Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30332 del 21/11/2019

Cassazione civile sez. III, 21/11/2019, (ud. 25/09/2019, dep. 21/11/2019), n.30332

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 19969/2018 proposto da:

D.G.P., elettivamente domiciliato in Roma, alla via

A. Mordini n. 14, presso lo studio dell’AVVOCATO GIOVANNI PETRILLO

che lo rappresenta e difende unitamente all’AVVOCATO LEONIDA MARIA

GABRIELI;

– ricorrente –

contro

A.D., + ALTRI OMESSI in proprio e nella qualità di

procuratore generale di A.L. e A.R.,

domiciliati in Roma, preso la Cancelleria civile della Corte di

Cassazione, rappresentati e difesi dall’AVVOCATO PELLEGRINO MUSTO;

– controricorrenti –

e contro

A.P., C.R., domiciliati in Roma, preso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione, rappresentati e difesi

dall’AVVOCATO FRANCESCO CRUPI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 04785/2017 della Corte d’Appello di Napoli,

depositata il 20/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/09/2019 da Dott. Cristiano Valle, osserva.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello Napoli, Sezione specializzata agraria, ha, con sentenza n. 04785 del 20 dicembre 2017, rigettato l’appello avverso la sentenza del Tribunale di Avellino, Sezione specializzata agraria, che non aveva riconosciuto l’indennità per i miglioramenti, consistenti nell’impianto di un noccioleto a partire dagli anni 70 e fino al 1973 realizzati su di un fondo, sito in agro del Comune di (OMISSIS), coltivato originariamente a seminativo arborato da D.G.P., in forza di contratto di affitto agrario stipulato dalla di lui madre nei primi anni ‘70 e proseguito senza soluzione di continuità con la famiglia A..

Avverso la sentenza della Corte territoriale ricorre con tre motivi D.G.P..

Resistono con separati controricorsi R.A.M., + ALTRI OMESSI in proprio e nella qualità di procuratore generale di A.L. e R. nonchè C.R. e A.P..

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

In via preliminare deve rilevarsi che la memoria del ricorrente, è pervenuta per posta. Essa è, pertanto, inammissibile, in quanto l’invio a mezzo posta è previsto soltanto per il ricorso ed il controricorso (Cass. n. 08835 del 10/04/2018: “In tema di giudizio di cassazione, le memorie ex art. 380 bis c.p.c., se depositate a mezzo posta, devono essere dichiarate inammissibili, tanto che nulla in esse proposto possa essere preso in considerazione, non essendo applicabile l’art. 134 disp. att. c.p.c. in quanto previsto esclusivamente per il ricorso ed in controricorso”).

Il ricorso censura la sentenza d’appello con tre mezzi specificamente: il primo per omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, art. 360, comma 1, n. 5; il secondo in base all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione alla L. n. 11 del 1971, artt. 10 e segg. e L. n. 203 del 1982, art. 16 e segg. ed il terzo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione art. 421 c.p.c..

I tre mezzi attengono alla mancata ammissione della prova per testi concernente l’effettuazione di miglioramenti, che hanno comportato la mutazione della destinazione produttiva del fondo da seminativo arborato a noccioleto specializzato.

E’ incontroverso che effettivamente il fondo condotto in affitto da D.G.P., e prima di lui dalla madre I.E., è attualmente destinato a noccioleto. La prova dell’avvenuta effettuazione dei miglioramenti, e che essi siano stati effettuati con il consenso dei concedenti, non è stata ammessa dalla Corte territoriale sulla base della considerazione che la prova testimoniale, che quantomeno aveva di mira la dimostrazione di un consenso tacito, era stata genericamente dedotta.

Ciò posto si osserva.

E’ orientamento costante di questa Corte, dal quale il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi, che (Cass. n. 04646 del 04/02/2006 Rv. 587398 – 01 e Cass. n. 19789 del 28/09/2011 Rv. 619642 – 01): “… il diritto all’indennità riconosciuto all’affittuario, ai sensi della L. 3 maggio 1982, n. 203, art. 17 presuppone il preventivo consenso del concedente (o, in difetto, l’autorizzazione dell’Ispettorato provinciale dell’agricoltura), il quale deve sostanziarsi in una manifestazione di volontà autorizzativa che specifichi la natura, le caratteristiche e le finalità degli interventi migliorativi, non essendo sufficiente un’autorizzazione meramente generica per tipi e/o categorie di opere. Il consenso del concedente alla esecuzione dei miglioramenti, che può essere anche tacito, deve in ogni caso precedere e non seguire l’esecuzione delle opere, non potendo un assenso successivo far venir meno “ex tunc” l’illiceità della condotta del concessionario o del mezzadro, dovuta al difetto della condizione legittimante, ma, eventualmente, solo precludere conseguenze pregiudizievoli al coltivatore, come la risoluzione per inadempimento.” ed ancora “…il diritto all’indennità riconosciuto all’affittuario ai sensi della L. n. 203 del 1982, art. 17 presuppone il preventivo consenso del concedente (o, in difetto, l’autorizzazione dell’Ispettorato provinciale dell’agricoltura), il quale deve sostanziarsi in una manifestazione di volontà autorizzativa che specifichi la natura, le caratteristiche e le finalità degli interventi migliorativi, non risultando, perciò, sufficiente ai fini della configurazione di tale requisito – un’autorizzazione meramente generica per tipi e/o categorie di opere”.

La Sezione specializzata agraria d’appello ha affermato che la dedotta circostanza, quale capitolo di prova per testi, dell’essere stati presenti all’effettuazione dei miglioramenti, consistenti nella messa a coltura del noccioleto, A.M., avvocato, ed una delle sue tre sorelle, non altrimenti identificata, precludeva la possibilità di pervenire alla conclusione dell’espressione del consenso, anche in forma tacita, da parte di una collettività indistinta quale la “famiglia A.”.

La Corte territoriale ha, in tal modo, compiutamente assolto l’onere motivazionale in considerazione della necessità che, come sopra ricordato, il consenso all’effettuazione dei miglioramenti sia dato anteriormente alla loro realizzazione e sia comunque specifico, il che non esclude che, come detto nella stessa sentenza d’appello, esso possa anche essere tacito.

La stessa giurisprudenza di legittimità richiamata da parte ricorrente, e riferita alla materia locatizia in generale, e non specificamente a quella dei rapporti agrari, qui in oggetto, in ogni caso esclude che il consenso tacito possa ravvisarsi in un contegno di mera tolleranza da parte del locatore (Cass. n. 06094 del 20/03/2006 Rv. 588367 – 01 e n. 3435 del 12/04/1996 Rv. 496962 – 01): “Il consenso del locatore previsto dagli artt. 1592 e 1593 c.c. in tema di miglioramenti e addizioni alla casa locata, non può consistere in una semplice tolleranza, ma deve concretarsi in una chiara ed inequivoca manifestazione di volontà volta ad approvare le eseguite innovazioni che si manifesti in fatti concludenti e in un comportamento incompatibile con un contrario proposito.”.

L’affermazione dell’essere la prova testimoniale necessitata dal disposto della L. 11 febbraio 1971, n. 11, art. 10 e ss. della L. 3 maggio 1982, n. 203, n. 11, art. 17 e segg. non ha alcun appiglio normativo, in quanto le norme, anche in questo caso genericamente richiamate, disciplinano la materia dei miglioramenti apportati al fondo dall’affittuario, ma non derogano in alcun modo al principio ordinario in tema di onere della prova di cui all’art. 2697 c.c. e pongono, quindi, in capo a chi deduca di avere effettuato i miglioramenti la prova del consenso o dell’autorizzazione dell’ispettorato provinciale per l’agricoltura.

Il mezzo relativo al mancato esercizio dei poteri probatori di ufficio, ai sensi dell’art. 421 c.p.c. è inammissibile in quanto l’esercizio del potere, comunque discrezionale del giudice di merito, non poteva in ogni caso supplire, anche qualora si fosse tradotto nell’invito ad una migliore specificazione o riformulazione del capitolato istruttorio, alla deficienza iniziale della prova per testi, mirante, come detto, a dimostrare un consenso all’effettuazione dei miglioramenti sul fondo da parte di otto comproprietari mediante l’indicazione di due soli di essi.

La circostanza dell’essere A.M. gestore dell’intero compendio ereditario, e quindi anche del fondo per i cui miglioramenti è qui causa, è stata specificamente dedotta soltanto in questa sede o, quantomeno, non risulta riportato, in ricorso, dove e quando, nelle fasi di merito, la detta circostanza sarebbe stata allegata.

Il ricorso è, pertanto, inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo in favore di ciascuna delle parti controricorrenti.

La natura agraria della controversia esclude l’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida per ciascuna delle controparti in Euro 2.800,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA ed IVA per legge; rilevato che dagli atti il processo risulta esente non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione sezione terza civile, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2019

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