Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30320 del 18/12/2017
Civile Ord. Sez. L Num. 30320 Anno 2017
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: DE FELICE ALFONSINA
ORDINANZA
sul ricorso 25181-2011 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017
1737
TABBO GABRIELLA C.F. TBBGRL65R62B627K, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO RIZZO, che la rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
controricorrente –
Data pubblicazione: 18/12/2017
avverso la
sentenza n.
7107/2010
della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 18/10/2010 R.G.N.
7275/06;
R.G. 25181/2011
RILEVATO
Che con sentenza in data 18/10/2010 la Corte d’Appello di Roma in
parziale riforma della sentenza del locale Tribunale n.15047/2006, ha
Italiane e Gabriella Tabbo dal 1/07/2002 al 30/09/2002 per genericità della
causale giustificativa, e dichiarato la natura ab origine subordinata a tempo
indeterminato del rapporto.
Che la Corte territoriale ha quantificato la sanzione risarcitoria per il danno
arrecato
dall’illegittimità
dell’apposizione
del
termine,
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016.
l’ammontare, rispetto alla sentenza di, primo grado, .~1,11
, 4 rdalla messa in
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aug.
mora della Società (2131~,(Fitenendo il suddetto termine congruo rispetto
al reperimento di un’analoga occupazione da parte della lavoratrice; che da
tale risarcimento non ha sottratto l’aliunde perceptum avendolo ritenuto non
provato da parte della Società.
Che avverso tale sentenza interpone ricorso per cassazione Poste Italiane,
affidando le sue ragioni a otto motivi, cui resiste con tempestivo controricorso,
illustrato da memoria, Gabriella Tabbo.
CONSIDERATO
Che col primo motivo parte ricorrente deduce l’erroneità della sentenza
impugnata nella parte in cui ha ritenuto generica la causale giustificativa del
termine, espressamente riferita alle esigenze produttive derivanti dalle
innovazioni tecnologiche e dai processi di riorganizzazione, comportanti il
riposizionamento delle risorse umane sul territorio, in base agli accordi
sindacali nazionali del settore (art. 1, commi 1 e 2 d.lgs. n. 368/2001).
Che col secondo motivo censura la pronuncia, sotto il profilo del vizio di
motivazione là dove quest’ultima ha negato la contemporanea presenza di più
causali tra loro compatibili, tra le quali quella sostitutiva, siccome idonee a
L
dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso Poste
individuare le specifiche esigenze poste alla base del ricorso al contratto a
termine e a dar prova della reale sussistenza di esse.
Che col terzo e col quarto motivo la ricorrente si duole che la pronuncia
non abbia ritenuto, specifica e provata, la cd. causale sostitutiva adottata in
attuazione degli accordi collettivi nazionali del settore, mentre col quinto
motivo censura la Corte territoriale per cattivo uso dei poteri istruttori d’ufficio,
Che il sesto motivo deduce error in iudicando, per avere, la pronuncia,
ritenuto applicabile, in via analogica l’art. 5 co. 2, 3, e 4 d.lgs. n.368/2001,
norme derogatorie di carattere eccezionale, riammettendo in servizio la
lavoratrice, piuttosto che considerare nulla la sola clausola appositiva del
termine in attuazione dell’art. 1419 cod. civ., che sancisce il principio generale
applicabile ai casi di nullità parziale del contratto.
Che col settimo motivo la parte contesta la violazione da parte della
pronuncia dei principi e delle norme di legge in materia di mora credendi e
corrispettività delle prestazioni, sulla base delle quali il lavoratore, anche in
caso di denegata conferma della nullità del termine finale apposto al contratto,
avrebbe diritto a titolo risarcitorio alle retribuzioni maturate solo dal momento
dell’effettiva ripresa del servizio anziché dalla data della messa in mora. Che,
quanto all’aliunde perceptum, la Corte territoriale avrebbe omesso di accertare
se, e in che misura, il lavoratore avesse svolto ulteriori attività lavorative, in
seguito alla scadenza del termine.
Che nell’ultima censura concernente l’applicazione del cd. Collegato al
lavoro (I. n.183/2010), parte ricorrente sostiene che la Corte d’Appello avrebbe
dovuto condannare la datrice non già all’erogazione delle retribuzioni maturate
medio tempore, bensì a corrispondere alla Tabbo l’indennità omnicomprensiva,
nella misura compresa tra 2,5 e 12 mensilità, prevista dall’art. 32 della legge
ai casi di conversione del rapporto di lavoro, in quanto regola speciale
espressamente estesa a tutti i giudizi in corso (art. 32 co.7).
Che
i primi due motivi, da considerare congiuntamente per
connessione, sono fondati; che questa Corte, ha chiarito (Cass. n. 27052
del 2011, Cass.n. 1577 e n. 1576 del 2010) che il quadro normativo che
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al fine di acquisire le prove necessarie a verificarne la concreta sussistenza.
emerge, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 368/2001, è
caratterizzato dall’abbandono del sistema rigido previsto dalla I. n.
230/1962 – che prevedeva la tipizzazione delle fattispecie legittimanti il
ricorso al contratto a tempo determinato – e dall’introduzione di un
sistema articolato per clausole generali in cui l’apposizione del termine è
consentita a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo,
specificazione della causale nell’atto scritto, costituisce una perimetrazione
della facoltà riconosciuta al datore di far ricorso al contratto di lavoro a
tempo determinato per soddisfare una vasta gamma di esigenze aziendali
(di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o aziendale), a prescindere
da fattispecie predeterminate; che il venir meno del sistema delle
fattispecie legittimanti impone che il concetto di specificità sia collegato a
situazioni aziendali non più standardizzate ma obiettive, con riferimento
alle realtà specifiche in cui il contratto viene ad essere applicato; il
concetto di specificità risente, dunque, di un certo grado di elasticità che,
in sede di controllo giudiziale, deve essere valutato dal giudice secondo
criteri di congruità e ragionevolezza.
Che è stato in particolare precisato (Cass. n. 27052 del 2011) che il
contratto a termine, se in una situazione aziendale elementare è
configurabile come strumento idoneo a consentire la sostituzione di un
singolo lavoratore addetto a specifica e ben determinata mansione, allo
stesso modo in una situazione aziendale complessa è configurabile come
strumento d’inserimento del lavoratore assunto in un processo in cui la
sostituzione sia riferita non a una singola persona, ma ad una funzione
produttiva specifica che sia occasionalmente scoperta; in quest’ultimo
caso, il requisito della specificità può ritenersi soddisfatto non tanto con
l’indicazione nominativa del lavoratore o dei lavoratori sostituiti, quanto
con la verifica della corrispondenza quantitativa tra il numero dei
lavoratori assunti con contratto a termine per lo svolgimento di una data
funzione aziendale e scoperture che per quella stessa funzione si sono
realizzate per il periodo dell’assunzione.
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organizzativo o sostitutivo; si è, infatti, affermato che l’onere di
Che l’apposizione del termine per ragioni sostitutive è, dunque,
legittima se l’enunciazione dell’esigenza di sostituire lavoratori assenti – da
sola insufficiente ad assolvere l’onere di specificazione delle ragioni stesse è integrata dall’indicazione di elementi ulteriori (l’ambito territoriale di
riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori
da sostituire), che consentano di determinare il numero dei lavoratori da
ogni caso la verificabilità circa la sussistenza effettiva del presupposto di
legittimità prospettato (v. fra le altre, Cass. n. 1246 del 2016 ed, in
motivazione, Cass. n.565 del 2012, Cass. n.8966 del 2012, Cass. n.9602
del 2011).
Che la decisione impugnata non si conforma alle indicazioni del giudice
di legittimità, in quanto, ritenendo generica l’indicazione delle (plurime)
ragioni poste a fondamento dell’assunzione de qua e, di conseguenza,
generico il rapporto di derivazione causale dell’assunzione a termine, ha
nella sostanza omesso di fare conseguente applicazione delle regole
introdotte da questa Corte.
Che erroneamente la Corte d’Appello ha compiuto la verifica del
requisito della specificità sulla base del mero esame esteriore del contratto,
reputando necessaria ai fini delle ragioni sottese all’apposizione del
termine, l’indicazione del nominativo del lavoratore sostituito, mentre
avrebbe dovuto riscontrare se, la contestata assunzione, risultava conforme
a quel criterio di elasticità che la nuova formulazione della norma di legge
impone e che, come già detto, consente di ritenere assolta l’esigenza di
specificità mediante l’indicazione degli ulteriori elementi ricavabili dal
contesto aziendale (vedi,
ex plurimis,
Cass. n.182/2016 riferita alla
situazione di carenza temporanea di personale verificatasi presso il Polo
Lazio, Cass. n.3928/2015 riferita al Polo Lombardia).
Che
i primi due motivi di ricorso vanno pertanto accolti, con
conseguente assorbimento di quelli ulteriori, successivi in ordine logico.
Che l’impugnata sentenza va, pertanto, cassata, in relazione ai motivi
accolti, con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, la
4
sostituire, ancorché non identificati nominativamente, ferma restando in
quale provvederà attenendosi ai principi sopra ribaditi, statuendo anche
sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la
Appello Roma, in diversa composizione, anche per le spese del presente
giudizio.
Così deciso nell’Adunanza Camerale del 21/04/2017
sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di