Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3035 del 01/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 01/02/2022, (ud. 31/03/2021, dep. 01/02/2022), n.3035

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18096-2020 proposto da:

H.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

prestò la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MANNETTI CARLA;

– ricorrente-

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende, ope

legis;

– resistente –

avverso il decreto n. cronol. 4985/2020 del TRIBUNALE di VENEZIA,

depositato il 14/05/2020;

udita la relazione della causa svolta nella che viene proposto

ricorso avverso il decreto del Tribunale di Venezia del 14 maggio

2020, il quale ha rigettato il ricorso proposto da H.A.,

cittadino del Bangladesh, avverso il provvedimento negativo della

Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione

internazionale;

– che il Ministero si è costituito tardivamente in giudizio ai soli

fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis

c.p.c..

 

Fatto

CONSIDERATO

1. che con il primo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 comma 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, commi 10 e 11, art. 50-bis c.p.c. e art. 276c.p.c., art. 16dir. UE 32/2013, sul rilievo che ha provveduto alla sua audizione un giudice onorario, che non ha fatto parte del collegio giudicante;

2. che il motivo è manifestamente infondato;

che, infatti, questa Corte ha, anche recentemente, enunciato il principio di diritto, secondo cui, in materia di protezione internazionale, non è affetto da nullità il procedimento nel cui ambito il giudice onorario di tribunale abbia proceduto all’audizione del richiedente, rimettendo poi la causa per la decisione al collegio della sezione specializzata in materia di immigrazione, poiché il D.Lgs. n. 116 del 2017, art. 10, recante la riforma organica della magistratura onoraria, consente ai giudici professionali di delegare, anche nei procedimenti collegiali, compiti e attività ai giudici onorari, compresa l’assunzione di testimoni, mentre il medesimo D.Lgs., art. 11, esclude l’assegnazione dei fascicoli ai giudici onorari solo per specifiche tipologie di giudizi, tra i quali non rientrano quelli di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis (Cass. n. 4887/2020 e più recentemente Cass. S.U. n. 5425/2021);

3. che con il secondo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, sul rilievo che il giudice di merito ha valutato la non credibilità del richiedente violando i criteri di affidabilità previsti dalla citata L., art. 3, comma 5;

4. che il motivo è inammissibile nonché manifestamente infondato;

che, in particolare, la valutazione con cui il ricorrente – che ha dichiarato di essere fuggito dal Bangladesh per sottrarsi alla minacce dei suoi familiari che gli rimproveravano di aver sposato una donna induista – è stato ritenuto non credibile dal giudice di merito (vedi articolate argomentazioni del decreto impugnato a pag. 8-9) costituisce apprezzamento di fatto che è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019);

– che, nel caso di specie, con l’apparente doglianza della violazione del D.Lgs. n. 251 del 2008, art. 3, comma 5, il ricorrente non fa che svolgere censure di merito, peraltro generiche, in ordine alla valutazione in fatto operata dal Tribunale sulla sua attendibilità;

5. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. da 2 a 6 e art. 14, in relazione al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria;

6. che il motivo è inammissibile;

che, in particolare, va, preliminarmente, osservato che, anche recentemente, questa Corte ha statuito che, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, deve essere interpretata, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), nel senso che il grado di violenza indiscriminata deve avere raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. n. 13858 del 31/05/2018);

che, nel caso di specie, il Tribunale ha accertato – mediante il ricorso a fonti internazionali qualificate – l’insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata in Bangladesh ed il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. 2/12/2018 n. 32064);

7. con il quarto motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, nonché del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 32 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 comma 6, in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria;

6. che il motivo è inammissibile;

che, infatti, il giudice di merito ha coerentemente ritenuto insussistente la dedotta condizione di vulnerabilità del richiedente alla luce della non credibilità del suo racconto (già valutata ai fini del diniego delle protezioni maggiori) ed in relazione alla situazione-paese, come accertata alla luce delle fonti internazionali consultate;

– che è stato, altresì, evidenziato che il richiedente non ha neppure rinvenuto nel nostro paese una stabile occupazione lavorativa che gli consenta un vita diginitosa, così ritenendo insussistente uno degli elementi (integrazione sociale) su cui questa Corte ha ritenuto che deve fondarsi la valutazione comparativa tra i contesti di vita del richiedente nel paese di accoglienza ed in quello di origine (cfr. Cass. n. 4455 del 23/02/2018);

che tale valutazione in fatto non è sindacabile in sede di legittimità;

9. che la soccombenza del ricorrente non comporta la condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali, in ragione della inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero.

PQM

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 31 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2022

 

 

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