Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30310 del 21/11/2019

Cassazione civile sez. III, 21/11/2019, (ud. 06/05/2019, dep. 21/11/2019), n.30310

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11515-2018 proposto da:

R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARTOLOMEI

23, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO CARUSO, rappresentato e

difeso dall’avvocato ENRICO IVELLA;

– ricorrente –

contro

L.F.P., L.R., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE G. MAZZINI, 113, presso lo studio

dell’avvocato MASSIMO ODDO, che li rappresenta e difende;

GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA in persona del suo Procuratore Speciale

Dott. C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE

FORNACI 38, presso lo studio dell’avvocato FABIO ALBERICI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 6213/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/05/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Ri.An. e R.A., con atto di citazione del 4/1/2010, convennero in giudizio davanti al Tribunale di Roma L.R. e L.F. unitamente alla Nuova Tirrena Assicurazioni S.p.A. (ora Groupama Assicurazioni S.p.A.), per sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti a seguito di un incidente stradale, verificatosi in (OMISSIS), quando R.A., alla guida di un motociclo di proprietà di Ri.An., venne a collidere con un’autovettura Kia di proprietà di L.R., condotta da L.F.P. e assicurata da Nuova Tirrena S.p.A. la quale, nella prospettazione degli attori, avrebbe impegnato l’incrocio senza dare la precedenza. Chiesero di ottenere, in favore di Ri.An., una somma occorrente per il risarcimento del danno materiale ed in favore di R.A. il risarcimento del danno fisico e morale, nonchè il danno da perdita della capacità lavorativa specifica al 100%. Si costituirono in giudizio L.R. e L.F.P., resistendo alla domanda e chiedendo, in via riconvenzionale, la condanna degli attori per lite temeraria, stante la pendenza di identico giudizio da essi azionato davanti al Giudice di Pace di Castelnuovo di Porto.

Si costituì anche la compagnia Groupama Assicurazioni S.p.A., eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva in relazione alla domanda risarcitoria di Ri.An. e sostenendo di aver già integralmente risarcito i danni patiti da R.A. mediante il pagamento della somma di Euro 33.850, ritenuta congrua in relazione all’efficienza causale della condotta di guida di R.A. nella produzione del sinistro.

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 16159/2011, rigettò la domanda di R.A., ritenendo che la responsabilità del sinistro fosse al medesimo integralmente imputabile, invocando la sentenza del Giudice di Pace di Castelnuovo di Porto del 21/5/2010 che, pur appellata, aveva per l’appunto accertato la sua responsabilità esclusiva e, in accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata dai convenuti L., condannò Ri.An. e R.A. a pagare in solido, nei confronti dei L., le spese di lite ed una somma di Euro 17.000 a titolo di responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3. Con riguardo al rapporto processuale con la Groupama Assicurazioni S.p.A. il Giudice rigettò la domanda di Ri.An. per difetto di legittimazione passiva della compagnia in ordine al danno materiale e dichiarò congrua la somma di Euro 33.850 versata pro-tempore ad R.A., senza specificare a quale tipo di danno si riferisse detta somma e senza motivare, peraltro sulla compatibilità di tale liquidazione con la principale statuizione di rigetto della domanda di R.A. per l’accertata sua responsabilità esclusiva nella produzione del sinistro.

Ri.An. ed R.A. impugnarono la sentenza di primo grado chiedendone l’integrale riforma e l’accoglimento di tutte le domande risarcitorie svolte in primo grado. Si costituirono in giudizio i L. e la Groupama Assicurazioni S.p.A. chiedendo il rigetto dell’appello. La Corte d’Appello di Roma, rivalutate le prove testimoniali acquisite nel giudizio di primo grado ed il Rapporto della Polizia Municipale, dispose una CTU medico-legale per accertare l’entità dei danni subiti da R.A. ed ottenere elementi utili per la loro quantificazione. All’esito dell’istruttoria, con sentenza n. 6213 del 4/10/2017, per quanto ancora rileva in questa sede, ha preso atto del passaggio in giudicato della sentenza pronunciata in grado di appello dal Tribunale di Tivoli, che aveva dichiarato la responsabilità concorrente di R.A. e di L.F.P. in misura paritaria, accogliendo il primo motivo d’appello con il quale si censurava la sentenza di primo grado per aver ritenuto la responsabilità esclusiva di R.A. sulla base di una sentenza non ancora passata in giudicato; ha accolto il secondo motivo di appello, ritenendo che sulla base del rapporto della Polizia Municipale e delle dichiarazioni testimoniali la responsabilità del sinistro dovesse essere attribuita ai conducenti dei due veicoli nella misura del 50% ciascuno, ha rigettato la domanda ex art. 96 c.p.c. e quella relativa alle spese ed ha, però, ritenuto, nonostante l’accertata corresponsabilità dei due conducenti nella misura del 50 % ciascuno, di non poter condannare i convenuti ad una somma ulteriore rispetto a quella riconosciuta da Groupama in via stragiudiziale di Euro 33.850, ritenendo che R.A. non avesse impugnato il capo della sentenza di primo grado che, senza specificare a quale danno la somma andasse imputata, aveva riconosciuto congrua quella somma ed aveva dichiarato estinta l’obbligazione risarcitoria di Groupama. A sostegno di tale decisione ha invocato la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale “Qualora la sentenza di primo grado recante condanna al risarcimento del danno sia appellata limitatamente all’affermazione di responsabilità, il giudice di secondo grado non ha il potere di riesaminare anche la quantificazione del danno, stante l’autonomia della pronuncia sull’an debeatur rispetto a quella relativa al quantum debeatur”.

Avverso la sentenza R.A. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi. Resistono con distinti controricorsi la Groupama Assicurazioni S.p.A. e R. e L.F..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 101,112,115,342 c.p.c. violazione del principio del contraddittorio del diritto di difesa e del giusto processo artt. 24 e 111 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 per nullità della sentenza o del procedimento. Ad avviso del ricorrente la Corte d’Appello, interpretando erroneamente l’atto di appello, avrebbe ritenuto che egli avesse prestato acquiescenza al capo di sentenza relativa al quantum senza neppure consentire alle parti di svolgere un regolare contraddittorio sulla questione, dando luogo, in sostanza, ad una sentenza della “terza via” o “a sorpresa”.

2. Con il secondo motivo censura la sentenza “per violazione e falsa applicazione degli artt. 101,112,115,342 c.p.c., del contraddittorio e del giusto processo, degli artt. 24 e 111 Cost., nonchè dei principi dettati dalla Cassazione in materia di interpretazione dell’art. 342 c.p.c. Violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 3 Trattato di Lisbona e dell’art. 6 Cedu in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 nonchè violazione delle stesse norme in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4; omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti con riguardo agli esiti della CTU”.

La sentenza sarebbe illegittima, sempre in relazione al capo che ha dichiarato l’acquiescenza in punto di risarcimento del danno, innanzitutto per aver inteso fare applicazione di una giurisprudenza di questa Corte, relativa alla preclusione dell’esame sul quantum, che afferendo all’ipotesi di impugnazione di una sentenza recante condanna al risarcimento dei danni, non sarebbe affatto pertinente nel caso in esame, in quanto la sentenza di primo grado non era di condanna ma di rigetto integrale della domanda risarcitoria. In ogni caso, dalla lettura dell’atto di appello, il Giudice avrebbe dovuto desumere che il R. non solo non aveva prestato alcuna acquiescenza al confuso capo della sentenza di primo grado relativo al risarcimento del danno ma aveva riformulato tutte le richieste risarcitorie già proposte in primo grado, forte della statuizione di accertata corresponsabilità del L. nella produzione del sinistro, passata in giudicato.

La Corte d’Appello avrebbe, nelle premesse della sentenza, accolto le conclusioni dell’appellante anche in punto di risarcimento del danno, tanto da dare diffusamente conto degli esiti della disposta CTU, salvo poi contraddirsi palesemente nel proporre una lettura del tutto formalistica dell’art. 342 c.p.c., del tutto inadeguata alla versione antecedente la novella della L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis, ed alla giurisprudenza su di esso formatasi.

3. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono fondati per quanto di ragione. Innanzitutto va condiviso l’assunto del ricorrente circa la non pertinenza, nel caso in esame, della giurisprudenza di questa Corte che, a seguito di sentenza di condanna al risarcimento del danno, nel caso di impugnazione sull’an e non sul quantum, preclude al Giudice dell’impugnazione di pronunciarsi sul quantum. Detta giurisprudenza non è pertinente ed è illegittimamente invocata dal giudice del gravame perchè nel caso in esame non si era di fronte ad una pronuncia di condanna al risarcimento del danno, impugnata solo limitatamente all’an ma ad una pronuncia di rigetto della domanda. Esclusa pertanto la rilevanza del suddetto indirizzo giurisprudenziale, occorre rilevare che, nell’individuare il perimetro di quanto devoluto dagli appellanti, la sentenza appare effettivamente intrinsecamente contraddittoria, non sorretta da una motivazione plausibile, e del tutto contrastante con l’art. 342 c.p.c. nella versione applicabile ratione temporis e con i principi consolidati da questa Corte in ordine all’interpretazione della norma.

Dapprima infatti la Corte d’Appello di Roma ha enunciato le seguenti affermazioni: ” Ri.An. e R.A. hanno, quindi, proposto appello con il quale hanno chiesto, in riforma dell’impugnata sentenza, di accogliere le domande risarcitorie svolte in primo grado o, in subordine, di provvedere ad un nuovo regolamento delle spese processuali” (p.3 p. 2); “In particolare R.A. e Ri.An. nella conclusionale, nel reiterare le richieste formulate nell’atto di appello, hanno chiesto di dichiarare la corresponsabilità delle parti nella causazione dell’incidente, come da sentenza passata in giudicato emessa dal Tribunale di Tivoli e, per l’effetto, condannare gli appellati a risarcire tutti i danni subiti e subendi da R.A., da quantificare in Euro 1777.467,83, o nella diversa somma ritenuta di giustizia, al netto dell’acconto ricevuto da Groupama Assicurazioni S.p.A., oltre rivalutazione monetaria ed interessi moratori” (p. 3 ult. cpv); ritiene “incontroverso” (p. 7 p.5.2.3.1) che a seguito dell’incidente R.A. abbia riportato una “frattura esposta comminuta e scomposta, con deviazione antero-laterale dei frammenti di frattura, dell’estremità distale tibiale e peroneale di sinistra, con perdita dei normali rapporti articolari tibio-astragalo-pereneali omolaterali da cui sono derivati un periodo di invalidità temporanea calcolato in 150 giorni di inabilità temporanea assoluta, in 30 giorni di parziale al 75%, in 60 giorni di parziale al 50% e in 120 giorni di parziale al 25% e postumi permanenti valutabili complessivamente tenuto conto del baremes edito dalla S.I.M.L.A., in una percenutale del 22 % e in un ulteriore 67 % per il danno fisiognomico”.

Alla luce delle richiamate considerazioni il Giudice ha chiaramente dato conto che il contenuto dell’atto di appello era volto non solo alla riforma sull’an ma anche alla quantificazione del danno, domanda fin dall’origine facente parte del petitum di R.A.; argomentato diffusamente sulla fondatezza dei motivi di appello atti a rappresentare la pari responsabilità dei due conducenti nella produzione del sinistro nella misura del 50% ciascuno; dato conto dell’esito della CTU.

Appare, dunque, del tutto contraddittorio con le enunciate premesse e non conforme alla prescrizione dell’art. 342 c.p.c. nella versione precedente la novella della L. 7 agosto 2012, n. 134 affermare che sia mancata l’impugnazione del capo di sentenza di primo grado che aveva ritenuto congrua la misura di Euro 33.850 corrisposto da Groupama. Il Giudice avrebbe dovuto valutare che nel testo allora vigente dell’art. 342 c.p.c., in base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, la specificità dei motivi consiste nella contrapposizione delle tesi dell’appellante alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata volte ad incrinarne il fondamento logico giuridico delle prime, come nel caso in cui lo svolgimento dei motivi sia compiuto in termini incompatibili con la complessiva argomentazione della sentenza, restando in tal caso superfluo l’esame dei singoli passaggi argomentativi (Cass., 3, n. 12984 del 31/5/2006; Cass., 3, n. 9244 del 18/4/2007; Cass., U25/11/2008 n. 28057 e 9/11/2011n. 23299). Il Giudice, seguendo un orientamento non formalistico ma sostanzialistico, come anche di recente ribadito dalle S.U. di questa Corte con la sentenza n. 27199 del 16/11/2017, avrebbe dovuto provvedere anche sulla domanda risarcitoria formulata dall’appellante, logicamente connessa e del tutto conseguenziale all’accoglimento dell’appello.

3. Conclusivamente la sentenza deve essere, in parte qua, cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, perchè si pronunci in conformità ai suddetti principi ed anche provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa l’impugnata sentenza in relazione, e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, per nuovo esame della domanda risarcitoria ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 6 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2019

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