Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30307 del 18/12/2017


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 30307 Anno 2017
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: ABETE LUIGI

ORDINANZA
sul ricorso n. 24364 – 2014 R.G. proposto da:
ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI della PROVINCIA di CASERTA – c.f.
00101970614 – in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in Roma, al viale Giulio Cesare, n. 78, presso lo studio dell’avvocato
Giancarlo Tortorici che congiuntamente e disgiuntamente all’avvocato Giuseppe
Fiorillo lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso.
RICORRENTE
contro
CONDOMINIO di via Colombo, n. 48, Caserta – c.f. 93002780612 – in persona
dell’amministratore pro tempore,

rappresentato e difeso in virtù di procura

speciale in calce al controricorso dall’avvocato Nicola Franzese ed elettivamente
domiciliato in Roma, alla via San Quintino, n. 25, presso il dott. Giuseppe Rauso.
CONTRORICORRENTE
e
VITIELLO GENNARO
INTIMATO

1

Data pubblicazione: 18/12/2017

e
MIRANDA FRANCESCO e GRAMEGNA LOREDANA
INTIMATI
avverso la sentenza della corte d’appello di Napoli n. 2299/2014,
udita la relazione nella camera di consiglio del 19 settembre 2017 del consigliere

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO
Con atto notificato il 9.12.2004 il condominio di via Colombo, n. 48, Caserta
citava a comparire dinanzi al tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione
distaccata di Caserta, l’ “Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di
Caserta”, Gennaro Vitiello, Francesco Miranda e Loredana Gramegna.
Esponeva che Gennaro Vitiello, conduttore di una porzione immobiliare di
proprietà dell’ “I.A.C.P.”, aveva intrapreso l’esecuzione di opere di
ristrutturazione del solaio di copertura del fabbricato, onde accorparlo ai locali
della pizzeria di sua spettanza posta al civico n. 58 del confinante fabbricato.
Chiedeva accertarsi la proprietà comune del solaio di copertura dell’edificio e
la sua illecita utilizzazione con condanna dei convenuti al ripristino dello status
quo ante.
Si costituiva l’ “I.A.C.P.”.
Deduceva che il solaio di copertura era di sua esclusiva proprietà.
Instava per il rigetto dell’avversa domanda.
Si costituiva Gennaro Vitiello.
Instava del pari – tra l’altro – per il rigetto dell’avversa domanda.
Non si costituivano e venivano dichiarati contumaci Francesco Miranda e
Loredana Gramegna.

dott. Luigi Abete,

Con sentenza n. 170/2009 il tribunale adito accoglieva la domanda del
condominio e per l’effetto dichiarava di proprietà condominiale l’area controversa
e condannava i convenuti al ripristino dello status quo ante.
Interponeva appello l’ “I.A.C.P.”.
Resisteva il condominio.

Francesco Miranda e Loredana Gramegna venivano dichiarati contumaci.
Con sentenza n. 2299/2014 la corte d’appello di Napoli rigettava il gravame e
condannava l’appellante alle spese.
Evidenziava che il riscontro della situazione dei luoghi non valeva affatto ad
escludere l’applicazione della presunzione di cui all’art. 1117 cod. civ. e “che, non
essendo diversamente previsto nel titolo, il tetto piano di copertura del bene
comune debba ritenersi anche esso condominiale” (così sentenza d’appello, pag.
7).
Evidenziava in particolare che il rapporto di servizio e di utilità andava
“verificato non con riferimento al corpo di fabbrica dove sono situate le unità
abitative del Condominio dell’Edificio (…) ma con riferimento al bene
condominiale costituito dall’area porticata e va ritenuto sussistente per il fatto
che il tetto piano costituisce oltre che la copertura della proprietà esclusiva dello
I.A.C.P. anche la copertura del bene condominiale” (così sentenza d’appello, pag.
7).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’ “I.A.C.P.”; ne ha chiesto sulla
scorta tre motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine
alle spese di lite.

Resisteva Gennaro Vitiello.

Il condominio di via Colombo, n. 48, Caserta ha depositato controricorso; ha
chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle
spese.
Gennaro Vitiello, Francesco Miranda e Loredana Gramegna non hanno svolto
difese.

Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 10 co., n. 3,
cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 cod. civ..
Deduce che la corte di merito non ha considerato che l’accertata comproprietà
della superficie sottostante il porticato dell’edificio non conferisce al condominio
alcun diritto sul solaio di copertura del sovrastante edificio; che “l’area coperta
dai portici ed esterna al fabbricato non può essere considerata alla stregua delle
unità immobiliari costituenti gli edifici condominiali”

(così ricorso, pag. 10),

cosicché l’inesistenza di una proprietà immobiliare del condominio ricompresa
nello stabile di esso “I.A.C.P.” comporta la non applicabilità dell’art. 1117 cod.
civ..
Deduce inoltre che tra i corpi di fabbrica, a giudizio della corte distrettuale
costituenti un complesso edilizio unitario, non sussiste alcun vincolo di
accessorietà.
Con il secondo motivo formulato in via subordinata il ricorrente denuncia ai
sensi dell’art. 360, 10 co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione
degli artt. 1362, 1367, 1368 e 1371 cod. civ..
Deduce che la corte territoriale ha erroneamente ritenuto che il titolo
scaturente dall’art. 2 del regolamento condominiale attribuisse al condominio un
diritto di comproprietà dell’area porticata; che in particolare se la corte
napoletana avesse fatto corretta applicazione delle norme in tema di ermeneutica

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Il ricorrente ha depositato memoria.

contrattuale, non avrebbe esteso i diritti del condominio anche al porticato e di
conseguenza al sovrastante solaio di copertura.
Con il terzo motivo formulato in via ulteriormente subordinata il ricorrente
denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. l’erronea applicazione
dell’art. 1117 cod. civ..

confessione di controparte (…) è stato ” (così ricorso, pag. 14).

I motivi di ricorso sono significativamente connessi.
Il che ne giustifica la disamina simultanea.
I medesimi motivi comunque sono destituiti di fondamento.
Si premette che specificamente il primo ed il terzo mezzo di impugnazione si
qualificano in relazione alla previsione del n. 5 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc.
civ..
Occorre tener conto, da un lato, che con il primo ed il terzo motivo l’
“I.A.C.P.” censura sostanzialmente il giudizio “di fatto” cui la corte d’appello ha
atteso (“la situazione dei luoghi accertata dalla Corte territoriale (…) è da
ritenere priva di rilevanza ai fini dell’attribuzione in proprietà dei solai di
copertura dei singoli edifici non sussistendo tra i vari edifici alcun vincolo di
accessorietà (…)”: così ricorso, pag. 11; “la sentenza impugnata (…) ha omesso
di considerare (…) che (…) esclusa, altresì, la possibilità di godimento o di uso
diretto, da parte del Condominio, del solaio di copertura nessuna rilevanza
poteva assumere l’accertata comproprietà dell’area”: così ricorso, pagg. 14 – 15).
Occorre tener conto, dall’altro, che è propriamente il motivo di ricorso ex art.
360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. che concerne l’accertamento e la valutazione dei

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Deduce che la corte non ha considerato che “il solaio di copertura, per stessa

fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia

(cfr. Cass. sez. un.

25.11.2008, n. 28054; cfr. Cass. 11.8.2004, n. 15499).
In questi termini si evidenzia che i vizi motivazionali sostanzialmente veicolati
dal primo e dal terzo mezzo di impugnazione rilevano nel segno della novella
formulazione del n. 5 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ. (la sentenza della
e nei limiti di cui

all’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte n. 8053 del 7.4.2014.
In quest’ottica si rappresenta quanto segue.
Da un canto, che nessuna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate
ad acquisire significato alla stregua della pronuncia delle sezioni unite testé
menzionata, si scorge in relazione alle motivazioni cui la corte di merito ha
ancorato il suo dictum.
Segnatamente, con riferimento al paradigma della motivazione “apparente” che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita
disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo
seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – la corte distrettuale – siccome si è in
precedenza posto in risalto – ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il
proprio iter argomentativo.
Dall’altro, che la corte campana ha sicuramente disaminato il fatto
caratterizzante la res litigiosa ovvero l’appartenenza o meno al condominio del
solaio di copertura dell’edificio sede dello “I.A.C.P.”.

L’iter motivazionale che sorregge l’impugnato dictum risulta perciò in toto
ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo ed
esaustivo.
In particolare si rappresenta ulteriormente quanto segue.

6

corte partenopea è stata depositata il 23.5.2014)

In primo luogo, che il condominio è configurabile pur tra edifici
strutturalmente autonomi (cfr. Cass. 12.11.1998, n. 11407), giacché anche in
tale evenienza può operare, specificamente in relazione – siccome nella
fattispecie – al lastrico di copertura, la presunzione legale di proprietà comune
allorché si abbia riscontro alla stregua di elementi oggettivi della destinazione

Su tale scorta si ribadisce che la corte d’appello ha opinato per l’applicabilità
della presunzione ex art. 1117 cod. civ., giacché, con valutazione “in fatto”
ineccepibile, esaustiva e congrua, ha riscontrato che le unità indicate all’art. 1 del
regolamento di condominio “costituiscono comunque articolazioni di un unico
complesso edilizio atteso che (…) i due corpi di fabbrica, e cioè l’originaria sede
dell’Istituto e quello retrostante del c.d. Condominio dell’Edificio, sono collegati
da un terzo corpo di fabbrica (…). Le varie porzioni, dunque, non risultano (…)
indipendenti ma sono collegate” (così sentenza d’appello, pag. 6).
In tal guisa è ben evidente che gli assunti del ricorrente secondo cui non
sussiste “tra i vari edifici alcun vincolo di accessorietà” (così ricorso, pag. 11) e
secondo cui “il solaio sovrastante l’area condominiale e le colonne (…) sono
svincolate da qualsiasi rapporto di accessorietà con la superficie di appoggio”
(così memoria del ricorrente, pag. 2) si risolvono nella prospettazione di un
preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti e quindi
involgono gli aspetti del giudizio afferenti al libero convincimento del giudice, sì
da sostanziarsi in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei
convincimenti della corte di merito (cfr. Cass. 26.3.2010, n. 7394).
In secondo luogo, che la corte distrettuale ha puntualmente rimarcato che
nulla il titolo di provenienza prevede in modo tale da ostacolare l’operatività della
presunzione legale di proprietà comune del solaio di copertura dell’edificio sede

all’uso ed al godimento comune.

;W
dell’ “I.A.C.P.” (“non essendo diversamente previsto nel titolo”: così sentenza
d’appello, pag. 7. Cfr. Cass. 21.12.2007, n. 27145, secondo cui presunzione ex
art. 1117 cod. civ. può essere vinta da un titolo contrario, la cui esistenza deve
essere dedotta e dimostrata dal condomino che vanti la proprietà esclusiva del
bene, potendosi a tal fine utilizzare il titolo – salvo che si tratti di acquisto a titolo

inequivocabile la comunione).
D’altro canto, gli assunti del ricorrente secondo cui il diritto del condominio è
limitato “alla sola utilizzazione del piano di calpestio sottostante i portici, [sicché]
l’area sovrastante (…) era da considerare di sola pertinenza del fabbricato dello
I.a.c.p., con conseguente esclusione di applicabilità dell’art. 1117 c.c. per il solaio
di copertura” (così ricorso, pagg. 13 – 14) e secondo cui “il nostro ordinamento
prevede la possibilità di vendere (o attribuire) un bene immobile tenendo
separate la proprietà del suolo da quella del sovrastante edificio” (così memoria
del ricorrente, pag. 2), avrebbero postulato il riscontro univoco, alla stregua di
un apposito titolo derivativo, della proprietà superficiaria in tal maniera
prefigurata dello “I.A.C.P.”.
In terzo luogo e con precipuo riferimento al secondo motivo di ricorso, che
l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata costituisce attività
riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per
violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di
motivazione (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178).
In questo quadro, la deduzione dell’istituto ricorrente, secondo cui “in base
all’intero contenuto del (…) gli spazi aperti previsti
dall’art. 2, erano stati attribuiti in comproprietà soltanto per disciplinarne l’uso
delle superfici” (così ricorso, pag. 13), sicché il titolo conferiva al condominio il
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originario – solo se da esso si desumano elementi tali da escludere in maniera

solo diritto d’uso della superficie, si risolve in semplice critica del risultato
interpretativo raggiunto dal giudice, atta a tradursi nella mera contrapposizione
di una differente interpretazione

(quando di una clausola contrattuale sono

possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito – alla parte che
aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito – dolersi in

n. 4178, e Cass. 2.5.2006, n. 10131).
Infine, che la destinazione all’uso e al godimento comune – in cui si sostanzia
la presunzione legale di proprietà comune – di una data parte dell’immobile
ovvero di una data parte del complesso immobiliare prescinde dal fatto che la
medesima parte sia o possa essere utilizzata da tutti i condomini

(cfr. Cass.

29.12.1987, n. 9644; Cass. 21.12.2007, n. 27145).
Cosicché non riveste precipua valenza la circostanza per cui il solaio di
copertura dell’edificio dell’istituto ricorrente “è stato ” (così ricorso, pag. 14).
In dipendenza del rigetto del ricorso il ricorrente “I.A.C.P.” va condannato a
rimborsare al condominio controricorrente le spese del presente giudizio di
legittimità.
La liquidazione segue come da dispositivo.
Gennaro Vitiello, Francesco Miranda e Loredana Gramegna non hanno svolto
difese. Nessuna statuizione in ordine alle spese va pertanto assunta nei loro
confronti.
Il ricorso è datato 6.10.2014. Si dà atto della sussistenza dei presupposti
perché, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. n. 115/2002 (comma 1
quater introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24.12.2012, n. 228),
ricorrente “I.A.C.P.” sia tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di
9

il

sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra: cfr. Cass. 22.2.2007,

„o.
contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del
comma 1 bis dell’art. 13 del medesimo d.p.r..

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente “Istituto Autonomo Case
Popolari della Provincia di Caserta” a rimborsare al controricorrente, condominio

liquidano in euro 1.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso
forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per
legge; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002, n. 115, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente
“I.A.C.P.”, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, d.p.r. n.
115/2002.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte
Suprema di Cassazione, il 19 settembre 2017.
Il presidente
dott. Bruno Bianchini

ano Giudiziario
NERI

DEPOSITATO IN CANCELLERIA
Roma,

18 Di C. 2017

di via Colombo, n. 48, Caserta, le spese del presente giudizio di legittimità, che si

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