Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30321 del 18/12/2017


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Civile Sent. Sez. L Num. 30321 Anno 2017
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso 4498-2012 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, P.ZA MAZZINI 27, presso lo studio
dell’avvocato SALVATORE TRIFIROT, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2017
2642

contro
LA COMMARE GASPARE, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA SILLA 28, presso lo studio dell’avvocato CARMINE
COSENTINO, che lo rappresenta e difende unitamente

Data pubblicazione: 18/12/2017

all’avvocato ANGELO VERGA, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 516/2011 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 08/08/2011 R.G.N. 324/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

BRONZINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale DOTT. ALBERTO CELESTE, che ha concluso per il
0
rigetto del ricorso dal 1 0 al 3 motivo, accoglimento
dal 4 0 al 6 ° motivo e l’assorbimento del 7 ° motivo;
udito l’Avvocato GUIDO CHIODETTI per delega verbale
Avvocato SALVATORE TRIFIR0′;
udito l’Avvocato ANGELO VERGA.

udienza del 14/06/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE

RG 4498 /2015

Fatti di causa
1.

Con la sentenza del 24.5.2011 la Corte di appello di Milano

confermava la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio che aveva
dichiarato la responsabilità delle Poste Italiane spa in ordine
all’infortunio occorso a La Commare Gaspare con condanna al

morale) detratto quanto corrisposto dall’INAIL.
2.

A fondamento della propria decisione la Corte territoriale

ricordava che risultava violato l’art. 8.1. del DPR n. 547/55
riguardante la sicurezza dei pavimenti degli ambienti di lavoro e che
andava escluso il concorso di colpa del danneggiato . All’esito della
CTU il danno permanente era stato determinato nel 4% che, tenuto
conto delle menomazioni preesistenti, era stato collocato nella fascia
tra il 35 ed il 39% : posto che potevano essere ravvisati gli estremi
del reato era stato riconosciuto il danno morale nella misura della
metà di quello biologico permanente. Ora, in ordine all’appello delle
Poste, l’istruttoria aveva dimostrato la pericolosità del cavo collocato
al suolo in modo precario che aveva provocato altri incidenti il che
escludeva una colpa dell’infortunato: operava quindi il principio del
danno differenziale per cui spettavo le somme non già risarcite
dall’INAIL potendosi ravvisare gli estremi del reato. Il consulente
aveva apportato chiarimenti sulla determinazione del danno ( il
criterio adottato era quello della determinazione della differenza, per
calcolare i 4 punti dell’infortunio, tra i valori indicati nelle tabelle in
corso — comprensive del danno morale-, in corrispondenza delle due
percentuali originaria e sopravvenuta, criterio da ritenersi accettabile)
: per cui- anche alla luce dei conteggi delle parti- spettavano euro
39.903,00 non inferiore a quello determinato in prime cure, cui
doveva aggiungersi quanto spettante per inabilità temporanea.
3.

Per la cassazione propongono ricorso le Poste italiane spa con

sei motivi; resiste controparte con controricorso.
i

risarcimento del danno biologico ( per inabilità temporanea e danno

RG 4498 /2015

Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo si allega la violazione e falsa applicazione
degli artt. 99 e 100 cod. civ. proc., dell’art. 13 D. Lgs. n. 38/2000,
degli artt. 10, 11 e 66 D.P.R. n. 1124/1965. Dopo la novella del 2000
l’INAIL doveva liquidare anche il danno biologico con conseguente

motivo si allega l’omessa ed insufficiente motivazione della sentenza
impugnata circa il medesimo profilo.
I due motivi vanno trattati congiuntamente e sono infondati in
quanto la sentenza impugnata è conforme alla giurisprudenza di
questa Corte che anche recentemente ha riaffermato che “le somme
eventualmente versate dall’Inail a titolo di indennizzo ex art. 13 del
d.lgs. n. 38 del 2000 non possono considerarsi integralmente
satisfattive del diritto al risarcimento del danno biologico in capo al
soggetto infortunato o ammalato, sicché, a fronte di una domanda del
lavoratore che chieda al datore di lavoro il risarcimento dei danni
connessi all’espletamento dell’attività lavorativa (nella specie, per
demansionamento), il giudice adito, una volta accertato
l’inadempimento, dovrà verificare se, in relazione all’evento lesivo,
ricorrano le condizioni soggettive ed oggettive per la tutela
obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali
stabilite dal d.P.R. n. 1124 del 1965, ed in tal caso, potrà procedere,
anche di ufficio, alla verifica dell’applicabilità dell’art. 10 del decreto
citato, ossia all’individuazione dei danni richiesti che non siano
riconducibili alla copertura assicurativa (cd. “danni complementari”),
da risarcire secondo le comuni regole della responsabilità civile; ove
siano dedotte in fatto dal lavoratore anche circostanze integranti gli
estremi di un reato perseguibile di ufficio, potrà pervenire alla
determinazione dell’eventuale danno differenziale, valutando il
complessivo valore monetario del danno civilistico secondo i criteri
2

copertura dell’entità complessiva del danno ex art. 13. Con il secondo

RG 4498 /2015

comuni, con le indispensabili personalizzazioni, dal quale detrarre
quanto indennizzabile dall’Inail, in base ai parametri legali, in
relazione alle medesime componenti del danno, distinguendo, altresì,
tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale, ed a tale ultimo
accertamento procederà pure dove non sia specificata la superiorità

non abbia in concreto provveduto all’indennizzo stesso ” ( Cass. n.
9166/2017). Nel caso in esame sussiste anche la violazione dell’art.
8.1. del DPR n. 547/55 riguardante la sicurezza dei pavimenti degli
ambienti di lavoro con conseguente, univoca, responsabilità del
datore di lavoro. Quanto corrisposto dall’INAIL è stato peraltro già
detratto dalla somma spettante.
2.

Con il terzo motivo si allega la violazione e falsa applicazione

dell’art. 8 DPR n. 547/55, e degli artt. 1176, 1218, 2087 e 2697: la
presenza del cavo che era ben visibile era stata segnalata da tempo.
3.

Il motivo è inammissibile perché in realtà diretto ad una ”

rivalutazione del fatto ” già accertato concordemente dai Giudici di
merito, il che appare inammissibile in questa sede. Appare,
comunque, irrilevante che la società avesse segnalato la presenza del
cavo telefonico giacché si doveva impedire ai lavoratori di operare in
presenza di un cavo collocato al suolo in modo precario che aveva già
causato altri incidenti.
4.

Con il quarto motivo si allega l’insufficiente e contraddittoria

motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. La
sentenza impugnata riferiva che erano stati richiesti chiarimenti al
CTU, ma in realtà tali chiarimenti erano stati completamente
disattesi.
5.

Il motivo appare infondato in quanto la sentenza impugnata

riferisce solo i chiarimenti del CTU in ordine alla liquidazione del
danno spettante e li condivide e procede poi a calcolare la somma nel
modo indicato in sentenza, tenuto conto dei conteggi proposti dalle
3

del danno civilistico in confronto all’indennizzo, ed anche se l’Istituto

RG 4498 /2015

parti. Non si vede, dunque, dove stia la contraddizione motivazionale
posto che la stessa parte ricorrente sembra condividere i criteri
generali offerti dal CTU e che la somma è stata calcolata direttamente
dal Giudice di appello.
6.

Con il quinto motivo si allega la violazione degli artt. 194, 195

consulenza e poi ne ha disatteso i risultati.
7.

Il motivo è infondato posto che il CTU è pacificamente un

ausiliario del Giudice che quindi non è obbligato a seguirne le
indicazioni; la Corte di appello in specifico, dopo aver accertato i
criteri generali di liquidazione condividendo quelli segnati dal CTU, ha
liquidato la somma (come era in suo potere fare) alla luce dei
conteggi delle parti.
8.

Con il sesto motivo si allega la violazione e falsa applicazione

degli artt. 152, 153, 154, 101, cod. civ. proc. e degli artt. 24 e 111
Cost. Le note della parte oggi intimata concernente i conteggi erano
state depositate in ritardo e la Corte, invece, aveva utilizzato tali
conteggi.
9.

Il motivo appare infondato posto che la Corte di appello, pur

dichiarando di tenere conto dei conteggi delle parti, ha calcolato
direttamente il dovuto liquidandolo in favore del danneggiato e quindi
facendo propria una certa impostazione dei conteggi che, ove ritenuta
non corretta, andava impugnata in quanto tale mentre nel motivo in
esame si prospetta una mera tardività nel deposito di note sui
conteggi che non può rendere nulla la decisione circa il quantum che
è stata operata direttamente dal Giudice di appello e sotto la sua
responsabilità .
10. Si deve quindi rigettare il proposto ricorso: le spese di liteliquidate come al dispositivo- seguono la soccombenza.
PQM

4

e ss. cod. civ. proc.: la Corte prima ha disposto una integrazione della

RG 4498 /2015

Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 4.00,00 per
compensi, oltre euro 200,00 per esborsi, nonché spese generali al
15% ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma il 14.6.2017

Il Presidente

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