Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30346 del 18/12/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 30346 Anno 2017
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: VINCENTI ENZO

ORDINANZA
sul ricorso 26256-2016 proposto da:
POLEO FRANCESCA, POLEO GIUSEPPE, POLEO LUIGI,
POLEO PALMA, POLEO PASQUALE, POLEO LUCREZIA,
POLEO MARIANNA, tutti eredi del Sig. POLEO VINCENZO,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PALESTRO n. 95, presso lo
studio dell’avvocato FRANCO BRUGNANO, rappresentati e difesi
dall’avvocato GIANFRANCO SALVATORE D’ETTORIS;
– ricorrenti contro
E-DISTRIBUZIONE SPA (già ENEL DISTRIBUZIONE SPA),
Società con unico Socio, soggetta a direzione e Coordinamento di
ENEL SPA, in persona del legale rappresentante pro-tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RUFFINI n. 2/A, presso lo

Data pubblicazione: 18/12/2017

studio dell’avvocato VINCENZO ANNIBALE LA ROCCA,
rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE IANNELLO;

– controricorrente avverso la sentenza n. 1268/2015 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata dell’08/11/2017 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

Ritenuto che, con ricorso affidato a quattro motivi, Marianna
Poleo, Francesca Poleo, Giuseppe Poleo, Pasquale Poleo, Luigi Poleo,
Lucrezia Poleo, Palma Poleo, quali eredi di Vincenzo Poleo, hanno
impugnato la sentenza della Corte di appello di Catanzaro, in data 12
ottobre 2015, che, in accoglimento del gravame interposto dall’Enel
Distribuzione S.p.A. avverso la decisione del Tribunale di Catanzaro,
aveva rigettato la domanda di risarcimento danni avanzata dal loro
dante causa a seguito di inadempimento contrattuale dell’Enel (non
avendo la società fornitrice di energia elettrica provveduto all’allaccio
della linea elettrica all’azienda agricola di proprietà dello stesso attore,
con conseguente impossibilità di funzionamento dei macchinari
aziendali), per difetto di prova circa i “danni economici” arrecati dal
comportamento omissivo dello stesso Enel;
che resiste con controricorso l’E-Distribuzione S.p.A. (già Enel
Distribuzione S.p.A.);
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc.
civ., è stata comunicata ai difensori delle anzidette parti, unitamente al
decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in
prossimità della quale i ricorrenti hanno depositato memoria;
che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione
semplificata.
Ric. 2016 n. 26256 sez. M3 – ud. 08-11-2017
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CATANZARO, depositata il 12/10/2015;

Considerato che, con il primo mezzo, è denunciata, ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatto
decisivo oggetto di discussione tra le parti, non avendo la Corte di
appello esaminato “alcuni elementi fondamentali emersi sia dalla
relazione peritale, sia dalla documentazione allegata al fascicolo di

che, con il secondo mezzo, è dedotta, ai sensi dell’art. 360,
primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione
degli artt. 61, 115, 116 cod. proc. civ. e 2056 cod. civ., per aver la Corte
territoriale “erroneamente e ingiustificatamente qualificato come
esplorativa la consulenza in atti”;
che, con il terzo mezzo, è prospettata, ai sensi dell’art. 360,
primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione
dell’art. 1223 cod. civ., per aver la Corte territoriale ritenuto “non
allegata e né addotta alcuna prova del danno”, che emergeva dalla
espletata c.t.u. e, comunque, atteneva alle spese di allaccio (per lire
2.724.150) ed all’acquisto di un generatore elettrico (per euro 3.200,00,
con costo di manutenzione annuo di circa euro 400,00 e consumo di
carburante per circa euro 1240,00);
che, con il quarto mezzo, è denunciata, ai sensi dell’art. 360,
primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione
degli artt. 1226 e 2056 cod. civ., per non aver la Corte territoriale
considerato, ai fini della liquidazione del danno, anche da perdita di
chance, come certi gli elementi emergenti dalla c.t.u. e dalla prova
testimoniale;
che il secondo motivo, che va esaminato per primo per priorità
logica, è manifestamente infondato;
che la Corte territoriale ha posto in evidenza che l’allegazione
attorea di aver subito “notevoli e gravissimi danni per non aver potuto
Ric. 2016 n. 26256 sez. M3 – ud. 08-11-2017
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primo grado”,

mettere in funzione i macchinari utili per la corretta ed economica
conduzione dell’azienda” era rimasta priva di riscontro per non esser
stata concludente ed idonea a tal fine l’unica deposizione testimoniale
raccolta (relativa ad un brevissimo arco temporale e generica, oltre che
indicante un numero di capi di bestiame — 100 — di gran lunga inferiore

indimostrati la circostanza del possesso degli anzidetti macchinari e lo
“stato dell’attività economica svolta dal Poleo al momento della sua
richiesta di fornitura di energia elettrica”, avendo il c.t.u., quindi, “solo
astrattamente ipotizzato il possibile reddito annuo, presupponendo
l’acquisto di macchinari ed attrezzature mai possedute dall’attore per la
trasformazione di prodotti caseari”. Sicché, il giudice di appello ha
correttamente qualificato come esplorativa la c.t.u. espletata nel corso
del giudizio di primo grado, non vertendosi, nella specie, in
accertamento di determinate situazioni di fatto effettuabili soltanto con
l’ausilio di speciali cognizioni tecniche, così da potersi derogare al
principio dell’onere di prova a carico delle parti, cui la c.t.u. (qualora
priva, come nel caso in esame, del carattere percipiente) non può
sostituirsi (Cass. n. 3130/2011; Cass. n. 512/2017);
che ne consegue, anzitutto, che il primo motivo è anch’esso
manifestamente infondato, posto che la Corte di appello ha esaminato
i fatti storici dedotti (senza, quindi, incorrere nel vizio di cui al vigente
n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ.) e — sebbene non integranti, di per sé,
tali fatti storici — valutato le stesse risultanze di causa (c.t.u.,
documentazione e prova testimoniale), escludendo, però, che
quest’ultime (nel loro complesso) fossero tali da fornire la prova delle
allegazioni attoree circa la sussistenza del danno patrimoniale
risarcibile;

Ric. 2016 n. 26256 sez. M3 – ud. 08-11-2017
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di quello — 208 — ritenuto dal c.t.u.), là dove, poi, erano risultati

che il terzo motivo è, poi, inammissibile, giacché le censure, ben
lungi dal mettere in rilievo errores in indicando commessi dalla Corte
territoriale (che, in ogni caso, non sono riscontrabili nella sentenza
impugnata), investono l’accertamento in fatto e la valutazione delle
prove riservati esclusivamente al giudice del merito;

relazione al dedotto danno emergente per le spese di allaccio della
energia elettrica (euro 1.406,91) non viene data contezza della portata
effettiva della domanda svolta originariamente (posto che dalla stessa
sentenza impugnata – pp. 2/3 – emerge che detta domanda era di
risarcimento danni e di erogazione della fornitura di energia elettrica e,
dunque, non di restituzione delle spese di allaccio, necessarie per detta
fornitura), risultando carente, ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 6,
cod. proc. civ., anche l’idonea localizzazione degli atti processuali
rilevanti, solo genericamente richiamati a p. 18 del ricorso (là dove
necessitava, altresì, verificare se il Tribunale avesse effettivamente
liquidato anche questo “danno”, giacché, in caso negativo, sarebbe
stato necessario per gli originari attori interporre appello incidentale;
impugnazione che, invece, è comunque mancata); 2) in relazione ai
dedotti danni per l’acquisto ed utilizzo di un generatore elettrico (euro
3.200 + manutenzione annua euro 400 + carburante annuo euro
1240), trattasi di costi supposti dal c.t.u., senza che si sia affermato e
dimostrato che vi sia stata la spesa (là dove, invero, a monte era
carente la prova dell’esistenza stessa dei macchinari per i quali sarebbe
stato utilizzato il generatore elettrico);
che il quarto ed ultimo motivo è inammissibile, giacché, avendo
la Corte territoriale correttamente fatto riferimento al principio della
certezza del pregiudizio, quale presupposto per poter addivenire sia alla
liquidazione equitativa (Cass. n. 11968/2013), che al riconoscimento
Ric. 2016 n. 26256 sez. M3 – ud. 08-11-2017
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che in ogni caso (pur rimanendo assorbente quanto sopra): 1) in

del danno da perdita di chance (Cass. n. 19604/2016), le doglianze si
risolvono, infine, in una critica dell’accertamento fattuale rimesso al
solo giudice del merito;
che la memoria dei ricorrenti, nel ribadire gli stessi identici
argomenti del ricorso, non è idonea a scalfire i rilievi che precedono;

vicende dei giudizi di merito) giusti motivi ai sensi dell’art. 92 cod.
proc. civ. (nella formulazione originaria, applicabile ratione temporis) per
disporre l’integrale compensazione delle spese di lite del giudizio di
legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
rigetta il ricorso e compensa interamente le spese del giudizio di
legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei
ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-3
Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, in data 8 novembre
2017.
Il Presidente

1NA

che il ricorso va, dunque, rigettato, sussistendo (per le alterne

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