Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3034 del 11/02/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 3034 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA
sul ricorso 18823-2010 proposto da:
PETTINARI PAOLO C.F. PTTPLA59H21G157U, elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’ 20, presso
lo studio dell’avvocato DE MARCO ADA, rappresentato e
difeso dall’avvocato ARIGLIANI PIERLUIGI, giusta
delega in atti;
– ricorrente –

2013
3754

contro

COMUNE DI CASTELFIDARDO P.I. 00123220428, in persona
del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA MAGLIANO SABINA 24, presso lo studio

Data pubblicazione: 11/02/2014

dell’avvocato PETTINARI LUIGI, rappresentato e difeso
dall’avvocato LUCCHETTI ALESSANDRO, giusta delega in
atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n.

383/2009 della CORTE D’APPELLO

À5 V .2_ oo,g
4 08/20

R.G.N. 826/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/12/2013 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato LUCCHETTI ALESSANDRO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

di ANCONA, depositata il

Svolgimento del processo
Con sentenza del 27.3.2006, il Tribunale di Ancona respingeva la domanda
proposta da Paolo Pettinari diretta ad impugnare la sanzione disciplinare
della sospensione dal lavoro con privazione della retribuzione per giorni
uno, inflittagli dal datore di lavoro Comune di Castelfidardo il 19.7.03, per
la violazione dei suoi doveri professionali in quanto, quale comandante del

2.4.2003 a Martellago, assentandosi dal luogo di lavoro senza
l’autorizzazione del Sindaco o dell’Amministrazione, prescritta dalle
disposizioni di servizio impartite in materia dallo stesso Sindaco con nota
del 3.3.1998 n. 4921, implicitamente richiamata dall’art. 23, comma 3,
lett, e), del c.c.n.l. di comparto 6.7.1995.
A fondamento della decisione il Giudice di primo grado ritenne che:
competente all’irrogazione di sanzioni disciplinari nei confronti del
Comandante dei Vigili Urbani era l’Ufficio Procedimenti Disciplinari del
Comune e non il Sindaco, perché, pur considerando la particolare
autonomia di detto Corpo, ad esso dovevano ritenersi comunque
applicabili i principi e le norme sul pubblico impiego; l’Ufficio Procedimenti
Disciplinari, che aveva irrogato la sanzione impugnata, era stato
legittimamente costituito in quanto espressamente previsto dall’apposito
Regolamento di cui si era dotato il Comune; la nomina del dott. Senatori,
quale vice Segretario Comunale -e come tale titolare dell’Ufficio
medesimo- doveva ritenersi legittima, attesa la vacanza derivante
dall’assenza del Segretario Generale dott.ssa Barberini; la contestazione
era da ritenersi sufficientemente dettagliata e quindi idonea a consentire
al ricorrente una adeguata difesa; i fatti contestati (assenza dal posto di
lavoro senza l’autorizzazione del dirigente) risultavano ammessi dallo
stesso Pettinari; che pertanto risultava infondata anche la richiesta
risarcitoria formulata.
Avverso tale sentenza proponeva appello il Pettinari, evidenziando di
essere stato oggetto di atti persecutori in conseguenza di una sua richiesta
di distacco per ragioni sindacali. Ribadiva l’incompetenza dell’Ufficio

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Corpo della Polizia Municipale, si era recato per l’intera giornata del

Procedimenti disciplinari nei confronti del Comandante della Polizia
Municipale, spettando a suo awiso tale potere solo al Sindaco, nei cui
confronti il predetto Comandante “è responsabile della disciplina e
dell’impiego tecnico-operativo degli appartenenti al Corpo” ai sensi
dell’art. 9 L. n. 65\1986 (disciplina speciale rispetto al successivo D.L.vo n.
165\2001), e che, a termini del precedente art. 2, impartisce le direttive,

legge”, salva la delega dei relativi poteri ad un assessore.
Inoltre: l’Ufficio Procedimenti Disciplinari poteva attivarsi solo su
segnalazione del Capostruttura, il quale ha dieci giorni di tempo per
segnalare il fatto disciplinarmente rilevante, ai sensi dell’art. 24 del c.c.n.l.
6.7.95, sicché il Sindaco non poteva essere, com’era invece awenuto,
l’organo titolare del potere di segnalazione, posto che nei suoi confronti
non è configurabile una responsabilità disciplinare sanzionabile.
Reiterava la doglianza circa l’illegittimità della costituzione dell’ufficio
Procedimenti Disciplinari come organo monocratico in capo al segretario
Generale poiché detto segretario, a seguito della legge n.127\97, non era
più un funzionario statale inserito nell’organizzazione comunale con il
compito di esprimere pareri di legittimità in merito agli atti dell’Ente, ma
un dipendente dell’Agenzia dei Segretari che presta Servizio per l’Ente su
nomina fiduciaria del Sindaco; lamentava che il Comune non aveva
adeguato i Regolamenti – o comunque quello sui procedimenti disciplinarial proprio Statuto e tale inerzia aveva determinato l’illegittimità degli atti
compiuti che hanno preceduto l’irrogazione della sanzione in
contestazione.
Si è poi di nuovo lamentato della pretesa illegittimità della nomina del
dott.Senatori a titolare dell’Ufficio Procedimenti Disciplinari, poiché la
costituzione in capo allo stesso dell’Ufficio del Vice Segretario era
awenuta non osservando l’art. 6 del d.lgs n. 165\01 laddove prevede la
preventiva consultazione delle Organizzazioni Sindacali.
Ha quindi riproposto la censura relativa all’assenza di indicazione della
norma violata ed alla mancanza di applicazione del criterio di gradualità

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vigila sull’espletamento del servizio e adotta i prowedimenti previsti dalla

nell’irrogazione della sanzione, lamentandosi anche dell’incongrua
applicazione della recidiva, in difetto di precedente sanzione disciplinare
inflitta.
Rilevava infine la strumentalità ed infondatezza dell’addebito, posto che
egli, per allontanarsi dalla sede di lavoro, non aveva bisogno di alcuna
autorizzazione, posto che il dirigente del Servizio che avrebbe dovuto

autorizzazione esigeva, non era più legittima, ed andava disapplicata, ai
sensi dell’art. 63 del d.lgs n. 165\01, in quanto riguardante attività
gestionali esulanti dalle attribuzioni del Sindaco quale organo politico.
Riproponeva la domanda di risarcimento dei danni.
Radicatosi il contraddittorio, con sentenza depositata il 15 luglio 2009, la
Corte d’appello di Ancona, rigettava il gravame.
Per la cassazione propone ricorso il Pettinari, affidato a tre motivi.
Resiste il Comune con controricorso, poi illustrato con memoria.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia “omessa e\o insufficiente
motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio; falsa rappresentazione
della realtà; decisione difforme alla giurisprudenza della Corte dì
Cassazione. Il dr. Claudio Senatori è incompatibile con la qualità di
responsabile dell’ufficio per i procedimenti disciplinari perché controparte
del dr. Pettinari in altri giudizi”.
Lamenta che il Pettinari era controparte di esso ricorrente in altri giudizi,
sicché non poteva garantire la serena e distaccata valutazione dei fatti,
requisito necessario per la regolare composizione dell’Ufficio disciplinare.
1.1.-Il motivo è in parte inammissibile e per il resto infondato.
Inammissibile perché relativa a circostanza che non risulta dedotta nella
precedente fase di merito. In essa infatti il Pettinari lamentava unicamente
che la nomina del Senatori a titolare dell’ufficio per i procedimenti
disciplinari era avvenuta in contrasto con l’art. 6 del d.lgs n. 165\01
laddove prevede la preventiva consultazione delle organizzazioni sindacali.
Infondato poiché, a prescindere dalla considerazione che il concetto di

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autorizzarlo era egli stesso, mentre la direttiva 3.3.98 del Sindaco, che tale

terzietà è connaturale al procedimento giurisdizionale e non a quello
disciplinare (ove l’organo disciplinare è necessariamente parte del rapporto
lavorativo, e portatore, in tale veste, di interessi contrapposti a quelli del
lavoratore), deve evidenziarsi che la Corte di merito ha adeguatamente
motivato circa la legittimità della sanzione irrogata dal competente ufficio
disciplinare del Comune, e tale motivazione non viene specificamente

2.- Con il secondo motivo il Petttinari denuncia “omessa e\o insufficiente
motivazione circa l’intervenuta decadenza dell’azione disciplinare.
Violazione di principi generali dell’ordinamento giuridico. Violazione
dell’art. 24 del c.c.n.l. di comparto 6.7.95”.
Lamenta la violazione del principio di immediatezza posto a base del
procedimento disciplinare, evidenziando che nella specie il fatto contestato
era del 2.4.03, mentre la contestazione awenne solo il 22.4.03. Evidenzia
che l’art. 24, comma 4, del c.c.n.l. 6.7.95 dispone che il responsabile della
struttura, nella specie il Sindaco, “segnala entro dieci giorni all’ufficio
competente i fatti da contestare al dipendente”.
Il motivo è infondato. Premesso infatti che i venti giorni trascorsi dalla
conoscenza del fatto alla contestazione non risultano obiettivamente in
contrasto col principio di immediatezza, occorre verificare se un termine
più breve sia previsto dalla contrattazione collettiva, come prospettato dal
Pettinari.
La risposta è negativa, posto che la norma contrattuale invocata stabilisce
solo che il responsabile della struttura, nella specie il Sindaco, “segnala
entro dieci giorni all’ufficio competente i fatti da contestare al dipendente”,
non stabilendo dunque che entro dieci giorni debba essere contestata
l’infrazione, ma solo che entro tale lasso di tempo debba awenire la
segnalazione all’ufficio disciplinare per la contestazione, la quale,
evidentemente, non potrà che avvenire in un momento successivo (anche
al fine della ponderata valutazione dei fatti), senza risultare vincolato ad
un preciso termine, se non quello generale di immediatezza, come sopra
accennato nella specie certamente non violato, o quello derivante dai

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censurata in questa sede.

principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto,
parimenti non violato se si considera che risulta contrattualmente legittima
la segnalazione del fatto dopo dieci giorni dalla sua conoscenza e che da
tale momento (che il ricorrente peraltro, in contrasto col principio di
autosufficienza, neppure indica) sono trascorsi solo altri dieci giorni.
3.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia: “errore di diritto. Violazione

Mancata autorizzazione della Giunta per potersi assentare”.
Lamenta di essersi assentato per ragioni di servizio allo scopo di
“verificare, presso un’azienda, attrezzature tecniche”, come
preventivamente comunicato al Sindaco, che nulla obiettò al riguardo,
conseguendone che non era stata violato né il provvedimento sindacale n.
4921\98, né l’art. 23, comma 3, del c.c.n.l. 6.7.95 (di cui non specifica il
contenuto).
Il motivo è in parte inammissibile e per il resto infondato.
Inammissibile in quanto sottopone direttamente alla Corte accertamenti ed
apprezzamenti in fatto non consentiti al giudice di legittimità, ed inoltre
per non aver specificato, in contrasto con l’art. 366 c.p.c. ed il principio di
autosufficienza del ricorso (cfr. Cass. sez. un. 3 novembre 2011 n. 22726),
il contenuto dell’invocato art. 23, comma 3, del c.c.n.l. 6.7.95, pur non
soggetto, in quanto contratto collettivo di diritto pubblico, all’onere di
deposito ex art. 369 c.p.c. (Cass. sez.un. 4 novembre 2009 n. 23329).
Infondato in quanto erroneamente diretto a trasformare la necessaria
preventiva autorizzazione all’allontanamento dal servizio da parte della
Giunta, in una sorta di silenzio assenso, non previsto e comunque in tesi
verificatosi in capo al Sindaco e non all’organo competente al rilascio
dell’autorizzazione, e cioè la Giunta.
4.- Il ricorso deve pertanto rigettarsi.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da
dispositivo.
P.Q.M.

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e\o falsa applicazione di norme di diritto ed accordi nazionali di lavoro.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del presente giudizio di legittimità, che liquida in E.100,00 per esborsi,
E.2.500,00 per compensi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 18 dicembre 2013
Il Presidente

Il Consigliere est.

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