante, per il principio della neutralità fiscale (Cass. Civ., 17 luglio 2018, n. 18904).

2.5.La Commissione regionale si è limitata a valorizzare, ai fini della prova della sussistenza della inerenza dei costi, il reddito netto dell’impresa pari al 40 %, ove i costi non fossero stati deducibili, quindi con un risultato “irrealistico sul piano economico”, nonchè la “copiosa documentazione”, individuata con formula del tutto generica. Nè una maggiore specificazione di tale documentazione si può rinvenire nel passaggio argomentativo successivo in cui si afferma, me sempre in modo del tutto aspecifico e generico, che “incrociando i dati di tali documenti con quelli contenuti nei libri matricola e dei cespiti delle ditte fornitrici e le autorizzazioni alla conduzione dei mezzi si ricava l’irrilevanza della mancata sottoscrizione e apposizione di data su alcuni dei contratti passivi.

Nè è sufficiente l’ulteriore precisazione che gli elevatori e le pale meccaniche adoperate per il movimento terra consumano carburante pur lavorando da fermi.

Il giudice di appello, infatti, non si è soffermato in alcun modo sulle deduzioni specifiche della Agenzia delle entrate elencate nelle controdeduzioni in appello e riportate nel ricorso per cassazione da pagina 5 a pagina 9.

Poichè la sentenza è stata depositata il 22-3-2012 trova applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella versione anteriore alle modifiche di cui al D.L. n. 83 del 2012, applicabile solo alle sentenze depositate a decorrere dall’11-9-2012. Pertanto, la Commissione regionale non ha tenuto conto delle dichiarazioni rese dagli impiegati e dai soci della società che hanno svolto per qualche tempo anche il ruolo di amministratore “formale” della stessa, limitandosi a firmare “tutte le carte…senza nemmeno leggerle” (cfr. dichiarazioni scritte di B.L., Bo.Gi., M.F., L.B.), oltre che quelle della segretaria e dei rappresentanti delle imprese che hanno intrattenuto rapporti commerciali con la ricorrente. Non si è tenuto conto, poi, del contenuto delle fatture, ritenute generiche dalla Agenzia delle entrate, in quanto carenti della indicazione specifica dei mezzi presi a noleggio, dei nomi dei dipendenti che hanno effettuato le prestazioni e dei luoghi di svolgimento delle stesse.

Inoltre, il giudice di appello avrebbe dovuto anche valutare che presso la sede della Grental, società che noleggiava mezzi alla contribuente, non sono stati rinvenuti nè mezzi nè personale, tanto che nel processo verbale di constatazione si faceva riferimento all’emissione di fatture per noleggio di mezzi inesistenti. Allo stesso modo si è trascurato di verificare il contenuto delle fatture emesse dalla Petrolcarbo, anch’esse ritenute generiche dalla Agenzia delle entrate, come pure di quelle emesse dalla Trans Vai s.r.l., in assenza di contratto stipulato tra le due società.

3.La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, che dovrà procedere alla rivalutazione degli elementi di prova e provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 8 ottobre 2019.

Depositato in cancelleria il 21 novembre 2019

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