Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30357 del 18/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 30357 Anno 2017
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: PICARONI ELISA

ORDINANZA
sul ricorso 14192-2016 proposto da:
SCAGLIOLI RENZO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
DEGLI SCIPIONI 268-A, presso lo studio dell’avvocato ALESSIO
PETRETTI, che li rappresenta e difende unitamente agli
avvocati EUGENIO CHIERICI, ENRICA CHIERICI;
– ricorrenti contro
SCAGLIOLI IVANO, SCAGLIOLI TIZIANA, SCAGLIOLI OSTILIO,
PEDERZINI ANNA, elettivamente domiciliati in ROMA, V.LE
REGINA MARGHERITA 22, presso lo studio dell’avvocato
SERGIO LEONARDI, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato dall’avvocato FRANCO MAZZA;
– con troricorrenti avverso la sentenza n. 2014/2015 della CORTE D’APPELLO di
BOLOGNA, del 24/11/2015;

Data pubblicazione: 18/12/2017

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
non partecipata del 05/10/2017 dal Consigliere Dott. ELISA
PICARONI.
Ritenuto che Renzo Scaglioli e Bruna Rivi ricorrono per la
cassazione della sentenza della Corte d’appello di Bologna,

dagli stessi proposto avverso la sentenza del Tribunale di
Reggio Emilia n. 1612 del 2009, ed ha accolto l’appello
incidentale proposto da Anna Pederzini, Ivano Scaglioli, Ostilio
Scaglioli e Tiziana Scaglioli;
che il giudice di primo grado aveva accertato che i
convenuti avevano diritto d’uso sull’area cortilizia oggetto di
controversia, ed aveva compensato le spese di lite;
che la Corte d’appello ha confermato l’accertamento
riguardo all’uso dell’area, mentre ha riformato la decisione
sulle spese;
che i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione
degli artt. 1366, 1367, 1369 e 1371 cod. civ. (primo motivo),
omessa insufficiente e contraddittoria motivazione (secondo
motivo), violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc.
civ. (terzo motivo);
che Anna Pederzini, Ivano Scaglioli, Ostilio Scaglioli e
Tiziana Scaglioli resistono con controricorso;
che il relatore ha formulato proposta di decisione, ai
sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., di manifesta infondatezza
del ricorso;
che i resistenti hanno depositato memoria;
che il ricorso è infondato;
che con il primo motivo si lamenta l’erroneità
dell’interpretazione fornita dalla Corte d’appello del rogito

Ric. 2016 n. 14192 sez. M2 – ud. 05-10-2017
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depositata in data 7 dicembre 2015, che ha rigettato l’appello

notaio Ferrante Prati del 1947, avente ad oggetto l’atto di
divisione stipulato tra i danti causa delle odierne parti;
che in sede di legittimità non è ammessa la critica della
ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di
merito che si traduca esclusivamente nella prospettazione di

compiutamente esaminati, tenuto conto che quella assunta dal
giudice di merito non deve essere l’unica interpretazione
possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili e
plausibili interpretazioni (tra le altre, Cass. 03/09/2010, n.
19044; Cass. 12/07/2007, n. 15604);
che pertanto il motivo è inammissibile;
che con il secondo motivo è denunciato vizio di
motivazione – omessa, insufficiente e contraddittoria – con
riferimento alla questione della prescrizione per non uso
ventennale del diritto ex adverso preteso;
che, anche prescindendo dall’erronea formulazione del
motivo rispetto al paradigma delineato dall’art. 360, n. 5, cod.
proc. civ. nel testo vigente (Cass., Sez. U. 07/04/2014, n.
8053), applicabile ratione temporis al presente ricorso, la
doglianza è manifestamente infondata;
che la Corte d’appello ha evidenziato come la stessa
allegazione degli appellanti, di un uso solo saltuario del cortile
da parte degli appellati, escludeva in radice la configurabilità
della fattispecie estintiva, che richiede la completa cessazione
dell’utilizzo protratta nel tempo;
che è parimenti infondato il terzo motivo di ricorso, con il
quale si denuncia violazione dell’art. 91 cod. proc. civ. per
contestare la statuizione della Corte d’appello sul riparto delle
spese, con riferimento sia al grado di appello sia al primo grado
di giudizio;
Ric. 2016 n. 14192 sez. M2 – ud. 05-10-2017
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una diversa valutazione degli stessi elementi già

che in entrambe le statuizioni la Corte d’appello ha fatto
applicazione del principio di soccombenza, previsto dall’art. 91
cod. proc. civ., che costituisce la regola di riparto delle spese di
lite, ed ha motivato l’accoglimento dell’appello incidentale,
evidenziando l’inconsistenza delle ragioni con le quali il

che al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti
alle spese, liquidate in dispositivo;
che sussistono i presupposti per il raddoppio del
contributo unificato.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al
pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in
complessivi euro 3.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi,
oltre spese generali e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115

del 2002, dichiara la sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso,
a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-II
Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 5 ottobre
2017.
Il Presidente
/ c
11 Funzionario Giu .

i

Tribunale aveva giustificato la deroga al suddetto principio;

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