Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3035 del 06/02/2017

Cassazione civile, sez. VI, 06/02/2017, (ud. 24/11/2016, dep.06/02/2017),  n. 3035

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29219-2015 proposto da:

S.G., domiciliato in ROMA, VIA DI SELVA NERA 147

presso D.L.S., rappresentato e difeso dagli avvocati PAOLO

MARSEGLIA e DANIELE DE LEO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SANITA’, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DIA PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 715/2015 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 24/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/11/2016 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- E’ stata depositata in cancelleria relazione ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., datata 21.9.16 e regolarmente notificata ai difensori delle parti (a mezzo p.e.c. il 22.10.16 all’avv. Marseglia, come da certificazione della cancelleria), relativa al ricorso avverso la sentenza della corte di appello di Lecce n. 715 del 24.9.15, del seguente letterale tenore:

“1.- S.G. ricorre a questa Corte, sulla base di indifferenziati motivi, per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale è stato rigettato il suo appello avverso la sentenza con cui il tribunale di Lecce aveva rigettato la sua domanda di risarcimento danni da lesioni da emotrasfusioni non sicure, avendo ritenuto coperto l’importo dovuto a quel titolo dalle somme ricevute a titolo di indennizzo ai sensi della L. n. 210 del 1992. L’intimato resiste con controricorso.

2.- Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio – ai sensi degli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., essendo oltretutto soggetto alla disciplina dell’art. 360-bis cod. proc. civ. (inserito dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. a) parendo dovervisi dichiarare inammissibile.

3.- Il ricorrente non articola motivi di cassazione, limitandosi, a partire dalla quart’ultima nemmeno numerata facciata del suo ricorso, a giustapporre argomentazioni di diritto ed elementi di fatto, peraltro confusi, dai quali parrebbe evincersi una contestazione della correttezza delle somme ricostruite come già percepite e della stessa compensatio lucri cum damno applicata dalla corte territoriale.

4.- La tecnica di redazione del ricorso non risponde alla consolidata giurisprudenza sul suo contenuto minimale, alla stregua dell’art. 366 cod. proc. civ.: in particolare, è violato il requisito di specificità e completezza del motivo di cassazione (fra le ultime, v. Cass. 6 marzo 2014, n. 5277; in precedenza, negli esatti termini, anche Cass. n. 4741 del 2005, seguita da numerose conformi, tra cui Cass. 5244/06, Cass. 15604/07, Cass. 6184/09), non solo non essendo preceduti i motivi di cassazione (essendolo invece, ma del tutto incongruamente ed inutilmente, quelli di appello) da una rubrica con la chiara identificazione del vizio prospettato ricondotto ad una specifica fattispecie tra quelle previste dall’art. 360 cod. proc. civ. (Cass. 19 agosto 2009, n. 18421), ma soprattutto non potendo pretendersi da questa Corte l’intervento integrativo di individuare, per giungere alla compiuta enucleazione del motivo e sopperire alle lacune del ricorrente, per ciascuna delle doglianze lo specifico vizio vagheggiato (Cass. 20 settembre 2013, n. 21611).

5.- Del resto, la compensabilità delle somme percepite ai sensi della L. n. 210 del 1992 con il risarcimento del danno richiesto allo stesso Ministero della Salute corrisponde a giurisprudenza a dir poco consolidata (fin da Cass. Sez. Un., 11 gennaio 2008, n. 584, seguita da numerose conformi); mentre la ricostruzione in fatto attiene ad apprezzamenti di merito, la cui correttezza andava contestata con l’analitica indicazione in ricorso dei singoli elementi di riscontro, in applicazione dei principi elaborati ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, invece radicalmente carenti dinanzi ad un generico richiami ad atti non meglio specificati ed anzi perfino dinanzi all’ammissione dell’impossibilità della ricostruzione per alcuni periodi pure da parte del percipiente.

6.- Pare inevitabile proporre al Collegio la declaratoria di inammissibilità del ricorso”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2.- Non sono state presentate conclusioni scritte, nè le parti hanno depositato memoria o sono comparse in camera di consiglio per essere ascoltate.

3.- A’ seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella su trascritta relazione e di doverne fare proprie le conclusioni, avverso le quali del resto nessuna delle parti ha ritualmente mosso alcuna critica osservazione.

4.- Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ., il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico del ricorrente soccombente.

5.- Inoltre, ricorrendo i presupposti di cui al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52, comma 2, (codice in materia di protezione dei dati personali), a tutela dei diritti e della dignità delle persone coinvolte ed in ragione dell’oggetto della pronuncia deve essere disposta, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l’omissione delle indicazioni delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati nella sentenza.

6.- Deve, infine, trovare applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: ai sensi di tale disposizione, il giudice dell’impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che la definisce, a dare atto – senza ulteriori valutazioni discrezionali – della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento, da parte dell’impugnante integralmente soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, a norma del medesimo art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del Ministero della Salute, in pers. del Ministro p.t., liquidate in 6.000,00, oltre spese prenotate a debito, maggiorazione per spese generali ed accessori nella misura di legge;

– dispone che, in caso di diffusione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati nella sentenza;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater come modif. dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 24 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2017

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