Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3031 del 10/02/2020

Cassazione civile sez. I, 10/02/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 10/02/2020), n.3031

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15566/2015 proposto da:

Azienda Sanitaria Provinciale Messina, in persona del Direttore

generale pro tempore, domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione e rappresentata e

difesa dall’avvocato Artuto Merlo in forza di procura speciale su

foglio allegato al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.G., in proprio e nella qualità di legale

rappresentante della Associazione temporanea di imprese R.-

C., elettivamente domiciliato in Roma, Via Ovidio 26, presso lo

studio dell’avvocato Antonia Lucchesi e rappresentato e difeso

dall’avvocato Filippo Tortorici, in forza di procura speciale in

calce al ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 183/2015 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 25/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/12/2019 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione dell’1/7/1998 l’AUSL (OMISSIS) di Messina convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Messina il geom. R.F., titolare dell’omonima impresa, in proprio e quale capogruppo dell’associazione temporanea di imprese (ATI) R.- C. per sentir dichiarare la nullità del contratto di appalto stipulato fra l’Azienda e la predetta ATI in data 10/6/1995, per difetto di accordo fra le parti, o in subordine per ottenerne l’annullamento per errore essenziale.

L’AUSL (OMISSIS) propose altresì opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Messina in accoglimento del ricorso proposto dall’ATI per il pagamento di alcune fatture relative allo stesso appalto, relative al primo e al secondo SAL e al decimo dovuto L. n. 2248 del 1865, ex art. 345 per il complessivo importo di Lire 1.110.540.531.

Riuniti i giudizi ed espletata consulenza tecnica di ufficio, con sentenza del 25/1/2010 il Tribunale di Messina rigettò l’opposizione proposta dall’AUSL (OMISSIS), confermando il decreto ingiuntivo opposto e rigettò sia la domanda di declaratoria della nullità sia quella di annullamento, condannando l’Azienda alla rifusione delle spese processuali.

2. Avverso la predetta sentenza propose appello l’Azienda Sanitaria Provinciale di Messina, a cui resistette l’appellato C.G., mentre R.C. non si costituì in giudizio.

La Corte di appello di Messina con sentenza del 25/3/2015 respinse il gravame, condannando l’appellante alla rifusione delle spese del grado.

3. Avverso la predetta sentenza del 25/3/2015, notificata l’8/4/2015 con atto notificato l’8/6/2015 ha proposto ricorso per cassazione la ASP Messina, svolgendo due motivi.

Con atto notificato il 4/7/2015 ha proposto controricorso C.G., chiedendo il rigetto dell’avversaria impugnazione.

Il controricorrente ha depositato memoria illustrativa del 2/12/2019.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ASP ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione alla L.R. Siciliana n. 21 del 1985, art. 33 in connessione con la L.R. Siciliana 12 gennaio 1993, n. 10, art. 79, comma 1, nonchè del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3 (nel testo in vigore tra il 29/8/1994 e il 18/11/1996).

1.1. La ricorrente premette che il Consulente tecnico aveva accertato che il progetto allegato al contratto di gara coincideva per l’importo complessivo con quello munito delle autorizzazioni di legge, ma presentava forti scostamenti degli importi parziali in numerose voci di prezzo, imputabili a variazioni quantitative o di prezzo unitario; che si era pertanto registrata l’eliminazione totale di alcune voci e la riduzione di alcune quantità, in ragione della maggiorazione dei prezzi unitari.

Il C.t.u., il Tribunale e la Corte di appello si erano limitati a considerare la L.R. Siciliana n. 21 del 1985, art. 33 cit., primi due commi che autorizzava gli enti all’aggiornamento dei prezzi dei progetti, senza necessità di pareri e approvazioni, senza però tener conto del fatto che la norma prevedeva altresì l’attivazione di atti di adeguamento del finanziamento, proprio per far fronte all’aggiornamento dei prezzi, la redazione da parte del direttore dei lavori di una perizia di variante, volta a prevedere le opere di spesa eseguibili entro i limiti di spesa inizialmente previsti, e l’attestazione con la perizia della realizzazione di un lotto funzionale.

Tale perizia, se pur non era soggetta a pareri e controlli, abbisognava comunque del recepimento da parte dell’Amministrazione competente e quindi di un atto del Direttore generale o di chi ne esercitava le funzioni ai sensi del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 3, comma 6, (nel testo in vigore tra il 29/8/1994 e il 18/11/1996).

Nonostante non risultasse alcuna traccia degli elementi previsti dall’art. 33 citato, comma 3 la Corte di appello aveva respinto il gravame, quando sarebbe stato invece necessario accertare l’esistenza non solo della componente progettuale dell’aggiornamento prezzi, ma anche degli elementi di cui ai commi successivi, terzo e quarto, ossia l’attivazione di atti di adeguamento del finanziamento, la redazione di una perizia di variante e la verifica della possibilità di realizzazione di un lotto funzionale.

1.2. Giova premettere che la L.R. siciliana 29 aprile 1985, n. 21, art. 33 in tema di “aggiornamento prezzi” prevedeva che gli enti di cui all’art. 1 della stessa legge (fra cui, per norma di interpretazione autentica introdotta dalla L.R. 12 gennaio 1993, n. 10, art. 19 erano da ritenersi comprese anche le unità sanitarie locali) fossero autorizzati ad aggiornare i prezzi dei progetti delle opere pubbliche oggetto di appalto senza necessità di sottoporre gli stessi a pareri o ad approvazioni, sulla base del prezziario regionale vigente.

A parte la snella procedura deformalizzata di aggiornamento dei prezzi del progetto, i commi successivi del cit. articolo prevedevano tuttavia una serie di adempimenti ulteriori, ovviamente gravanti sull’Amministrazione appaltante: la predisposizione di atti di adeguamento del finanziamento conseguente all’aggiornamento dei prezzi, la redazione di una perizia di variante da parte del direttore dei lavori volta ad individuare le opere eseguibili entro i limiti di spesa inizialmente previsti, l’attestazione nella stessa perizia restando la realizzazione di un lotto funzionale per tutte quelle opere che lo consentono.

La predetta perizia di variante così redatta non era però soggetta ad alcun parere o controllo e la esecuzione dei lavori in essa previsti era immediatamente consentita.

L’aggiudicazione delle opere eseguibili ai sensi del comma 3 comportava l’affidamento all’aggiudicatario, alle stesse condizioni, anche dei lavori occorrenti per il completamento di quanto previsto in progetto.

In buona sostanza, la disciplina illustrata prevedeva uno stralcio di un complesso di opere funzionalmente collegate nell’ambito di un progetto originario, la cui realizzazione aveva formato oggetto di gara di appalto, in modo da potersi procedere immediatamente alla loro realizzazione sulla base dei prezzi revisionati: è evidente che l’aumento dei prezzi unitari conseguente all’aggiornamento, proprio perchè restava fermo l’importo complessivo, determinava inevitabilmente variazioni quantitative e di prezzo, proprio come riscontrato dal Consulente tecnico e riferito dalla stessa ricorrente.

Si renderà poi necessario rifinanziare l’opera e dar corso all’esecuzione delle parti che erano state stralciate per rimanere, con un’esecuzione parziale, nell’ambito del corrispettivo complessivo pur con i prezzi unitari rivisti in aumento.

1.3. Ciò di cui si duole l’Azienda ricorrente è che il progetto aggiornato allegato al contratto di appalto presentava, rispetto a quello allegato al bando di gara, scostamenti imputabili a variazioni quantitative o di prezzo unitario, e quantità non più presenti.

Il che era inevitabile se si voleva eseguire a prezzi aumentati uno stesso intervento pubblico, fermo temporaneamente il complessivo importo di spesa: questo era proprio il meccanismo disciplinato dalla legge regionale.

L’Azienda ricorrente recrimina però sul fatto che tale aggiornamento era stato eseguito solo dai progettisti ma non era stato fatto proprio dall’Amministrazione con la redazione di una apposita di perizia di variante, idonea anche ad enucleare un plesso di opere funzionalmente collegate e pertanto suscettibili di stralcio.

1.5. Si tratta tuttavia di irregolarità od omissioni imputabili proprio alla stessa Amministrazione che se ne duole e che ciononostante ha stipulato il contratto di appalto non preceduto dalla perizia di variante e dall’attestazione di funzionalità del lotto stralciato: l’Amministrazione pertanto non può certamente addebitare alla propria controparte le irregolarità della sua azione amministrativa.

Nè, per vero, è agevolmente comprensibile l’argomentazione della ricorrente laddove assume a vizio la mancata manifestazione della volontà dell’organo legittimato a rappresentare l’Azienda, che ha pur sempre, come è incontestato, sottoscritto il contratto di appalto con il progetto revisionato.

1.6. Le circostanze dedotte non sono assolutamente idonee a configurare un vizio comportante nullità del contratto, per mancanza dell’accordo di volontà delle parti, ex art. 1325 c.c., n. 1, visto che vi è stata conforme manifestazione di consenso delle parti su uno stesso oggetto contrattuale.

1.7. Quanto alla pretesa annullabilità per errore, mancano del tutto la deduzione dell’essenzialità e della riconoscibilità dell’errore per il contraente privato, ma, ancor prima, la prospettazione degli elementi fondanti la falsa rappresentazione della realtà in cui sarebbe incorso il rappresentante dell’Ente.

2. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, la ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti.

La controversia era sorta perchè era emerso che all’originale del contratto stipulato con l’ATI R.- C. erano stati allegati documenti progettuali, in particolare un computo metrico riferito a un diverso prezziario, privi di qualsivoglia timbro degli organi competenti dell’Amministrazione appaltante e recanti solo timbri e firme dei progettisti; non era possibile accertare quali documenti fossero stati portati in gara; il C.t.u. aveva presunto l’esistenza già in fase di gara dell’aggiornamento prezzi ma la ASP aveva contestato la sussistenza di tutti gli elementi richiesti dalla L.R. n. 21 del 1985, art. 33.

Secondo la ricorrente, tale rilievo costituiva oggetto di autonomo apprezzamento nell’ambito della censura introdotta con il motivo di appello e ineriva a un accertamento irrinunciabile per vincere la presunzione utilizzata dal C.t.u. e pedissequamente recepita dal Tribunale.

2.2. Il motivo, lungi dall’evidenziare il fatto decisivo dedotto e discusso fra le parti, indicando quando e come fosse stato introdotto nel giudizio, formula riferimento al solo motivo di appello che, per un verso, nella sostanza lamenta la pretesa violazione della L. n. 21 del 1985, art. 33 e per altro deduce una indimostrata (e solamente ventilata) prospettazione in fatto della vicenda, ipotizzando, del tutto contraddittoriamente rispetto al primo motivo, che già nella procedura di gara fossero stati allegati i progetti recanti i prezzi aggiornati e le lamentate modifiche.

3. Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidate nella somma di Euro 9.000,00 per compensi, Euro 200,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2020

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