Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30314 del 22/11/2018

Cassazione civile sez. III, 22/11/2018, (ud. 13/04/2018, dep. 22/11/2018), n.30314

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 17869/2016 proposto da:

V.L.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

MAZZINI 4, presso lo studio dell’avvocato ALDO PINTO, rappresentato

e difeso dall’avvocato ANTONIO GUIDA giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE ASL N (OMISSIS) BASSO MOLISE TERMOLI,

GESTIONE LIQUIDATORIA in persona del suo Commissario Liquidatore e

legale rappresentante pro tempore Ing. S.G., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA G.B. MORGAGNI 2/A, presso lo studio

dell’avvocato UMBERTO SEGARELLI, rappresentata e difesa

dall’avvocato LUIGI ZINGARELLI giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

e contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE ASL N. (OMISSIS) CENTRO MOLISE CAMPOBASSO

GESTIONE LIQUIDATORIA, ASSICURATORI DEI LLOYD’S RAPPRESENTANZA

GENERALE ITALIA, AZIENDA SANITARIA LOCALE N (OMISSIS) BASSO MOLISE

TERMOLI GESTIONE LIQUIDATORIA, AZIENDA SANITARIA LOCALE MOLISE

ASREM;

– intimati –

avverso la sentenza n. 118/2016 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 24/05/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13/04/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA.

Fatto

RILEVATO

che:

Nel 2005, V.L.S. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Campobasso, le ASL di Larino e di Campobasso, chiedendo il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti in conseguenza dell’omessa diagnosi e cura di un ictus ischemico cerebrale, in occasione del ricovero prima, in data (OMISSIS), presso l’Ospedale di (OMISSIS) e poi, in data (OMISSIS), presso quello di (OMISSIS).

Si costituì in giudizio l’ASL n. (OMISSIS) “Centro Molise”, chiedendo il rigetto della domanda e, comunque, chiamando in giudizio la compagnia di assicurazioni Lloyd’s, da cui essere garantita in caso di accertamento della responsabilità. Si costituirono poi, chiedendo il rigetto della domanda, la ASL n. (OMISSIS) “Basso Molise” e la compagnia Assicuratori dei Lloyd’s – Rappresentanza Generale per l’Italia, quest’ultima spiegando intervento volontario anche per la ASL n. (OMISSIS).

Il Tribunale di Campobasso, con la sentenza n. 508/2011, accolse la domanda nei confronti della ASL n. (OMISSIS) “Basso Molise” e della compagnia assicuratrice, determinando la responsabilità a carico delle stesse nella percentuale del 20% e limitando il risarcimento al solo danno non patrimoniale. Respinse invece la domanda nei confronti della ASL n. (OMISSIS) “Centro Molise”.

2. La decisione è stata confermata dalla Corte d’Appello di Campobasso, con la sentenza n. 118 del 24 maggio 2016 e notificata il 25 giugno 2016.

La Corte d’appello ha preliminarmente rilevato il passaggio in giudicato della statuizione di primo grado nella parte in cui aveva accertato l’omessa diagnosi sia da parte dei sanitari dell’Ospedale di (OMISSIS), che da parte di quelli dell’Ospedale di (OMISSIS).

La Corte ha poi osservato che il CTU, nell’indicare la terapia da eseguire nei casi di ischemia cerebrale, aveva precisato che la stessa terapia deve essere effettuata nel prime tre ore, poichè diversamente, la sua efficacia nel ridurre le possibili sequele invalidanti diventa ininfluente.

Il Tribunale, quindi, recependo le valutazioni del CTU, aveva escluso l’incidenza causale nella produzione dell’aggravamento dell’invalidità dell’errore diagnostico commesso nell’ospedale di (OMISSIS), sulla base del dato decisivo che il paziente era giunto in quel nosocomio dopo i due pregressi giorni di ricovero in quello di (OMISSIS), allorchè si era ormai esaurita la fase acuta della patologia e se ne erano stabilizzati i postumi.

Secondo la Corte, tale dato decisivo non era stato contestato in alcun modo dal danneggiato, il quale si era invece limitato a contestare la somministrazione, da parte dei sanitari di (OMISSIS), del farmaco Clexane (senza peraltro allegare quale sarebbe stato il corretto dosaggio di tale farmaco e la corretta durata della sua somministrazione e quali quelli in concreto attuati, onde consentire al giudicante di vagliare l’eventuale erroneità dell’operato dei medici) e la mancata adozione dell’accorgimento della mobilizzazione precoce del paziente (che invece era stata praticata).

Quanto alla determinazione della percentuale di responsabilità della ASL n. (OMISSIS), la Corte ha disatteso le critiche mosse alla sentenza di primo grado sotto il profilo motivazionale, evidenziando che il Tribunale aveva aderito sul punto alla valutazione effettuata dal CTU, secondo il quale un idoneo trattamento farmacologico riabilitativo attuato tempestivamente avrebbe consentito, nella generalità dei casi analoghi, di contenere i postumi invalidanti in misura apprezzabilmente inferiore, con un aggravamento direttamente correlato all’errore diagnostico stimabile, sulla base di un criterio probabilistico, nella misura del 20%. La Corte ha poi osservato che il Vassalli, nel censurare la parte della CTU relativa alla quantificazione della quota di responsabilità si contraddiceva e non sviluppava alcuna convincente argomentazione medico-legale, tale da accreditare la richiesta di porre a carico della struttura sanitaria il risarcimento integrale dell’invalidità subita dal V..

Con riferimento al danno patrimoniale, la Corte d’appello ha condiviso la decisione di rigetto assunta dal primo giudice, evidenziando che l’incapacità a continuare a svolgere l’attività lavorativa di falegname, o altre similari, si sarebbe comunque prodotta anche se la diagnosi e la terapia corretta fossero intervenute tempestivamente, tenuto conto della rilevante incidenza dei postumi direttamente riconducibili alla patologia ischemica (in misura pari al 45%).

La Corte di Campobasso ha poi ritenuto infondata la doglianza relativa all’omesso riconoscimento della rivalutazione monetaria, tenuto conto che il primo giudice aveva calcolato l’importo risarcitorio applicando le tabelle del Tribunale di Milano del 2011 e quindi determinando il quantum nel valore attuale alla data della sentenza.

Infine, quanto agli interessi, secondo la Corte era corretto il criterio utilizzato dal Tribunale, che ne aveva individuato il tasso, per il periodo compreso tra la data del fatto e la data della decisione, nella media dell’interesse legale nel medesimo periodo, stabilendo invece che per il periodo successivo, fino al soddisfo, spettassero al creditore gli interessi legali “sulla sorte determinata in valore attuale”.

La Corte ha quindi condannato il V. al rimborso delle spese processuali a favore di ciascuna delle parti appellate (tranne che dell’Azienda Sanitaria Regionale del Molise, nei cui confronti l’atto introduttivo dell’appello era stata notificato solo “in quanto occorra”).

3. Avverso tale sentenza propone ricorso in Cassazione V.L.S., sulla base di quattro motivi.

3.1. Resiste con controricorso la Gestione Liquidatoria della ASL n. (OMISSIS) Basso Molise Termoli. Non hanno svolto difese gli intimati Assicuratori dei Lloyd’s – Rappresentanza Generale per l’Italia, ASL n. (OMISSIS) Centro Molise Campobasso e Azienda Sanitaria Regionale del Molise (quest’ultima destinataria della notifica del ricorso solo al fine di garantire l’integrità del contraddittorio nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di appello).

Diritto

CONSIDERATO

che:

4.1. Con il primo motivo di ricorso, si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la “violazione degli artt. 1218,1223 e 2697 c.c., artt. 1176,1372 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c.”.

La Corte d’appello si sarebbe limitata a recepire e trascrivere la sentenza di prime cure e la CTU, senza nemmeno correggere l’affermazione contenuta nella decisione del Tribunale secondo cui, nella specie, si tratterebbe di responsabilità extracontrattuale.

Di conseguenza, la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto incombere sul V. l’onere di dimostrare la responsabilità dei sanitari dell’ospedale di (OMISSIS) (e quindi della ASL n. (OMISSIS)) e la sussistenza di un danno biologico superiore alla percentuale del 20%.

Secondo le regole di riparto dell’onere della prova nell’ambito della responsabilità contrattuale, invece, all’attore competeva solo di provare il contratto relativo alla prestazione sanitaria del danno subito e di allegare che le strutture sanitarie erano state inadempienti avendo commesso errori di diagnosi di terapia. Competeva invece ai convenuti fornire la prova che tale inadempimento non vi era stato, poichè la diagnosi era stata corretta e la terapia appropriata, ovvero che, pur esistendo l’inadempimento, esso non era stato eziologicamente rilevante nell’azione risarcitoria proposta o non lo era stato in misura maggiore del 20%.

Di conseguenza, essendo mancata una valida prova liberatoria da parte della ASL n. (OMISSIS), la stessa avrebbe dovuto essere condannata solidalmente all’ASL n. (OMISSIS) al risarcimento del danno.

In ogni caso, il danno patito dal V. avrebbe dovuto essere posto quantomeno a carico della ASL n. (OMISSIS) per intero.

Del resto, la giurisprudenza di legittimità avrebbe affermato che, laddove si prospetti la possibile incidenza di un fattore naturale sulla produzione dell’evento pregiudizievole, in mancanza di prova che il fattore naturale era in grado di escludere del tutto il nesso di causa, si deve ritenere che il danneggiante non abbia fornito la prova della causa a lui non imputabile, con conseguente riconducibilità del danno interamente alla condotta colpevole umana.

Nella specie, essendo acclarato che a produrre la tetraparesi del lato destro del corpo avevano concorso cause naturali ed errore umano, incombeva sulla struttura sanitaria l’onere di provare che se anche la diagnosi e la terapia fossero state corrette, l’evento si sarebbe comunque prodotto in quanto addebitabile unicamente e interamente a cause naturali.

4.2. Con il secondo motivo di ricorso, il V. si duole, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della “violazione degli artt. 1218,1223 e 2697 c.c., artt. 1176,1372 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c.” nella parte della sentenza che ha rigettato il motivo di appello relativo al danno patrimoniale.

Tale parte della sentenza, che andrebbe riesaminata in caso di accoglimento del primo motivo e di conseguente rideterminazione della responsabilità in misura superiore al 20%, sarebbe comunque illegittima in quanto violerebbe i principi che regolano la materia del risarcimento del danno patrimoniale.

Infatti la Corte d’appello non avrebbe effettuato alcun esame delle numerose prove fornite dal ricorrente in ordine all’impossibilità di continuare a svolgere la propria attività di falegname, ritenendo che tale disamina fosse superata sulla base del rilievo che comunque il V. non avrebbe potuto continuare a svolgere tale attività anche se la diagnosi e la terapia corretta fossero intervenute tempestivamente.

Tale affermazione sarebbe oltremodo penalizzante per la vittima, poichè comporterebbe automaticamente l’esclusione del danno patrimoniale nel caso in cui la quota di responsabilità attribuita alla condotta umana sia inferiore a quella dovuta ad altre cause.

Al contrario, una volta accertata l’esistenza del danno patrimoniale sulla base delle prove fornite dall’attore, esso andrebbe liquidato come quello non patrimoniale, nella stessa percentuale di colpa attribuita al responsabile.

4.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la “violazione degli artt. 1218,1223 e 1224 c.c..

La sentenza sarebbe erronea nella parte in cui ha attribuito gli interessi legali successivi alla sentenza di primo grado solo sulla sorte capitale e non sulla sorte capitale maggiorata degli interessi legali.

Sarebbe infatti principio consolidato quello secondo cui, con la sentenza definitiva, si determina la conversione del debito di valore in debito di valuta con il riconoscimento da tale data degli interessi legali sulla somma complessiva dovuta alla data della sentenza, costituita da capitale, rivalutazione ed interessi.

4.4. Con il quarto motivo, si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la “violazione del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 4, commi 2 e 4”, nella parte della sentenza in cui è stata disposta la condanna del ricorrente alle spese, per lo stesso importo, in favore sia della compagnia assicuratrice sia dell’ASL n. (OMISSIS), nonostante tali parti fossero state difese dal medesimo professionista, il quale aveva redatto atti identici.

In base al comma 2 della norma richiamata, poichè entrambe le parti avevano la medesima posizione processuale, la Corte d’appello avrebbe dovuto liquidare per le stesse un unico onorario maggiorato del 20%. In subordine, doveva essere applicato il quarto comma del medesimo articolo.

5. La Corte rinvia la causa all’Udienza Pubblica in quanto sono state sollevate questioni di massima importanza in particolare in tema di danno differenziale.

P.Q.M.

La Corte rinvia la causa alla Pubblica Udienza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione, il 25 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2018

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