Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 30306 del 22/11/2018

Cassazione civile sez. VI, 22/11/2018, (ud. 05/07/2018, dep. 22/11/2018), n.30306

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15428-2017 proposto da:

R.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POFI n.6,

presso lo studio dell’avvocato RAFFAELLA BACCARO, rappresentato e

difeso dall’avvocato DARIO CEMENTO;

– ricorrente –

contro

M.G.G., nella qualità di amministratrice di

sostegno di D.F.I., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA MARIO FANI n.106, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO

ROSSI, rappresentata e difesa unitamente e disgiuntamente dagli

avvocati CHIARA PALAZZETTI, e ALBERTO BANFI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9962/2016 del TRIBUNALE di MILANO, depositata

il 08/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/07/2018 dal Consigliere Dott. DI MARZIO MAURO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – Con ordinanza del 12 aprile 2017 la Corte d’appello di Milano ha dichiarato inammissibile per mancanza di probabilità di accoglimento ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. l’appello proposto da R.C. nei confronti di M.G.G., nella qualità di amministratore di sostegno di D.F.I. contro la sentenza con cui il Tribunale di Milano, ritenuta l’incapacità naturale della D.F. all’epoca, ha dichiarato l’inefficacia di un atto di trasferimento dalla D.F. al R., condannando quest’ultimo alla restituzione, in favore dell’originaria attrice, della somma di Euro 1.128.150,00, con spese.

2. – Per la cassazione dell’ordinanza della Corte d’appello e della sentenza di primo grado R.C. ha proposto ricorso per tre motivi, il primo rivolto contro l’ordinanza, gli altri due contro la sentenza, ed ha depositato memoria.

M.G.G., nella qualità, ha resistito con controricorso ed ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3. – Il primo motivo, rivolto contro l’ordinanza pronunciata ai sensi

dell’art. 348 bis c.p.c., denuncia nullità della medesima per violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, censurando l’ordinanza impugnata in ragione dell’omessa pronuncia su un motivo d’appello concernente l’ammissione delle prove testimoniali richieste dal R. sulla capacità della D.F. al momento della conclusione degli atti oggetto del giudizio. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, degli artt. 2727, 2728 e 2729 c.c. in relazione all’art. 115 c.p.c. e agli artt. 24 e 111 Cost., censurando la sentenza impugnata per aver omesso di provvedere sull’ammissione delle prove testimoniali richieste dal R. al fine di superare la presunzione semplice di incapacità naturale della D.F. al momento dell’atto.

Il terzo motivo denuncia omesso esame su un punto decisivo della controversia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, censurando la sentenza impugnata per la mancanza di motivazione sulla mancata ammissione delle prove richieste dal R..

RITENUTO CHE:

4. – Il Collegio ha disposto l’adozione della modalità di motivazione semplificata.

5. – Il ricorso contro l’ordinanza è inammissibile.

Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un., 2 febbraio 2016, n. 1914) hanno affermato i principi che seguono:

-) l’ordinanza di inammissibilità dell’appello resa ex art. 348 ter c.p.c. ricorribile per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, qualora affetta da vizi processuali suoi propri; le Sezioni Unite fanno gli esempi dell’ordinanza ex artt. 348 bise 348-ter c.p.c.: i) pronunciata su appello in causa che prevede l’intervento necessario del Pubblico Ministero ai sensi dell’art. 70 c.p.c.; ii) pronunciata su appello contro ordinanza resa all’esito del rito sommario di cognizione di cui agli artt. 702 bis c.p.c., e ss.; iii) pronunciata non già alla prima udienza, bensì successivamente; iv) pronunciata nei riguardi dell’appello principale ma non di quello incidentale, o viceversa;

-) la decisione che pronunci l’inammissibilità dell’appello per ragioni processuali (v. l’esordio dell’art. 348 bis c.p.c.: “Fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’appello…”), ancorchè adottata con ordinanza richiamante l’art. 348 ter c.p.c. ed eventualmente nel rispetto della relativa procedura, è impugnabile con ricorso ordinario per cassazione, trattandosi, nella sostanza, di una sentenza di carattere processuale che, come tale, non contiene alcun giudizio prognostico negativo circa la fondatezza nel merito dell’impugnazione, differendo, così, dalle ipotesi in cui tale giudizio prognostico venga espresso, anche se, eventualmente, fuori dei casi normativamente previsti;

-) l’ordinanza di inammissibilità dell’appello resa ex art. 348 ter c.p.c. non è ricorribile per cassazione, nemmeno ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, ove si denunci l’omessa pronuncia su un motivo di gravame, attesa la natura complessiva del giudizio “prognostico” che la caratterizza, necessariamente esteso a tutte le impugnazioni relative alla medesima sentenza ed a tutti i motivi di ciascuna di queste, ponendosi, eventualmente, in tale ipotesi, solo un problema di motivazione.

Nel caso in esame, dunque, si versa in quest’ultima ipotesi sicchè la censura di violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, per mancata pronuncia su un motivo d’appello, è, come si premetteva, inammissibile.

6. – Parimenti inammissibili sono i due motivi di censura della sentenza di primo grado, suscettibili di essere unitariamente considerati, dal momento che attengono entrambi alla mancata ammissione della prova testimoniale richiesta dal R..

L’inammissibilità discende da due distinte ragioni.

In primo luogo il ricorrente erra a ritenere che il Tribunale non abbia provveduto sul punto, giacchè esso ha evidentemente fatto propria la decisione istruttoria in precedenza adottata dal giudice, il quale aveva respinto “le istanze istruttorie svolte dalle parti in quanto non ritenute necessarie” (pagina 6 della sentenza di primo grado). E ciò per l’evidente ragione che nel caso di specie, dovendosi procedere ad un accertamento tecnico, quello sulla capacità di intendere e di volere della D.F., le prove testimoniali richieste dalle parti erano superflue a fronte della disposta consulenza tecnica d’ufficio.

In secondo luogo, il giudice di merito ha ritenuto che gli elementi istruttori acquisiti della consulenza tecnica d’ufficio consentissero di affermare che la D.F. non fosse capace di intendere e di volere al momento del compimento dell’atto, mentre nel ricorso (ove sono soltanto semplicemente trascritti i capitoli di prova testimoniale articolati dal R.) non è in alcun modo spiegato per quale ragione l’ammissione di detti capitoli di prova avrebbero potuto dimostrare che la donna, contrariamente a quanto ritenuto, fosse invece capace di intendere di volere.

8. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 15.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi ed il resto per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, dichiarando, ai sensi delD.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. In caso di diffusione si omettono le generalità e i dati identificativi ex D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2018.

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